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Home Cronaca

Danni dagli ungulati: “Se le cose non cambiano sarò costretto a chiudere l’attività che avevo intenzione di espandere”

Redazione by Redazione
27 Luglio 2021
in Cronaca, Secondarie, Archivio notizie
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Un nuovo accorato appello quello dell’allevatore Roberto Bettoja che, di fronte all’immobilismo delle Istituzioni nei confronti di un annoso problema (quello dei danni provocati dagli ungulati), torna a sollecitare l’assessore regionale alle Politiche Agricole e Agroalimentari ed alla Tutela e Valorizzazione Ambientale dell’Umbria, Roberto Morroni. Di seguito la missiva inviata all’assessore:

Gent. Assessore Morroni,
scrivo a lei a seguito della email dello scorso anno inviata alla Sindaca di Orvieto riguardo ad un annoso problema che mi perseguita, ma che ovviamente riguarda quasi tutte le attività agricole che insistono sul territorio umbro. Su questo argomento non mi ha risposto, nonostante i giornali ne abbiano parlato.

Lo scorso anno ho avuto tutto il raccolto dell’orto della mia azienda agricola biologica distrutto dagli ungulati e cioè daini, cervi e caprioli. Quest’anno il problema si ripresenta nonostante abbia variato ed aumentato le difese del recinto dell’appezzamento devoluto ad orto. Degli alberi da frutta neanche parlo perché oramai non esistono quasi più distrutti dagli stessi “clienti”.

Per ora pare i caprioli, a giudicare dalle tracce, mi hanno distrutto il raccolto dei fagioli ( basta non li pianterò più, ma le piante di pomodoro ora rischiano la stessa fine. Abito in una zona montana sul monte Peglia dove tali animali prolificano e circolano di brutto. I selezionatori fanno quello che possono, ma un conto è dissuadere un problema sporadico, e un altra è tenere a freno una invasione.
Credo che sia opportuno sollevare il divieto di caccia di queste specie che attualmente le protegge, soprattutto daini e caprioli per dare la possibilità a chi produce di farlo, riducendo il numero di capi di questi animali. Fare un recinto alto 2,5mt potrebbe essere la soluzione per l’orto, ma non per quello che è esterno come gli alberi da frutta, gli olivi e la vigna. Ed inoltre fare un tale recinto ha un costo che per una piccola azienda come la mia si riassorbe in anni.  Ma non si risolve il problema.

Una persona che conosco negli Stati Uniti punta da una zecca staccatasi da un daino sviluppò il “lime disease” o malattia del lime, che in tarda età gli ha provocato la morte con la leucemia conseguenza di tale iniziale malattia. E’ un po’ come la Rickettsiosi, ma peggio, mortale. In alcuni paesi del mondo è un grosso problema, e spero che non si sviluppi in Italia ed in Umbria. Sono begli animali, ma sono troppi, da tanti anni e devono essere regolati.

Quindi mi rivolgo a lei perché se le cose non cambiano sarò costretto a chiudere l’attività che avevo intenzione di espandere, ma non a queste condizioni. Una diminuzione dei capi di questa selvaggina corrisponderebbe ad una convivenza accettabile, con un buon riflesso sul turismo attraverso la cucina dei ristoranti. Non voglio essere crudele con le parole, ma sono un estimatore della carne del daino e del capriolo che sono alimenti molto conosciuti e ricercati nel Nord Europa.

Vorrei sapere cosa ne pensa e se è possibile una deroga alla caccia, anche se momentanea e per un lasso di tempo limitato. La ringrazio per quello che mi saprà rispondere

Roberto Bettoja

P.s.  Aggiungo un filmato sarcastico del 2017 sull’argomento.

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