ORVIETO – “In vista del Nuovo Piano Sanitario Regionale, che la Regione Umbria si appresta a varare nei prossimi mesi, è giunto il momento che anche dal territorio orvietano arrivino le proposte per un cambiamento di rotta. Perché è assolutamente necessario rivedere in profondità un sistema le cui logiche centralistiche, se per le persone rendono difficile il normale esercizio del diritto alla salute, per le realtà territoriali limitano in modo pesante e spesso incomprensibile la possibilità di svolgere un ruolo positivo nella più ampia comunità regionale”.
Il tema caldissimo della sanità regionale è stato al centro di un incontro tenutosi nel tardo pomeriggio dell’11 novembre, al quale hanno partecipato Franco Raimondo Barbabella (CiviciXOrvieto), Massimo Gnagnarini (Italia Viva) e Massimo Morcella (Azione). In un comunicato congiunto, i tre esponenti politici orvietani, sottolineano la necessità inderogabile che il servizio sanitario pubblico venga rafforzato, dando voce e spazio a tutti i territori che compongono la regione, soprattutto dopo aver visto le forti criticità che l’Umbria ha attraversato durante il periodo più duro della pandemia. “Non si può e non si deve dimenticare che l’universale tutela della salute pubblica affermata dalla nostra Costituzione si fonda essenzialmente sul valore del sistema di sanità pubblico, che nella pandemia anche in Umbria ha dimostrato, pur con momenti di affanno e con differenti difficoltà, il suo ruolo insostituibile”, sostengono.
“E nemmeno si può e si deve dimenticare che la pandemia ha mostrato come entrino in crisi facilmente i sistemi sanitari la cui risposta sia improntata alla sola ospedalizzazione e non anche alla medicina di prossimità. Come al contrario ha reso evidente che un sistema sanitario ben organizzato e funzionale, oltre ad essere garanzia di diritti per sicurezza, prevenzione, assistenza e cura, lo è anche per promozione, attrattività residenziale e turistica, deposito e sviluppo di cultura e qualità professionale”, continuano nel loro comunicato. Durante l’incontro, Barbabella, Gnagnarini e Morcella hanno presentato le loro idee al riguardo, partendo innanzitutto da tre concetti fondamentali e strategici.
“Uno dei principali punti di debolezza del sistema sanitario regionale umbro è stato, come già detto, il centralismo, mentre al contrario il suo principale punto di forza può risiedere nei territori. In particolare i territori di confine, da sempre considerati e trattati come marginali fino al punto che essi stessi ancora oggi si considerano e si comportano come tali, possono invece svolgere una importante funzione di attrazione e di sviluppo proprio e della regione se si possono avvalere, oltre ad altre opportunità, anche di un buon livello dei servizi della salute essendo parte effettiva del sistema con carattere di funzionalità interregionale
Perciò la sanità, oltre ad essere un servizio essenziale, può avere anche una determinante funzione strategica nei processi di sviluppo economico e civile territoriale qualora si riuscisse ad intenderlo e organizzarlo come parte di un coerente sistema sia a scala provinciale che regionale”., concludono.
A fronte di questi concetti, i tre hanno elaborato quelle che secondo loro sono le scelte strategiche che vanno operate.
1. “Sanità d’iniziativa”: un’organizzazione sociale nella medicina territoriale e non solo nella rete ospedaliera. Una medicina basata sull’alleanza fra scienza e politica volta a promuovere la prevenzione di malattia e disagio e la gestione attiva del sistema salute in tutti i suoi complessi aspetti.
2. “Mettere la persona al centro dell’efficienza del sistema sanitario”: il paziente/persona deve trovare il servizio sanitario vicino a sé e alla sua comunità, non solo all’interno delle due maggiori strutture ospedaliere di Perugia e Terni ma nei territori.
3. “Superare il sistema sanitario chiuso in se stesso”: è necessario ricostruire un circolo virtuoso tra società, sistema sanitario e ricerca; rovesciare i paradigmi sinora dominanti che hanno chiuso il sistema in se stesso con gravi danni per i cittadini oltre che per la funzionalità dello stesso sistema e delle sue eccellenze.“
4. La medicina territoriale come paradigma di una nuova sanità”: necessità di un sistema sanitario di prossimità che viva nel territorio e si alimenti anche di dati costantemente monitorati. Istituire e rafforzare nuovi presidi sanitari come le “Case della Salute” o “Case della comunità”.
5. “Attenzione sia ai costi che al valore del sistema sanitario”: garantire con politiche adeguate la sostenibilità finanziaria del sistema e l’accessibilità universale del diritto alla salute.
6. “Ruolo attivo dell’università e della ricerca per la formazione di un paziente esperto”: apporto dell’università e della ricerca nella creazione di un sistema sanitario armonico tra rete ospedaliera e medicina territoriale che tenda anche all’informazione e alla formazione sanitaria del cittadino.
7. “Più tecnologie e più digitale in sanità”: la ricerca scientifica e le cure specialistiche devono giovarsi di tecnologie innovative su vasta scala; con telemedicina, fascicolo sanitario elettronico e sistemi informatizzati integrati, una fitta rete di professionisti può garantire la presa in carico integrata della persona assistita e il relativo percorso di cura.
8. “Integrazione socio-sanitaria: il terzo settore”: poiché l’aspetto caratteristico dell’assistenza primaria è la sua natura territoriale, si tratta di favorire con regole certe e trasparenti un rapporto corretto di partenariato pubblico-privato tra i professionisti del territorio e il sistema sanitario.
9. “Governance di un sistema che guardi oltre i confini amministrativi regionali”: Il riassetto delle Aziende Sanitarie, la diffusione delle Case della Salute sul territorio, la nuova idea degli ospedali territoriali o delle articolazioni delle aziende ospedaliere con una visione che vada oltre i confini amministrativi regionali, diventano le chiavi di volta per una medicina territoriale robusta ed efficace.
10. “Gestire emergenza pandemica e immunizzazione, prevenire le emergenze del futuro”: la pandemia ha dimostrato che dobbiamo pensare in generale all’emergenza perché mai più dovremo trovarci in una situazione come questa completamente sorpresi, disarmati e troppe volte senza risposte.
Per quanto riguarda il territorio orvietano, i tre esponenti sottolineano come occorra un sistema di medicina territoriale capillare, efficiente, qualificato, tecnologicamente avanzato, un’assistenza domiciliare dotata di mezzi e di personale sufficiente a garantire un territorio molto esteso e con molta popolazione anziana. Non ultime vanno salvaguardate le “Case di comunità“, collocate in modo razionale nel territorio in modo da rispondere ai bisogni degli utenti svolgendo con efficienza una funzione di prevenzione, di assistenza e di filtro rispetto alla cura, con localizzazione accessibile e funzionale all’utenza.
Importante è il “ruolo interregionale funzionale di emergenza-urgenza come DEU di secondo livello del nostro ospedale, nel quadro della riorganizzazione della sanità ospedaliera provinciale intorno all’Azienda di Terni come Azienda dell’Umbria Sud-Occidentale in un sistema di poli con funzioni differenziate: a Terni le alte specialità, a Narni-Amelia la riabilitazione, a Orvieto l’ospedale di emergenza-urgenza con valenza interregionale”. Fondamentale è anche il mantenimento del Distretto (COT, Centrale Operativa Territoriale).
Doverosa attenzione alle esigenze di oggi e della fase di transizione. Nell’attesa dell’elaborazione e dell’entrata in fase operativa del nuovo Piano Sanitario Regionale, l’ospedale di Orvieto e la sanità territoriale orvietana devono essere dotati del personale, delle tecnologie, dell’organizzazione dei servizi che consentano alla generalità dei cittadini di avere le prestazioni cui hanno diritto senza doversi spostare in altre città anche per le normali esigenze di cura oltre che di prevenzione o essendo costretti a rivolgersi ai servizi privati per inefficienze o mancanze del servizio pubblico. (GabMar)