Orvieto, 25 novembre
L’Albero di Antonia (AdA) invita la cittadinanza a partecipare alla giornata internazionale contro la violenza, giovedì 25 novembre alle ore 16.30 a Piazza delle Repubblica. Accanto alla manifestazione di denuncia e contro-narrazione si terrà la performance musicale del Gruppo Tusciamannate, appassionate della musica popolare, dei canti e delle danze tradizionali del Centro Sud Italia: calabresi, siciliani, salentini e romani. Il canto polifonico e gli strumenti tradizionali, chitarra, organetto e tamburello, ripropongono celebri e coinvolgenti brani musicali che narrano storie d’amore: passioni lontane o ostacolate, amori che diventano avversione, relazioni che amore non sono ma violenza fino a esplodere in femminicidio.
Altri brani parlano del lavoro faticosissimo e sottopagato. Appuntamento topico della ricorrenza è la presentazione del libro “Storie di genere” sabato 27 novembre alle ore 17.30, presso Lo Scalo -Community Hub di Orvieto Scalo. Il secondo volume scritto da L’Albero di Antonia, edito dal Cesvol-Centro servizi volontariato, è stato presentato a Umbria Libri a Terni lo scorso 29 ottobre. Alla lettura di brani, a cura delle lettrici Daniela Viola e Alessia Cardinali, si alternerà l’accompagnamento di chitarra di Andrea Vincenti e la voce di Martina Maggi, cantautrice di grande talento di Orvieto, assunta alla ribalta nazionale per aver lavorato in progetti folk, rock-blues e canto multistilistico.
Il cuore pulsante del libro sono le cinque storie di violenze di genere scaturite dalla voce diretta delle sopravvissute che difficilmente riescono ad avere ascolto pubblico, prigioniere di relazioni familiari di potere imposte da uomini spesso incapaci di instaurare relazioni affettive e paritarie. Le tematiche del libro sono state approfondite ed ampliate dai contributi di esperte, professioniste ed associazioni: Elena Liotta psicoterapeuta, formatrice e supervisora, Elena Borsetti, educatrice e counselor di gruppi di Auto Mutuo Aiuto (AMA), Paola Polimeni, insegnante e operatrice AdA, Il Filo di Eloisa associazione culturale Eloisa Manciati. Le immagini sono tratte dagli elaborati pittorici delle donne che hanno partecipato ai laboratori espressivi dell’AdA, tenuti dall’arte terapeuta Daniela Haase.
Come in tante città italiane – a Roma il 27 si tiene la manifestazione nazionale – a Orvieto il 25 novembre si manifesta perché la violenza riguarda tutte e tutti. Passato il 25 novembre il dibattito pubblico e politico si occupa, purtroppo, di altri argomenti senza fare passi decisi verso l’obiettivo di eliminare la violenza di genere, come sottoscritto dallo Stato italiano nella Convenzione di Istanbul. 141 femminicidi nel 2018, 111 nel 2019, 116 nel 2020, con dati in netto aumento nel 2021: 103 femminicidi fino 14 novembre, secondo i dati del Ministero dell’Interno, in difetto in quanto escludono sparizioni, minori e vittime collaterali. Un femminicidio ogni tre giorni, per citare solo la punta di un fenomeno sociale distruttivo, anche per l’economia.
Il Piano nazionale antiviolenza, scaduto da oltre un anno, non è ancora stato rinnovato. La recente misura economica a favore delle donne nel percorso di uscita dalla violenza è solo un inizio di misure molto lontane dal denominato reddito di libertà: 400 euro al mese per dodici mesi; una misura sufficiente per 625 donne contro le oltre 20 mila accolte nei Centri antiviolenza. Di certo non favorisce le donne la violenza istituzionale spesso agita nel percorso socio-giudiziario: mediazione familiare, minaccia della revoca dell’affido dei figli, accusa di sindrome da alienazione parentale, molto frequente nei tribunali, seppur giuridicamente e scientificamente inesistente. I casi di discriminazione e di violenza su persone LGBTQIAP*+ sono aumentati mentre in Parlamento si applaude per l’affossamento del Ddl Zan, un attacco di violenza istituzionale che mantiene l’Italia in bassa posizione nelle classifiche che riguardano il rispetto dei diritti umani.
Discriminazione e violenza soprattutto per donne e minori migranti e, per quelle che arrivano in Italia, il ricatto del permesso di soggiorno. Le manifestazioni del 25 novembre rivendicano anche i diritti sanitari, tra cui l’incremento della ricerca e degli strumenti diagnostici specifici, l’accesso all’aborto, alla pillola RU 486 e all’uso a domicilio dell’aborto farmacologico, in tutte le regioni; obiettori della sanità pubblica e impedimenti burocratici e politici rendono ancora molto difficoltosa l’interruzione volontaria della gravidanza. L’Umbria è tra queste regioni.
Non sta andando tutto bene, soprattutto in Italia. La pandemia ha scaricato in gran parte sulle donne l’emergenza, la crisi, la disoccupazione, la povertà, il lavoro di cura e quello in nero. Il piano di ripresa e resilienza non pone le donne come soggetto indispensabile alla ripresa economica e l’agenda politica post pandemia si occupa ancora troppo poco di accesso alla salute, di cura collettiva e solidarietà, di servizi e beni comuni, di ambiente e di transizione ecologica. Nei due anni di pandemia la vita di donne e minori, oltreché di anziani e portatori di handicap, è di gran lunga peggiorata, soprattutto nei casi di violenza domestica: convivenza forzata con il maltrattante, dipendenza economica, scarsità ed assenza di strutture di accoglienza.
I Centri antiviolenza e le Case rifugio, servizi dedicati e specializzati contro la violenza di genere, sono il punto di caduta della strategia politica antiviolenza: istituzionalizzati a meri servizi, con scarsa e precaria autonomia finanziaria, marginalizzati nella definizione delle strategie di contrasto alla violenza. Anche il funzionamento complessivo della Rete antiviolenza va riequilibrato alla specificità e gravità del fenomeno. Non sta andando tutto bene, ma sempre più cittadine e cittadini manifestano perché la violenza riguarda tutte e tutti.