Nella prima metà del ‘500, un’epoca che fu caratterizzata dal sacco di Roma del 1527, nell’Italia centrale cominciò ad emergere una famiglia originaria di Bologna: i Marescotti. La loro dinastia attraversò la storia dello Stato ecclesiastico per quasi tre secoli, fino alla fine del feudalesimo a seguito della Riforma Consalvi nel 1816. Guerrieri, corsari, assassini, cardinali e mecenati si susseguirono alla sua guida, tracciando un solco che ancora oggi è ben visibile nelle loro opere e nelle conseguenze socio-politiche delle loro azioni, anche dopo la confluenza nella dinastia Ruspoli.
L’origine di questa lunga vicenda è dovuta ad una donna, Ortensia Baglioni Farnese, protagonista assoluta nel XVI secolo della vita sociale della Tuscia, quell’ampia zona di territorio ora divisa fra Lazio, Umbria e Toscana. A lei è dedicato il volume “Ortensia Farnese, la creazione di una dinastia tra Vignanello e Parrano” di Maurizio Grattarola e Francesca Giurleo, in distribuzione dal 30 luglio, ma già disponibile sul sito della casa editrice Intermedia Edizioni
Fu lei, con la sua forza d’animo, la sua determinazione, il suo coraggio unito ad una notevole spregiudicatezza, a gettare le fondamenta del potere politico ed economico dei Marescotti, opera a cui dedicò tutta la sua vita. Per tutta la vita continuò ad utilizzare il cognome della madre, Beatrice Farnese di Latera, ignorando o forse disprezzando quello del padre, di cui fu forse figlia naturale. Processata e qualche volta condannata per le sue azioni, non esitò mai ad affrontare le proprie responsabilità, né a confrontarsi duramente con i suoi tre mariti ed i numerosi figli, nella ricerca della migliore soluzione possibile che garantisse la prosecuzione della stirpe.
La sua vita, nonostante i tanti documenti d’archivio che la riguardano, non è mai stata raccontata, così come per molti altri personaggi della sua discendenza. Non ne conosciamo le fattezze, non sappiamo né dove né quando con precisione sia nata, e finora non è stato neanche possibile reperire il suo atto di morte, nonostante la quasi totale certezza di dove e quando sia deceduta. Abbiamo solo la lapide della sua tomba, in una delle più belle e meno conosciute chiese di Roma, S. Girolamo della Carità, il santo omonimo di uno dei suoi tre mariti e di uno dei suoi figli, dove riposa accanto al suo successore, Alfonso Marescotti, il primogenito avuto da Sforza.
Questo libro vuole sopperire a questa mancanza, raccontando le vicende di questa donna, cercando di descriverne la personalità nella maniera più oggettiva, senza quegli accenti talvolta scandalistici che l’hanno tramandata come la “Lucrezia Borgia di Parrano”, ma senza alcuna indulgenza di fronte ai suoi atti più duri e controversi, nella speranza di fornire un contributo alla conoscenza di un periodo e di una terra sovente trascurati.