di Federico Varazi
Chi sbeffeggia il Fagiolo Secondo del Piano, le cui origini sono testimoniate addirittura da alcuni documenti della Cattedra Ambulante di Agricoltura, risalenti alla fine del 1800, è perfettamente in linea con il livello raggiunto dalla politica orvietana. Da alcuni anni e con grande abnegazione la coltivazione di questo pregiato fagiolo di Orvieto è stata ripresa da alcuni coraggiosi produttori che dopo aver ereditato le sementi dai propri genitori e nonni le hanno gelosamente custodite, salvando così questa preziosa varietà dall’estinzione.
Attorno al progetto di recupero del fagiolo, nel tempo, si sono aggregati molti coltivatori che ne hanno riattivato la produzione con il preciso scopo di strapparli all’industria dell’estrazione della ghiaia, che da anni minaccia fortemente tutta la piana del Paglia. Il progetto del Presidio vuole recuperare questa produzione nel suo areale storico per valorizzare questo fagiolo tradizionale promuovendo la sua produzione, ma anche per tutelare il delicato paesaggio fluviale. Le dichiarazioni del capogruppo del Gruppo Misto sono assolutamente offensive e denigratorie.
Si offendono, infatti, senza motivo le decine di piccoli produttori che salvando uno storico prodotto orvietano, che oggi valorizza la città e salvano un pezzo di territorio che definire fragile è un eufemismo. Le ragioni della contrarietà che voglio esprimere come attivista, sia ben inteso, rispetto al cambio di decisione sul tracciato che metterebbe a rischio la produzione del pregiato legume, sono assolutamente politiche.
Ma forse bisogna spiegare chi è Slow Food e cos’è un presidio. Slow Food da oltre trenta anni non si occupa (solo) di cibo ma usa il cibo per spiegare in più di 150 paesi al mondo quelle relazioni ecosistemiche che ci sono tra cibo e natura, anche tra un fagiolo e il suo territorio, la sua storia e la sua comunità. Quel legame ancestrale tra terra e comunità locali di cui l’ignoranza della politica “moderna” non apprezza più il valore.
Salvare dall’estinzione un prodotto dimenticato come fa Slow Food significa tutelare la biodiversità, evitare il consumo di suolo, l’abbandono delle campagne. Significa evitare speculazioni e creare piccole economie oltre allo sviluppo industriale tanto agognato. Sempre che non sia questo il futuro che vogliamo per Orvieto.
Significa essere politica prima che fare politica. Per questo io mi sento di stare dalla parte dei “fagiolini” che oggi si sbeffeggiano e che sono in prima linea per difendere la storia di tutti oltre la già deturpata Piana del Paglia. Non ho mai avuto il piacere di amministrare questa città anche se certi personaggi che oggi si impongono con una certa arroganza lo meriterebbero.