VITERBO – L’Università della Tuscia con il progetto Bionanoinlegno incontra il mondo del restauro “green” ovvero dell’eco-restauro. Tale progetto scaturisce dalla frequente necessità di intervenire sulla rimozione di antichi restauri che si sono degradati con il tempo (de-restaurare) e di restaurare di nuovo impiegando in questa seconda fase sostanze di origine naturale, come la nanocellulosa, la nanolignina o impiegando un approccio di biocatalisi (con l’impiego di enzimi e cellule batteriche) con l’obiettivo di ridurre l’uso di sostanze “fossil based” e se possibile eliminarle del tutto . Si tratta di una innovazione che passa anche dalle piccole e medie imprese che ruotano intorno al mondo dei Beni Culturali Unitus alcune delle quali partner dell’Ateneo viterbese.
Il progetto, coordinato dal gruppo di Beni Culturali dell’Università della Tuscia , è stato ammesso al finanziamento della Regione Lazio con bando del Distretto Tecnologico dei Beni Culturali per 160.000 euro. La sfida che si pone è di estrema attualità e intende affrontare la tematica del restauro e del de-restauro dei manufatti in legno.
“La ricerca – ha sottolineato la professoressa Manuela Romagnoli ordinario di Tecnologia del Legno e Utilizzazioni Forestali del Dipartimento per l’Innovazione dei Sistemi Biologici Agroalimentari e Forestali (DIBAF) che coordina il progetto – introduce innovazioni che, nel caso del legno nei Beni Culturali sono ancora poco conosciute e pressoché inesplorate. Bionanoinlegno è un progetto pilota che intende valutare l’efficacia di trattamenti innovativi sostenibili basati su bio-nanotecnologie per il de-restauro e il restauro di manufatti lignei storico-artistici, dell’arte contemporanea e archeologici, anche subacquei”.
I test saranno condotti su provini che simulano condizioni reali e, se i risultati lo renderanno possibile, verrà valutata l’applicabilità di questi trattamenti su casi concreti all’interno dei laboratori di restauro dell’Università degli Studi della Tuscia, del Museo Colle del Duomo di Viterbo e del Museo di Santa Severa. I partecipanti al progetto sono: Università della Tuscia, ENEA – Laboratorio SSPT-PROTER-OEM , il Dipartimento di Chimica della Università di Roma “La Sapienza” –, Istituto Centrale per il Restauro, Emmebi Diagnostica Artistica srl e lo Spin Off WSENSE. Il progetto si è anche dotato di un advisory board che collaborerà alla riuscita del progetto implementando i risultati anche con il supporto della Anna Rosa Sprocati, già dirigente di ricerca dell’ENEA .