Un bel centro, la Rupe. Non c’è che dire… carico di attrazioni storiche, architettoniche e culturali, ben messo, in posizione strategica sulla valle del Paglia, collegato come meglio non si potrebbe, e poi pulito, ben illuminato, con servizi, nella maggior parte dei casi efficienti. Sarebbe un riferimento ideale per gli amanti della quiete e del riposo. Un centro però che, malgrado gli splendori che conserva, sembra uno di quei luoghi fatti apposta per anziani, per pensionati, per turisti senza tante pretese. Le solite lamentazioni che poi non sono soltanto di questa città, ma di tante altre più o meno belle località del Paese.
Quello scontento che scaturisce da potenzialità non sfruttate, da progettualità messe da parte, da insensibilità manifeste, da incapacità diffuse, da incompetenze assurte a ranghi decisionali. In definitiva, trovi ad imbatterti in quelle vecchie trascuratezze, riportate sui pezzi dei giornali degli anni ’80 e ’90, sempre le stesse. Quel certo adagiamento, dovuto soprattutto dal sentirsi appagati dalle meraviglie ereditate da un passato glorioso, rende vano ogni anelito di miglioramento, di innovazione, di riscossa potrebbe dirsi nei settori trainanti o che dovrebbero esser tali come quelli del turismo e delle attività culturali. Un dato di fatto incontrovertibile.
E’ la rupestre indifferenza, che offende i volenterosi e danneggia quel poco di dinamismo che serpeggia sotto le ceneri dei luminosi trascorsi cittadini. Si tratta di discorsi vecchi, quante volte risentiti… con ogni probabilità simili a tanti altri, che riguardano altre zone della Penisola. Qualcuno potrebbe ritenersi stanco di tanti reiterati appelli all’ordine e al progresso pure in questa intorpidita realtà socio-economica, che non riesce ad ergersi dalle stagnanti prerogative dei minimi garantiti. Va detto però che, ed è proprio vero, chi si ferma è perduto, che non bisogna dar tregua all’immobilismo imperante. Sembra doveroso, un impegno per certi versi imprescindibile.
Tra l’altro, e risulta evidente, chiunque si azzardi ad azioni che contrastino l’appiattimento concertato viene, nella migliore delle ipotesi, ignorato senza appelli, snobbato ed escluso o peggio colpito dalle logiche degli scarti, quelli che minacciano il disordine costituito, in strenue difese della pochezza raggiunta. Molti non agiscono, statici e indolenti, forse colpiti da apatica orvietanità deteriore. Altri paiono illusi dalla convinzione che meglio di così non si possa, come se vivessero in un recinto di perfezione che non abbisogni di alcun cambiamento. Ma i più temibili sono i supponenti che, pur non avendo competenze specifiche, pensano di averle, imponendo le vie della sonnolenza e dell’inoperosità, badando magari ai piccoli, miseri orticelli personali e forsanche a quelli di appartenenza, con inevitabili, spiacevoli conseguenze.
Per invitar chi di dovere a darsi una mossa, a destarsi dai sonni della ragione, riproporremo quanto più volte riproposto in tante occasioni, in diversi contesti, a diversi titoli, con l’auspicio che, prima o poi, qualcosa cambi. Sono umili offerte progettuali, volte alla rinascita, alla valorizzazione, alla riqualificazione cittadina. Quelli che contano… e non stiamo parlando degli impiegati di banca… o credon di contare sarebbero gli interlocutori privilegiati per azioni condivise di sviluppo territoriale.
Non resta che rilanciare bozze di iniziative considerate, riprese e dimenticate, spesso accantonate, accolte con plausi, poi cadute nelle oscurità del politichese, delle burocrazie, delle insensibilità diffuse. Chi può, se troverà barlumi di validità, ne tragga, anche per programmi elettorali, intenti operativi. Se ne appropri senza remore per il bene della città. E’ quel che conta. Dall’Aventino, gli uomini di buona volontà monitoreranno seppur impercettibili movimenti di vita nuova. Se ve ne saranno. Ne dubitiamo, considerati i precedenti, valutate le potenzialità attuali.
La musealizzazione
Alcune peculiarità cittadine nei settori artigianali stanno scomparendo, con un comprensibile, grave detrimento economico, turistico e culturale. Sarebbe opportuno che più soggetti provvedessero all’apertura di scuole-botteghe artigiane, per la riscoperta di antiche tradizioni, con l’allestimento di piccoli musei, che raccolgano i più significativi prodotti di tale proposta turistica e formativa. All’interno delle strutture museali, gestite da giovani (incremento dell’occupazione), work-shop permanenti per dimostrazioni, vendite di prodotti tipici locali e offerte educative per le diverse fasce d’età interessate. La micromusealizzazione sarebbe una risposta eccezionale ai bisogni occupazionali e turistici.
Come si fa a non salvaguardare nei ricordi e nella commercializzazione i merletti d’Irlanda, l’oreficeria e la lavorazione del ferro, le ceramiche, i marmi, i dipinti, i legni, i mosaici, i costumi storici, le collezioni private, le produzioni agricole etc.? Eppure così è, senza timor di smentite.
L’evento cittadino
Gli eventi cittadini sono diversi e, in molti casi, in manifesta decadenza o marginalizzazione, con un sempre minor coinvolgimento a livello popolare e territoriale. Si pensi al Corpus Domini, alla Palombella, che una volta richiamavano migliaia di persone, con treni straordinari, corse speciali, tanto che era impresa ardua raggiungere la Rupe in quelle occasioni. Va rilevato che nessuno di questi assume particolar spessore riguardo alla veicolazione mediatica, ai benefici effetti economici, ad essi collegati. Appare perciò pressante l’esigenza di proporre un evento di alta risonanza, che renda visibile la città a livello internazionale, in maniera oltretutto duratura e coinvolgente. Ma qualcosa che attiri davvero i flussi turistici, in maniera da indurli a rifiutare le dinamiche del “mordi e fuggi”, temute ma purtroppo consolidate. Si potrebbe puntare su: cittadinanza europea, centro medioevale, centro spirituale, città dei militari, città dello spettacolo e chi più ne ha più ne metta. Va ribadita l’esigenza di riordinare le manifestazioni già esistenti, valorizzandole con opportuni interventi migliorativi, soprattutto per quanto attiene alle ricerche di mercato ed agli sfruttamenti turistici.
L’offerta turistica
Le risposte che Orvieto offre in materia di accoglienza turistica non sono all’avanguardia, anzi sanno di stantio e decrepito. In particolare, si evidenziano carenze nei punti di informazione, sia nella ubicazione (servono altri), sia nei materiali divulgativi disponibili, di vecchia generazione e di scarso pregio, che meriterebbero ampie innovazioni. I cosiddetti Uffici turistici, fossero anche privati, dovrebbero trovarsi nelle aree più “calde”: punti di arrivo, Stazione ferroviaria, Funicolare e parcheggi di entrata etc. Non è più il tempo, purtroppo per la città, dell’Azienda di promozione turistica, che gestiva in autonomia, in sintonia con le realtà territoriali. Quante belle iniziative! Bisognerà però dar riscontri decorosi a coloro i quali decidono di portarsi in Umbria, per una visita alla città.
Sembra paradossale, ma un centro come Orvieto non ha ancora un’adeguata offerta d’informatizzazione per quanto concerne i settori dell’accoglienza. Servirebbero degli schermi interattivi d’ultima generazione, apparecchiature informatiche, piccoli navigatori, che illustrino luoghi, spieghino vicende storiche ed artistiche, offrano informazioni utili, moderne ed efficaci. La particolare posizione di confine del territorio orvietano favorisce inoltre la stipula di convenzioni con le Regioni confinanti del Lazio e della Toscana. L’individuazione di pacchetti comuni si rivelerebbe utile approccio per una rinnovata proposta turistica, basata sulle tradizioni di zone storicamente e culturalmente unite.
L’Ufficio attività culturali
Per evitare spiacevoli disguidi rispetto a iniziative culturali, con incontri coincidenti e quant’altro, sarebbe necessario l’allestimento di un apposito Ufficio, che coordinasse i diversi eventi. Se si pensa alle spesso sparute partecipazioni a conferenze, concerti e inaugurazioni, un’informazione preventiva da parte degli organizzatori eviterebbe amare sorprese.
Le pubblicazioni
Mancano specifiche pubblicazioni riguardanti il ragguardevole patrimonio culturale cittadino. Sia come opuscoli, depliant e guide, sia come Cd o altri più moderni supporti informatici. Il visitatore che entra in libreria, in punti d’informazione turistica o nei luoghi destinati ai suoi interessi dovrebbe trovare dei materiali divulgativi altrimenti irreperibili. Le realizzazioni andrebbero a beneficio del turista, che per una modesta cifra si assicurerebbe un buon prodotto editoriale. Benefici più che dovuti anche per coloro che sostengono l’impresa. Gli autori, lo sponsor, l’editore, i distributori, i rivenditori: ognuno riceverebbe una percentuale di guadagno sulle vendite che, nel corso del tempo, ripagherebbe dapprima delle spese sostenute, e rappresenterebbe poi una voce nelle entrate per tutti i soggetti coinvolti. Si pensi a guide su: chiese e altri monumenti, toponomastica e particolarità artistiche ed architettoniche, percorsi cittadini.
Le biblioteche
Il progetto di catalogazione informatizzata delle Biblioteche della città e dei centri comprensoriali è un’iniziativa che prevede interventi specifici nelle diverse strutture bibliotecarie della zona. L’inserimento in rete dei dati consente di offrire informazioni precise ed in tempo reale ai numerosi fruitori del patrimonio librario: studenti, ricercatori e quanti altri interessati. Anche per il territorio orvietano, la realizzazione di un Opac comprensoriale potrebbe risultare assai utile per una serie di istanze avanzate da parte dell’utenza, già attiva e potenziale:
– accatastamento del patrimonio librario presente nelle Biblioteche cittadine e comprensoriali;
– richiesta di informazioni, riproduzioni e spedizioni di materiali, anche on line;
– utilizzazione di prestiti interbibliotecari;
– prenotazioni, rinnovi prestiti e letture, anche on line.
La situazione in cui versano attualmente i giacimenti librari della zona risulta alquanto precaria. Si pensi che gran parte delle Biblioteche non dispone neanche di una catalogazione tradizionale. Notevoli, tra l’altro, le discrepanze caratterizzanti i diversi riferimenti bibliotecari, alcuni dei quali ben organizzati e gestiti, dei veri punti di eccellenza, altri completamente al di fuori degli standard di servizio che il sistema internazionale delle catalogazioni impone. Va rilevato inoltre che realtà limitrofe, come quella della Val di Lago, nel Viterbese, si sono da tempo dotate di programmi informatici per la catalogazione bibliotecaria, ottenendo risultati sorprendenti, con efficaci servizi informativi e culturali. Se in molte parti del Paese la realizzazione di Opac territoriali è una conquista ormai consolidata, Orvieto e il Comprensorio Orvietano, che dovrebbero essere all’avanguardia nell’offerta culturale, manifestano ritardi organizzativi che soltanto attraverso un progetto definitivo potranno trovare degne soluzioni.
Il Progetto per la catalogazione informatizzata delle Biblioteche della città e delle zone comprensoriali nasce nel 1999-2000, considerata l’evidente arretratezza dell’Orvietano in materia di biblioteconomia e catalogazione rispetto a realtà limitrofe, per non parlar del resto della Nazione. Da un’attenta indagine, condotta sul territorio, venne elaborato un piano operativo. Soltanto nel 2010-2011 si giunse ad un riscontro concreto, allorquando la Fondazione Cassa di Risparmio si prese carico dell’iniziativa, con più che confortanti risultati.
Nel primo step, sono stati interessati quattro riferimenti bibliotecari del centro storico, poi gli interventi hanno registrato una brusca fermata. Poter radunare i giacimenti librari dell’intero Comprensorio e delle zone confinanti interessate, quelle private, pure quelle degli Istituti scolastici pare uno di quei traguardi irragiungibili. Nel resto della Nazione è qualcosa che sa già di passato, qui bisognerà attender qualche pseudo esperto politicizzato che, una volta riproposto quanto avviato, verrà accolto con sonori riconoscimenti.
Non entrando nel merito dell’opportunità pratica, politica e d’immagine di un percorso iniziato e non concluso, non è chiaro quali siano le intenzioni rispetto al completamento-prosecuzione delle attività intraprese.
Di sicuro questo trascorrer del tempo, senza ancoraggi di conferma, orientamenti di massima, pareri o convincimenti di sorta, non giova al buon esito dell’impresa, né a chi propone, né a chi gestisce, né a chi opera, né ai possibili richiedenti e fruitori, né all’opinione pubblica, seppur abituata ai ritardi delle macchine burocratiche nazionali.
Il Premio studi su Orvieto
Sono diversi gli studi, condotti soprattutto da giovani studiosi europei e stranieri, che riguardano la città. Non richiederebbe particolari sforzi, l’istituzione di un premio per le migliori ricerche. E’ anche ipotizzabile la pubblicazione dei materiali prodotti, l’organizzazione di convegni ed eventi di particolare richiamo per gli ambienti scientifici, che si occupano di indagini artistiche e archeologiche, architettoniche e culturali, con l’intento di addivenire a sempre maggiori conoscenze dei trascorsi storici cittadini.
La riapertura e la destinazione d’uso dei “contenitori” storici cittadini.
Molti edifici, anche sacri, del centro storico cittadino risultano chiusi. Alcuni in stato di abbandono, anche dopo costosi restauri ed opere di riattamento programmate. Eppure sarebbero una risorsa indubbia per il turismo della zona. Altri immobili, magari ristrutturati, mancano di destinazioni d’uso ben definite, tanto da esser aperti saltuariamente ed in modo spesso incongruente. Delle risorse davvero singolari, ma come se non esistessero sulle carte cittadine. Si pensi alle Chiese di S. Rocco, degli Scalzi, di S. Lucia, di S. Maria in Ripa Serancia, di S. Maria del Velo, di S. Michele Arcangelo, ai tanti palazzi chiusi e inutilizzati. Che sollievo, concertandosi con la pubblica Amministrazione ed i proprietari, una mappatura generale delle costruzioni, stabilendone idonee finalità.
Il percorso termale
La zona dell’Orvietano e quelle vicine laziali e toscane risultano interessanti per quanto riguarda la presenza di sorgenti con acque dalle diverse caratteristiche fisico-chimiche, da tempo immemore considerate terapeutiche, che potrebbero rivelarsi eccezionali per valide ricadute turistiche. In particolare, si segnalano: le Fonti del Tione a Sugano, le Fonti di Tiberio a Castel Viscardo, le sorgenti di Ramici ad Alviano etc. Non distanti poi i riferimenti di Parrano e Sarteano, Chianciano e Viterbo con le Terme. La questione delle Fonti del Tione rappresenta un chiaro mancato sfruttamento delle risorse naturali territoriali. Sarebbe opportuno un progetto articolato ed economicamente vantaggioso che tenda alla valorizzazione della suggestiva e turisticamente più che attraente zona di Sugano, da cui si originano le acque, con possibili insediamenti agrituristici ed alberghieri, incastonati in contesti paesaggistici ed ambientali davvero sorprendenti. Potrebbero delinearsi specifici interventi, anche per quanto riguarda la salvaguardia degli aspetti naturalistici presenti in zona.
L’intitolazione di vie e piazze
La città ha dato i natali a numerosi, illustri personaggi, e molti altri hanno trovato nella Rupe l’agognata residenza… Questi “orvietani” meritano di esser ricordati per le loro attività, il loro pensiero, l’impegno profuso nel tempo in diversi ambiti. Molte di queste figure dovrebbero esser degnamente onorate tramite l’intitolazione di vie o piazze. Si pensi ai cittadini Pericle Perali, Luigi Fumi, Ermanno Monaldeschi, Angelo Della Massea, Leopoldo Sandri, Geralberto Buccolini, Pietro Stagnetti, Erminia Frezzolini, Ludovico Negroni, come ad altri di più recente scomparsa, ma di grande spessore culturale. Sarebbe un arricchimento identitario a livello storico e toponomastico per il territorio.
Il “Casermone”
Una delle questioni più rilevanti della città è senza dubbio la riutilizzazione del “Casermone”, un tempo risorsa fondamentale per l’economia orvietana, adesso enorme “contenitore” abbandonato, destinato a rovina, alla ricerca di soluzioni definitive. Il ritorno di contingenti militari nel tessuto urbano della Rupe risulterebbe oltremodo auspicabile, anche in relazione alle ricadute sociali e culturali che presenze in divisa rappresenterebbero per la zona. L’allontanamento del Centro reclute e del III Reggimento Granatieri “Guardie” ha rappresentato, in effetti, il colpo finale per l’economia e non solo della città e del territorio.
Chi gioiva per l’allontamento di tanta risorsa, ben comprende come è ridotto il tessuto economico cittadino. La bravura degli amministratori starà proprio nella soluzione dell’annoso problema, che non sembra d’imminente conclusione. Piccoli sforzi comunque per evitare il degrado di alcune parti di maggior visibilità, che vengon solcate da turisti e orvietani, non dovrebbero richiedere particolari impegni economici o chissà quali progetti di ristrutturazioni. Vedremo gli sviluppi.
I cambiamenti urbanistici
Il volto del centro storico risente fortemente delle vicende storiche relative ai periodi medievali, Cinquecenteschi ed Ottocenteschi, senza testimonianze significative di più recenti periodi. Per un rinnovamento urbanistico, si erano ipotizzati: una fontana in Piazza della Repubblica, la galleria Palazzo dei Sette-Piazza del Popolo, la percorribilità delle cavità ipogee anche con la realizzazione di ascensori, la ricostruzione dell’emiciclo coperto per spettacoli alla Fortezza dell’Albornoz, l’inserimento di opere scultoree di artisti contemporanei in particolari luoghi cittadini.
Per quella che è Piazza Febei, sarebbe davvero interessante se si realizzasse un salotto cittadino culturale, con sedute e piantumazioni, illuminazioni e decorazioni murali, con adeguate segnaletiche e arredi urbani specifici. Un monumento francescano, vista la presenza della Chiesa di S. Francesco, da tempo ideato e che non richiederebbe alcuna spesa per volontà privata, non sembra veder la luce, senza spiegabili motivi. Molte altre le possibilità di riscoperta, innovazione e riqualificazione in diversi luoghi del centro cittadino.
Il Parco archeologico
L’eccezionale presenza di siti archeologici intorno alla Rupe indurrebbe all’individuazione di percorsi turistici senza confronti, caratterizzati da unicità e consistenza. In tal senso, i tracciati più o meno pittoreschi che sono stati delineati nell’ultimo periodo potrebbero valorizzarsi con la presenza di punti d’informazione e di “conforto”, che ben allieterebbero i turisti impegnati in dilettevoli percorsi campestri. Le note dolenti sono però rappresentate dalle incomprensibili assenze di saggi esplorativi, per possibili successive campagne di scavo, volti a riportare alla luce i sicuri tesori nascosti che si ritrovano al di sotto degli strati di terreno prodotti dai secolari sgretolamenti del masso tufaceo della città. Le moderne tecnologie utilizzate in ambito di ricerche archeologiche consentirebbero di delineare una mappatura di quanto si nasconde intorno alla Rupe.
La realizzazione di una sala stampa
Sebbene le diverse testate che operano a livello locale godano di autonomie e spesso risultano chiuse a proposte di condivisioni, una sala stampa cittadina, che offra comuni informazioni, dotata di moderne apparecchiature informatiche, sarebbe più che opportuna. Si pensi, ad esempio, alla gestione di grandi eventi… magari ve ne fossero!.
Il terziario
Da più parti ed in diversi momenti, si è parlato di decentramento di attività romane, guardando con fervore alla Rupe. La città è stata anche definita come un immaginario quartiere a Nord della Capitale. Il dislocamento di Uffici nel centro storico e nelle aree suburbane sarebbe un’importante risposta alla crescente richiesta occupazionale, specie da parte delle giovani generazioni, altrimenti costrette a forzati pendolarismi o esili lavorativi.
I centri di ricerca scientifica
La Rupe, considerata la favorevole posizione geografica tra Roma e Firenze, ben si presterebbe a localizzazioni di centri di ricerca scientifica, che troverebbero agevole accoglimento in uno dei tanti immobili del centro storico dismessi, abbandonati comunque non utilizzati. Sarebbe un’opportunità meritevole di particolari attenzioni, tenuto conto delle più attuali dislocazioni d’impresa.
La città di sotto
Tra le utopiche farneticazioni del bel tempo che fu, un percorso ipogeo del centro storico, con ascensori dislocati nei punti turistici più significativi e richiesti. Nel sottosuolo potrebbero esser allestiti piccoli musei, mostre ed attività commerciali, come spettacoli, concerti e altre attrazioni culturali.