di Gabriele Marcheggiani
Si dice che due indizi facciano una prova ma se dopo qualche anno Orvieto torna alla ribalta della cronaca nazionale a causa della sconsideratezza e della superficialità con la quale un assessore cittadino ha fatto pessimo uso dei social network, si può dire che esista un’idiosincrasia tra le cariche pubbliche della rupe e facebook.
Quanto postato nella serata di venerdì 21 gennaio dall’ormai ex assessora Anna Maria Sartini è di una gravità assoluta e lede fortemente l’immagine pubblica della città che, suo malgrado, sarà esposta alla vetrina nazionale degli (giustamente) indignati in servizio permanente effettivo. E a nulla varrà l’immediata presa di posizione di Roberta Tardani, che nel giro di mezz’ora ha esautorato la Sartini, accompagnando il suo atto con parole di una durezza che non ammettono repliche da parte di nessuno. Ma il danno, ahimè, è fatto e la notizia che a Orvieto – ancora Orvieto! – c’è stato un assessore che ha pubblicato una foto di Adolf Hitler come se fosse una cosa simpatica, continuerà a girare in rete e sugli organi di informazione per chissà quanti giorni. Tra l’altro con una didascalia nella quale il criminale nazista telefona a un certo Mario e, parafrasando l’epico film di Monicelli, “I soliti ignoti”, adesso di Mario in giro non ce ne stanno cento, chiaro riferimento al presidente del Consiglio Draghi con tanto di insinuazioni sulla gestione della pandemia. La città dovrebbe chiederle i danni di immagine, perché la storia di Orvieto, la città dei sette martiri di Camorena, non può essere insozzata dall’ignoranza di una persona che, ricoprendo un incarico pubblico rilevante, gioca a far la spiritosa su personaggi ed eventi che hanno funestato la storia del secolo scorso.
Cosa è diventata la politica, quale immagine dà di sé, dov’è il rispetto del ruolo ricoperto?
L’avvento dei social network ha stravolto la comunicazione sotto ogni forma, le stesse informazioni giornalistiche e la divulgazione, sono state rivoluzionate negli ultimi venti anni. Ognuno è diventato padrone di sé stesso, in una sorta di livellamento finto egualitario, nel quale, per dirla con Eco, anche gli stolti più stolti hanno trovato diritto di parola e una tribuna da cui pronunciarsi. Basta vedere quel che accade in tempi di pandemia, dove quella sorta di “uno vale uno” della realtà virtuale, ha messo sullo stesso piano studi scientifici accurati e cantastorie negazionisti di ogni risma. Anche la politica ha pagato dazio alla rivoluzione dei social network, mandando in soffitta gli apparati di partito e i portavoce che una volta, soli, comunicavano con l’opinione pubblica. Basta un tweet o un post di un collaboratore, per mandare al manicomio un dirigente, un sindaco, un ministro, in nome di una pretesa libertà di parola.
Mi tornano in mente le parole di Umberto Garbini, presidente del Consiglio comunale di Orvieto, pronunciate non più tardi di otto giorni fa, che tanto clamore e indignazione hanno suscitato nella politica cittadina. Seppur il suo monito era riferito a tutt’altro e nessun consigliere comunale di maggioranza e opposizione si è mai sognato di postare quel che ha postato Sartini, per certi versi le sue parole appaiono quasi preveggenti. Se da una parte, come gli ha fatto giustamente notare Franco Barbabella, la lentezza della macchina consiliare rende quasi necessario un canale comunicativo più diretto tra consigliere e cittadino, di cui i social network costituiscono un formidabile mezzo, è anche vero che spesso se ne abusa, recando danno al ruolo dell’istituzione. Le parole di Garbini erano rivolte ai consiglieri e per ben altri motivi, di certo la Sartini ha trovato un modo tutto suo per uscire sui giornali e non si è accontentata della sola ribalta cittadina. Allargando fino all’estremo il ragionamento del presidente del Consiglio comunale, non si può non convenire sul fatto che di fronte ai nuovi mezzi di comunicazione, anche i riti e i ruoli della politica a tutti i livelli si sono liquefatti a tal punto che, spesso, non si avverte più il peso della carica ricoperta ma solo uno spasmodico bisogno di mettersi in mostra a prescindere. Di Sartini in giro per l’Italia ce ne sono a centinaia ed ogni giorno, dalle Alpi al Canale di Sicilia, non mancano di farci sapere che esistono e che non hanno contezza del ruolo ricoperto. Spiace enormemente che, ancora una volta, Orvieto, vittima di tanta sconsideratezza, ne paghi le conseguenze.