Audiolettura a cura di Sophia Angelozzi
di Mirabilia Orvieto
Lo scopo dell’Apocalisse di Signorelli non era solo quello di realizzare una spettacolare predizione del futuro, ma di far entrare l’osservatore nel presente che tende inesorabilmente verso un compimento finale.
L’artista e i suoi collaboratori impiegarono tutto il loro talento per fare della cappella Nova la più grande epopea della salvezza dove storia, teologia, filosofia, mitologia e leggenda dovevano intrecciarsi in modo così sorprendente da trasmettere le ansie e le inquietudini di un tempo a ridosso di un cambiamento epocale: la scoperta delle Americhe, l’avanzata dei mussulmani, le mire espansionistiche di Francia e Spagna, la corruzione del papato e delle alte gerarchie ecclesiastiche, il diffondersi del millenario e, infine, la rivoluzione culturale portata dall’Umanesimo, tutto lasciava presagire la fine degli Ultimi Tempi con il ritorno di Cristo e l’avvento del Regno di Dio.
La Chiesa del ‘500 non esitò quindi ad abbracciare una predicazione fortemente apocalittica che chiamava i contemporanei a una conversione urgente e radicale. Erano in molti a credere che le nazioni fossero popolate da una “genia di ribelli” e che l’avventura del genere umano fosse giunta ormai al suo epilogo. Quando Signorelli inizia a dipingere il suo capolavoro era ancora vivo il ricordo del frate ribelle Girolamo Savonarola, il domenicano dal “fuoco vivo in carne dolorosa”, poeta e uomo d’azione, il quale vide nel libro dell’Apocalisse un progetto religioso e politico universale da realizzare nella ricca e corrotta Firenze di Lorenzo il Magnifico, progetto che aveva nella visione messianica di Geremia e dei profeti dell’Antico Testamento la voce più autorevole.
Fu questo il contesto storico che indusse Signorelli a tradurre il suo racconto apocalittico in un insegnamento morale e sociale per preparare una ‘rinascita’ dell’umanità. Interpretando i segni dei tempi la scena dell’Anticristo rifletteva come in uno specchio la condizione umana che, simile a un Giano Bifronte, è divisa fra due realtà contrapposte: la ‘feritas’, rappresentata dalla folla attorno all’Anticristo, la quale spinta dalle forza delle passioni diventa avida, violenta, immorale, amante del lusso e della vanità; e l’humanitas’, rappresentata dal gruppo di religiosi e sapienti, che riuniti attorno ai Sacri Testi si prodiga nella nobile ricerca della virtù che è un possesso luminoso ed eterno. L’oggetto dei loro desideri è dunque antitetico, perché se i primi sono attratti da ciò che è terreno e passeggero, i secondi aspirano a ciò che è incorruttibile ed eterno.
Una battaglia si combatte da sempre nell’animo umano, in conflitto tra passato e futuro, tra barbarie e civiltà, tra la natura animale e quella spirituale e divina. Ed è proprio la forza dello spirito a muovere la chiesa virtuosa dei domenicani, francescani e camaldolesi, che appaiono alle spalle dell’Anticristo, dodici in tutto, come i discepoli di Cristo. Incuranti delle vicende che li circondano, quegli uomini si elevano “al di sopra dell’Ombra e delle cose ombratili” e, mai sopraffati dal sonno e dalla paura, trascorrono fraternamente la vita “intendendo e amando senza fine”. Nel momento della grande tentazione resteranno uniti, perché solo tra gli uomini saggi non c’è
mai divisione ma spirito di concordia. Al centro del gruppo si distingue il domenicano Vincenzo Ferrer, raffigurato con un libro aperto in mano, mentre indica la via che porta all’edificazione di un Regno legittimo, governato dal bene e dalla verità, che sono una paziente e difficile conquista dello spirito.
Quando gli uomini, sedotti dall’Anticristo, smetteranno di “innalzare lo sguardo a ciò che è veramente alto”(Platone) e “con il capo rivolto a terra, e schiavi ventre”(Sallustio) diventeranno simili a bestie, allora sarà proprio la temperanza e la sapienza di questo piccolo resto a inaugurare sulla terra un nuovo mondo fatto di giustizia e di pace, dove nessuno domina sull’altro.
A combattere l’Anticristo scenderanno dal paradiso anche i profeti Enoch ed Elia che, dopo essere stati istruiti da Dio, ritorneranno sulla terra per lo scontro finale tra il bene e il male. Scelti per aver vinto la battaglia contro i mitici Gog e Magog, gli Anticristi del mondo antico, essi smaschereranno con sapienza e coraggio tutte le macchinazioni messe in atto dal falso messia. Ma, alla fine, verranno decapitati nella pubblica piazza dall’esercito dell’Anticristo che ha poco della sua leggendaria ferocia, per essere rappresentato da Signorelli con abiti attillati, tipici della moda del tempo, con cui veniva ostentata una sessualità disinibita. La sentenza di morte è ordinata dall’Anticristo in persona, innalzato sullo stesso podio da cui aveva sedotto le folle; egli porta la mano verso la testa a indicare che sarà l’egemonia della sua dottrina a persuadere le menti e i cuori degli uomini, allontanandoli sempre più dalla verità e dal bene.
Riverso al suolo è il corpo esanime di uno dei due profeti, mentre l’altro sta per essere giustiziato davanti al Tempio fatto erigere sopra le rovine di quello di Gerusalemme, simbolo del potere politico e religioso. Presidiato giorno e notte da un oscuro esercito, sarà questo il luogo in cui si condanneranno gli ultimi profeti della terra credendo di rendere culto a Dio. Maestro d’inganni, amante del potere e abile nella corruzione, il Tiranno travestito d’agnello accumulerà denaro in abbondanza(la distesa dorata che copre la collina del Tempio) con cui farà trionfare l’ingiustizia che rende gli uomini avidi, violenti e amanti del denaro. Dal cielo si udranno, allora, queste parole: “Guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo”. (Ap 12, 12)
Una sola verità, un solo credo, un solo pensiero, un solo modo di essere e di agire, sarà questa la società monolitica e totalitaria che adorerà l’Anticristo, così come avvenne al tempo della torre di Babele quando i popoli di tutta la terra progettarono di scalare il cielo:
“Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola, questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile”. (Genesi 11, 6)
Mosso da una geniale idea, condivisa probabilmente dai circoli di intellettuali e di teologi a lui vicini, Signorelli svela qui la sua profezia che si unisce sorprendentemente a quella biblica, mostrando come tutte le vicende ruotano attorno a un centro completamente vuoto! È la pianura di Armageddon, nella Galilea di Gesù, teatro del duello finale tra bene e male. Qui, tre spiriti immondi “raduneranno i re della terra” (Ap16,14) e tutti insieme congiureranno contro Dio per prenderne il posto (Salmo 2). Ma nel momento del pericolo estremo sarà data all’umanità la possibilità più grande di salvezza.
Infatti quando l’Anticristo sembrerà vincere sul mondo e persino su Dio, come luce nelle tenebre apparirà nel cielo l’Arcangelo Michele che con tutta l’energia di Dio abbatterà l’Impostore, il quale precipiterà a testa in giù dall’alto del suo potere. L’immagine capovolta dell’Anticristo non è altro che il simbolo di un mondo rovesciato, controverso e pieno d’ambiguità, che cadrà tragicamente quando l’angelo di Dio sguainerà la spada della verità e della giustizia, quella stessa verità e giustizia che gli uomini avranno fatto nascere sulla terra. Dalla spada si sprigionerà una pioggia di fuoco che colpirà il drago(Ap 12, 7-8), mettendo fine al suo regno di finzione e di violenza(Ap 18,1). Egli rovinerà sopra i suoi stessi seguaci che cadranno a terra privi di vita, mentre dal cielo si udrà una voce:
Al nostro Dio appartengono la salvezza, la gloria e la potenza. Egli giudica con verità e con giustizia.
Ha condannato la grande prostituta che corrompeva la terra con la sua dissolutezza”. (Ap 19,1-2)
Il giudizio divino si abbatterà anche sulle antiche città di Corazin e Betsaida che, riemergendo dal passato, appaiono sullo sfondo della scena, lungo le rive del lago di Tiberiade. Pur avendo visto molti segni e miracoli, gli abitanti di quelle città si rifiutarono di credere e per questo Cristo profetizzò su di loro:
“Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!“. (Matteo 11, 21-22)
Sarà questo il destino del principe del mondo, la cui sorte era stata già rivelata dall’immagine impressa sul podio. Qui, in una mirabile sintesi tutta rinascimentale tra Bibbia e Letteratura, Signorelli rappresenta un uomo nudo che cerca di montare un cavallo senza finimenti. Esso è il simbolo di una smisurata superbia e della sua maledizione(Ap 20,10), come preannunziato nell’ironico verdetto del profeta Isaia:
“Ecco questa è la fine del re crudele!
Ora non opprime più la gente!
Il Signore ha tolto il potere al governatore iniquo,
a quel tiranno spietato:
Volevi salire in cielo, oltre le nuvole,
per diventare simile all’Altissimo.
E invece sei stato precipitato negli inferi,
nelle profondità dell’abisso!“ .
(Isaia 14,4-17)