ORVIETO – Diciamolo e a voce alta che da circa 30 anni il linguaggio performativo di Antonio Rezza, sempre coadiuvato dall’inseparabile Flavia Mastrella, crea scompiglio e disorientamento nell’ormai troppo addomesticato e svenduto tempio delle arti.
Le sue performance mimico-verbali destabilizzano le certezze del fruitore medio, nota la polemica ternana di qualche anno fa per la bestemmia pronunciata alla fine di un suo sketch proprio durante la messa in scena di “Pitecus” spettacolo che venerdì 9 luglio è stato presentato al Mancinelli di Orvieto in occasione di ONE, Orvieto Notti d’Estate. Per Rezza e Mastella l’umorismo non è mai autocompiacimento, non è un divertimento fine a sé stesso ma strumento urticante e disturbante atto a rimestare nel torbido della coscienza sociale. In “Pitecus” l’interprete, regista e scrittore, come da sua tradizione ormai, entra e esce da voci e vocette, personaggi amorali e sgradevoli inserendo volto, braccia e gambe nei tagli fontaneschi prodotti da Flavia Mastrella nelle installazioni di stoffa che allestiscono il palcoscenico.

Un one man show isterico e nichilista che non salva niente e nessuno, nemmeno i presenti in sala, tra ipocrisia, razzismo, preconcetti, egoismo e crudeltà verso il prossimo, Rezza racconta le frustrazioni e le idiosincrasie che affliggono un’umanità post-biologica, che come sottolinea salacemente in un suo quadro si distingue dai morti solo per via della putrefazione. Dai video-corti degli anni 90 al teatro, fino alla scrittura e al cinema (folgorante il loro esordio con “Escoriandoli” nel 1996), Rezza e Mastrella nel 2018 hanno ricevuto alla Biennale di Venezia il Leone d’Oro alla carriera per il teatro.

Il teatro di Rezza e Mastrella fonde l’arte mimica con l’invenzione linguistica, scompaginando l’ordine precostituito di una certa ortodossia teatrale, creando una scombinata numerazione dei bis da propinare al pubblico, sempre in “Pitecus”, per poi giocare con il pubblico tentando di riprendere da capo lo spettacolo in una lingua estera perché si è scoperto nel pubblico uno spettatore straniero. Non un teatro per tutti, o lo si ama o lo si odia come sempre quando si è in odore di genialità. (Valentino Saccà)








