All’interno del nostro Comune si torna a discutere vivacemente di Sanità. Quello del Servizio Sanitario è un dramma che ha raggiunto livelli assurdi e non certo per esclusiva colpa della pandemia, che ci ha colpito e che continuerà a produrre effetti pesanti anche nel prossimo futuro. Il male del nostro Servizio Sanitario è endemico e trova la sua radice nell’operato consapevole della nostra classe dirigente.
Carenza di siti, strutture, apparecchiature, risorse e quanto altro, non sono che i risultati di una precisa pianificazione gestionale ed amministrativa, da parte di una governance scientemente orientata verso un processo aziendale a netta finalità economica. La Sanità, non più intesa come servizio e strumento per il conseguimento del migliore livello di salute dei cittadini, bensì come processo da contenere all’interno di una previsione economica sempre al ribasso, senza tenere presente le evoluzioni dei fabbisogni degli assistiti e sempre più spinta a favorire l’inserimento progressivo ed alternativo da parte del privato.
Parlando di Sanità e delle colpe al suo interno, è doveroso prima di tutto escludere il personale medico, paramedico e tutti coloro che da sempre ma ancor più in questi tempi particolari, si sono prodigati e continuano a prodigarsi oltre le proprie forze, per cercare di garantire a tutti il servizio necessario. A tutti loro, ritenendoli come noi vittime e non artefici del sistema di cui fanno parte, esprimiamo la nostra stima e la gratitudine più sincera. In merito a quanto ci è dato leggere, a prescindere da qualunque soluzione e da qualunque tavolo si voglia mettere in piedi (tavolo rispetto al quale condividiamo gli spunti, alcune idee e le richieste di massimo coinvolgimento da parte di tutte le forze politiche, corporative e sociali). in primo luogo vogliamo ribadire come condizione per noi fondamentale ed insuperabile, che la Sanità deve essere Pubblica e accessibile a tutti.
Non possiamo che condividere la preoccupazione diffusa di quale sarà la sorte della sanità nel nostro comprensorio: decentrato, marginale, proibitivo per distanze e rete di trasporti. C’ è una classe dirigente, da troppo tempo, non in grado di far valere efficacemente le istanze e le esigenze dei cittadini, in termini di completezza di prestazioni, di qualità percepita, di tempi e di oneri. Si è creato un divario, rispetto ai residenti in aree limitrofe della stessa Regione, dove il medesimo pianificatore e gestore di Sanità ha assunto comportamenti molto più virtuosi e di certo ben più adeguati al fabbisogno qualitativo e quantitativo.
Assistiamo ad una accettazione tacita delle decisioni del vertice e l’assenza di rimostranze e di efficaci azioni a contrasto. Tutto ciò determinerà l’inadeguatezza del nostro ospedale ed il peggioramento generale del servizio sanitario pubblico e anche la ventilata soppressione del Distretto Socio Sanitario di Orvieto. Noi siamo fermamente convinti che un efficace Servizio Sanitario non si esplichi soltanto con un ospedale funzionale ed efficiente, ma parta da molto prima e da molto più lontano, dalle necessità oggettive dei territori. Perciò invitiamo chiunque voglia verificare nel testo di legge regionale, il ruolo imprescindibile del Distretto Socio Sanitario e quali siano le funzioni e le autonomie che la normativa gli attribuisce.
Si parla di una struttura complessa, articolata e governata da dirigente, ubicata e strutturata per assolvere alle problematiche e patologie del territorio di competenza, ad un’efficace compartecipazione alle fasi di pianificazione, programmazione ed erogazione della medicina di territorio, comprendendovi quella preventiva, quella domiciliare, quella pre e post ricovero e quella di supporto a situazioni particolari di persone vulnerabili. Per usare una definizione sintetica molto in voga in questi ultimi tempi, si tratta di una struttura pensata e costruita per “fare squadra”.
A totale dispetto del “fare squadra, tanto enfatizzato negli interventi dei politici e dei manager della ASL, i fatti confermano come la funzione del Distretto Socio Sanitario sia stata ridotta, non a pensare e costruire, ma ad eseguire il compito materiale assegnato dal vertice aziendale: non creare problemi, mantenersi nei volumi e nelle allocazioni economiche stabiliti sempre dal vertice, con metodo puramente statistico, guardandosi bene dal coinvolgere attivamente il territorio, specialmente nella formulazione dei piani di attività e nelle fasi di supporto, di controllo gestionale, di informativa costante, su qualità e trasparenza.
Le conseguenze percepibili a pelle: sono anni che stiamo aspettando la casa della salute a Orvieto centro, che sono stati depotenziati o chiusi i punti di erogazione servizi di Monterubiaglio, Civitella del Lago e Fabro, che la medicina preventiva e quella domiciliare non esistono, che l’assistenza alle persone vulnerabili è solo una pia intenzione, che la carenza di dipartimenti e di personale sanitario, a vario livello, e non solo nei nosocomi, rimane una criticità irrisolta. Per contro, come ampiamente sbandierato dall’assessore regionale, il bilancio della sanità umbra ha chiuso in pari. L’importante, come volevasi dimostrare, è che i conti tornino!
Senza alcuna presunzione e a puro titolo di cronaca, ci permettiamo anche di ricordare che se non a scardinare questo meccanismo, a tentare almeno di contrastarlo, noi ci abbiamo provato. Non abbiamo fatto lettere aperte, eventi mediatici, interventi di puro opportunismo o comunque in grado di produrre forti bagliori. Noi ci abbiamo provato con una proposta di legge popolare che a norma della legge regionale vigente, ripristinasse il ruolo, la competenza e l’autorevolezza del Distretto Socio Sanitario da cui far scaturire il rapporto costante tra Distretto e Sindaci dei Comuni competenti, per la costruzione del fabbisogno, tramite un piano di attività sanitaria, condiviso, approvato e gestito in modo visibile a tutta la comunità.
Solo in questo modo sarebbe stato possibile riappropriarci del diritto di partecipare alle decisioni, innescando e mantenendo un processo che elevasse Distretto e Territorio (Comuni) uniti, al ruolo di attori protagonisti nelle decisioni sulla salute dei cittadini, senza che le stesse rimanessero esclusivamente in mano ad una azienda. La proposta, peraltro in perfetta linea con le intenzioni della legge, volutamente mai discussa in Consiglio Regionale, è sepolta nei cassetti dei palazzi perugini. Per questo pur apprezzando le iniziative di quanti, da vari fronti della politica, dal sindacato e da altre aggregazioni hanno espresso interesse e fornito disponibilità a ricercare soluzioni, il momento che viviamo e non la propaganda, ci spinge a sollecitare di nuovo tutti i cittadini per una netta presa di posizione e per dare corso ad iniziative che contrastino la deriva verso la quale stiamo andando.
Riteniamo più che mai necessaria una “sollevazione popolare” per evidenziare la gravità della situazione a chi ancora tenta di minimizzarla e per tentare di fermare l’impoverimento del livello del servizio sanitario pubblico. Invertire la spinta in atto verso una sanità privata e prevenire il disagio che il futuro, molto vicino, produrrà a noi tutti, ma soprattutto alle fasce più deboli della nostra comunità locale.
Fonte: PCI Umbria – Federazione di Orvieto