Saranno esposte fino a settembre, dalle 9 di mattina alle 10 sera, le 12 tavole con cui Francesca Dragoni ha fornito l’innesco alla funzione espositiva de “Lo Scalo” Community Hub. Una “prima” che rende visibile l’idea di uno spazio plurale all’interno del quale più cose e funzioni vengono a coesistere, facendo così incontrare esperienze di innovazione sociale, culturali e artistiche con il piacere di un “Bistrò” di qualità, i prodotti dell’agricoltura contadina locale, un’attrezzatissima sala conferenze.
Parliamo ora dei dipinti di Francesca Dragoni, “cantautrice, libraia e illustratrice”. Il progetto grafico si chiama “Polpa” (phrancescha su Instagram e PolpaHomeStudio su Facebook) . Perché “polpa”? Francesca non lo dice. Si riferisce forse alla carta fatta con la pasta di legno con cui venivano stampati i “pulp magazines” negli anni Trenta e che oggi offrono un supporto alle sue tavole? Oppure alla rilettura postmoderna del “pulp” di Quentin Tarantino dove i quadri sarebbero, nella loro energica estroflessione, da intendersi come fermo-immagini di un mondo vero nient’affatto diventato favola?
Quale che sia il senso di questa “polpa”, una visita a “Lo Scalo” per vedere questa sequenza di immagini è fortemente consigliata. La cosa che suggestiona è la forza espressiva del segno, il rovesciarsi delle rappresentazioni fuori dal perimetro delle cornici. Francesca disegna, in questa serie, in prevalenza volti in bianco e nero.
Sette sono di musicisti e cantanti: L. Dalla, F. De André, F. Battiato, D.Bowie, B.Holiday, N.Simone, PJ Harvey; poi una serie di 5 tavole tradotti da un immaginifico “lessico familiare”. Il volto dei musicisti viene in qualche maniera sorretto da un lacerto di testo estrapolato da un brano dello stesso cantante. Non abbiamo a che fare con un effetto didascalico ma con parole che diventano corpo, fondamento, materia e, assieme, fregio, arabesco, ricamo.
Nell’apparentemente rilassate illustrazioni dell’immaginifico “lessico familiare” ci sono due primi piani resi quasi per intero con matita e carboncino e surplus digitale di una rara potenza espressiva. Si badi: non il gesto rappresentato è “espressivo” ma lo è il segno, nella sua perentoria esondanza. Figure e parole che faticano a contenersi entro una cornice e che sono sempre sul punto di uscire fuori, di erompere, di dilagare. Merita una visita questa piccola collezione di energia messa a dimora da chi abita suoni e parole e lampi di stupori impressi su carta.