di Danilo Stefani
“Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo”. Il famoso incipit del capolavoro di Tolstoj, ‘Anna Karenina’, suona strano di questi tempi. La possibile infelicità sembra dipendere solo dal Covid e dalle sue conseguenze.
In un’epoca in cui è scomparso ogni riferimento e ideologia – sono in crisi le vocazioni sacerdotali, e persino nel calcio si fa fatica a trovare arbitri – imperversa la guerra tra Guelfi e Ghibellini (Pro Vax e No Vax) che trova un terreno molto fertile. In questo modo il virus vince due volte: negli ospedali, e nelle famiglie, lacerate come sono da scelte e contrasti.
È davvero impossibile provare ad estraniarsi dal modus operandi pro pandemico del tutti contro tutti? Trovare una comprensione che vada a cercare la tolleranza e il buon senso – se non quando il sistema tolemaico non soppianta, in alcune teste, quello copernicano negando la rotazione della terra intorno al sole? È possibile non capire che il “vaccino” principale è il comportamento?
Sono domande da rivolgere soprattutto alle famiglie infelici, infelici “solo” per fatti di Covid.
Sono riflessioni che certamente non si è posta la famiglia Djokovic, per la quale tutto gira intorno a Novak, detto “Nole” e paragonato a Gesù dal padre (padre terreno, s’intende). Il numero uno del ranking mondiale di tennis ha perso un match epico contro il governo australiano: “perché le regole sono regole per tutti” e non si può partecipare agli ‘Australian Open’ se non si è vaccinati o esentati dal farlo.
Nole ha fatto ritorno in Serbia, dove per tutta la nazione è un eroe di famiglia e candidabile addirittura alla Presidenza. Potessi consigliarlo lo inviterei a riflettere su un aforisma di Blaise Pascal: “Tutta l’infelicità dell’uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza, da solo”. Sarebbe dura tenere fuori discepoli e famiglia, ma anche Gesù ogni tanto si appartava; per pregare e meditare, tra un set miracoloso e l’altro.