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Home Cultura

La voce dell’Apocalisse

Redazione by Redazione
16 Agosto 2021
in Cultura, Secondarie, Archivio notizie
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Luca Signorelli, scena dell’Anticristo, particolare

di Mirabilia Orvieto
Foto: Opera del Duomo di Orvieto
Voce: Sophia Angelozzi

Signorelli mise in scena, agli inizi del ‘500, un’originale invenzione della fine del mondo, narrandone anche gli antefatti attraverso episodi sino ad allora mai tradotti in pittura che si ispiravano ai Vangeli, al libro dell’apocalisse, alla Divina Commedia, agli scritti medioevali di Giovanni Sulpizio da Veroli, alla leggenda Aurea e alle rivelazioni di santa Brigida. Tuttavia il capolavoro dell’artista di Cortona venne realizzato in pieno Rinascimento. Era il tempo dell’Umanesimo cristiano in cui operavano insuperabili artisti e filosofi, a riprova che solo da una rifioritura dello spirito possono sorgere grandi opere e un grande pensiero.

Per elaborare il piano iconografico dell’apocalisse di Orvieto, l’arcidiacono Antonio Alberi fece costruire proprio all’interno del duomo una libreria con più di trecento volumi di quel nuovo sapere umanista che costituì il cantiere-cenacolo, culturale e teologico, funzionale alla stesura dell’opera. Un ruolo importante lo ebbero senza dubbio le stampe sull’apocalisse di Durer del 1498 e le illustrazioni del Liber Chronicarum di Hartmann Schedel, edite a Norimberga nel 1493, in cui è raffigurata la venuta dell’Anticristo somigliante in modo sorprendente a quella di Signorelli nella cappella Nova. Hartmann descrive la battaglia apocalittica tra bene e male mostrando l’Arcangelo Michele che, armato di spada, scaraventa dal cielo l’Anticristo.

Anticristo, Hartmann Schedel, 1493

L’impostore è ritratto con tanto di cappello e abiti pomposi, mentre viene trascinato giù a bastonate da tre grotteschi diavoli; una volta giunto sulla terra incomincia a ingannare la gente dall’alto di un pulpito, avendo come suggeritore un quarto demone, dalla testa di drago. Di fronte a lui c’è un altro predicatore, probabilmente un monaco, che si sta contrapponendo al discorso dell’Anticristo, come a dire che nel mondo ci sono sempre due verità, difficilmente distinguibili, una vera e l’altra falsa: attenzione dunque a chi si dà ascolto!

Nell’apocalisse di Orvieto l’epico scontro tra verità e menzogna acquista però un significato più drammatico tanto che l’emissario di Satana, anch’esso precipitato dall’alto, viene rappresentato come un personaggio reale, storico. A catturare subito l’attenzione dell’osservatore è proprio lui, in piedi sopra un piedistallo, mentre arringa la folla; qui l’Anticristo di Signorelli diventa il ‘centro gravitazionale’ da cui si sprigiona un caos dalle proporzioni gigantesche. L’impressione è quella di sentirsi come catapultati in una grande piazza, nel bel mezzo di un tumulto di popolo dove l’antagonista di Cristo darà l’avvio alla sua inarrestabile ascesa per il dominio della terra. L’aspetto è simile a quello di Cristo, ma egli è il padre della menzogna e ciò che appare non è mai quel che è. Lo sguardo è sinistro, inquietante. Le labbra, ben disegnate, tradiscono sensualità; i riccioli dei capelli sono come serpenti che formano sulla fronte un intreccio simile a due corna, le stesse di quelle di un mite agnello prima di diventare un bellicoso ariete.

Particolare dell’Anticristo

Un demonio dietro le spalle gli suggerisce cosa dire. Dal mantello esce la mano sinistra, dall’appartenenza equivoca, che indica il tesoro ammassato ai suoi piedi dai ricchi per favorirne l’ascesa; sul vestito sfoggia i diademi del Drago rosso, descritto nel libro dell’apocalisse, con i quali attesta tutto il suo potere.

Nel complotto con Satana, il grande mistificatore cercherà di mettere in atto una diabolica macchinazione usando ogni mezzo per appagare la sua insaziabile brama di dominio. La mano destra è infatti rivolta verso se stesso perché si sta avverando la profezia dell’apostolo Paolo quando di lui disse: “Prima del giorno della fine dovrà essere rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che s’innalza sopra ogni essere, additando se stesso come Dio fino a sedere nel tempio di Dio” (Tessalonicesi 2,4).
Tra la folla che lo circonda ci sono donne e bambini, ricchi e poveri, uomini corrotti e poeti, prostitute e religiosi, potenti e gente comune, giovani vanitosi e personaggi illustri come Cristoforo Colombo e Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI, comandante dell’esercito del padre e governatore generale di Orvieto. Tra loro c’è anche il grande Dante Alighieri, ritratto di profilo. Per metà angelo e metà bestia, il falso messia mescolerà grandi virtù ad orrendi vizi confondendo persino i cuori di coloro che saranno dotati di forti e nobili virtù. La sua doppia natura è il segno delle due bestie dell’apocalisse trasmesso da Satana stesso. Infatti si presenterà agli uomini come un autorevole capo religioso e allo stesso tempo come un leader politico scaltro e carismatico.

Miracolo dell’Anticristo

La prima bestia è il potere religioso: l’imitatore di Cristo, detto anche la Grande Scimmia, si arrogherà il diritto divino di possedere gli stessi poteri del Figlio di Dio che ostenta con la guarigione di un malato seduto sul letto, mentre indica con le dita il numero tre con cui profetizza il giorno della propria risurrezione. Signorelli mostra il falso messia genuflesso, in segno di umiltà. Operando segni e prodigi attirerà a sé molti proseliti che lo seguiranno devoti, al punto che si faranno condurre docilmente ad adorare la seconda bestia, che è il potere politico. Si presenterà come messaggero di un regno spirituale e invece sarà il massimo propugnatore di un regno terreno e senza Dio; la religione infatti può elevare l’uomo come degradarlo.

Grazie al suo carisma otterrà il consenso, accendendo nei cuori un caos confuso e indecifrabile di desideri. In apparenza sembrerà un benefattore e salvatore del popolo promettendo ricchezza e gloria a chi lo amerà e lo servirà, ma in realtà cercherà solo di appagare la sua smisurata ambizione stampata sul podio dove si trova l’immagine di uno spregiudicato cavaliere, poiché “il tiranno è superbo per natura e appetisce d’essere il solo e il primo, sempre e in ogni cosa” (Sallustio).

 

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