ORVIETO – “I dati raccolti nei Centri di Ascolto Caritas delle 8 diocesi umbre evidenziano come la povertà abbia sempre più natura strutturale e si caratterizzi da tempo per una elevata quota di famiglie in stato di povertà assoluta (…) La pandemia ha aggravato la situazione, mostrando le carenze del sistema e inasprendo le disuguaglianze. La riprova sono le 782 nuove persone richiedenti aiuto a causa dagli effetti del Covid 19, e con una forte presenza di italiani”.Possono riassumersi con questa breve sintesi i risultati del III rapporto Caritas sulle povertà in Umbria riferiti all’anno 2020, presentati presso il Museo Diocesano e Capitolare di Terni, alla presenza di Mons. Renato Boccardo, Arcivescovo di Spoleto-Norcia, Presidente della Conferenza Episcopale Umbra (Ceu) e delegato per il servizio della carità, di Mons. Giuseppe Piemontese, Vescovo di Terni-Narni-Amelia, di prof. Marcello Rinaldi delegato regionale della Caritas, di Velia Sartoretti volontaria Caritas che ha raccolto ed elaborati i dati, del prof. Pierluigi Grasselli, economista.
Dal censimento risulta che nel 2020 sono stati effettuati dalle Caritas diocesane umbre 77.014 interventi di cui 4.472 per beni e servizi materiali (tra cui compaiono empori e market solidali, viveri, mensa e vestiario); 15.436 per l’alloggio; 11.132 per l’ascolto; 2897 per sussidi economici; 930 per il coinvolgimento di enti o associazioni; 750 per lavoro; 441 per consulenza professionale; 433 per orientamento; 207 per la sanità; 52 per la scuola e 12 per servizi socio-assistenziali. In tutte queste direzioni, le Caritas diocesane operano spesso in rete con altri attori, pubblici e privati. In tal senso gli interventi di mons. Boccardo, mons. Piemontese e del prof. Grasselli hanno evidenziato la necessità per la regione Umbria di superare i campanilismi, di lavorare in rete, per far sì che la voce a sostegno dei poveri sia più chiara e decisa.
Monsignor Boccardo ha detto: “Dietro i numeri che oggi presentiamo ci sono tante storie di vita e di sofferenza, c’è un popolo che sperimenta la fatica dell’oggi e la paura del domani. Solo insieme, istituzioni civili e religiose, associazioni e terzo settore, riusciremo a produrre qualcosa per introdurre nella società germi di bene che contrastino i germi del male così diffusi oggi”.
Per quanto riguarda i dati relativi agli interventi di assistenza della diocesi di Orvieto – Todi, si registra una tendenza all’aumento dei richiedenti aiuto e dei bisogni, in coerenza con i dati regionali. Gli interventi totali sono stati 18.191, mentre le persone che hanno richiesto assistenza sono state 334, soprattutto nella fascia di età che va dai 19 ai 64 anni. Contrariamente a quanto si possa credere, molto alta è la percentuale degli italiani, più della metà, mentre gli stranieri assistiti provengono in massima parte dal continente africano.
Sul totale degli interventi effettuati dalla Caritas diocesana, la maggior parte sono consistiti nella consegna di beni e servizi materiali, mentre in minima parte si è ricorsi al sussidio economico. Il titolo di studio sembra non rappresentare più un indice di differenziazione, se è vero che tra i richiedenti aiuto ci sono molti diplomati e anche laureati, segno che le nuove povertà iniziano a colpire anche quelle fasce di cittadini con un’istruzione medio – alta che fino a poco tempo non rientravano nelle statistiche della Caritas.
Il Covid ha colpito molto duramente anche il nostro territorio: ben oltre il dato relativo ai contagi, ai ricoveri e ai decessi, che tra Orvieto e Todi non sono stati minimi, c’è da considerare lo stato di crisi economica che molte aziende del territorio hanno subito durante la pandemia. Ne è conseguito un aumento della precarietà lavorativa, finanche la perdita del posto di lavoro, che ha avvicinato ai centri di ascolto della Caritas ben 114 persone che vi si sono rivolte proprio in conseguenza degli effetti della pandemia.
Il quadro che emerge dunque, è quello di una povertà molto più radicale, conseguenza non solo di un disagio relativo ad handicap o dipendenze, ma soprattutto da una situazione socio – economica completamente nuova che causa bisogni primari anche tra coloro che lavorano e vengono mal pagati. E’ una povertà che colpisce soggetti che fino a pochi anni fa non rientravano tra i richiedenti aiuto, un fenomeno drammatico che sta caratterizzando non solo le grandi città, dove le file interminabili alle mense Caritas avevano già suonato un campanello di allarme, ma anche i piccoli centri di provincia. (G.M)