ORVIETO – La rubrica “Orvieto e i suoi personaggi” torna a fare un tuffo nel passato storico e più precisamente verso la metà del 1.300 per ricordare Simone de’ Prodenzani, poeta e letterato oggi quasi sconosciuto ai più, ma importante figura da riscoprire che ha lasciato una fertile impronta nella cultura letteraria italiana.
Discendente da una nobile famiglia provenzale francese trasferitasi nel XIII secolo in Umbria, precisamente nel minuscolo borgo di Prodo, da cui il cognome Prodenzani. Simone ricoprì ruoli di prestigio soprattutto nella città di Orvieto, luogo dove presumibilmente nacque.
Di madre ignoto Prodenzani è attestato frequentemente, soprattutto dal 1400 al 1438, nei protocolli notarili, nelle Riformagioni del Comune e dell’Opera del duomo, nei registri del catasto, negli atti giudiziari, in definitiva nei documenti degli archivi orvietani, relata con una grande quantità di varianti che interessano sia il nome del padre (Golino, Gulino, Goleno), sia quello del capostipite (Prodençalibus, Prodelsalibus, Prodensanibus, Prudenzani, Prudenziani). (1)
All’epoca Orvieto era dilaniata dalle lotte tra le fazioni dei Muffati e dei Mercorini e Simone de’ Prodenzani che era politicamente schierato dalla parte dei Mercorini finì esiliato e condannato per alto tradimento, per avere contraffatto le chiavi di porta Postierla con il fine di fare entrare in Orvieto la parte esterna.
Rientrato a Orvieto dopo il 19 febbraio 1400, avendo pubblicamente dichiarato che non si sarebbe occupato di politica, i concittadini gli affidarono incarichi pubblici di notevole responsabilità fino alla morte, a conferma della considerazione di cui godeva, nonostante l’appartenenza politica e le vicende a essa legate. (2) Oltre al suo vivace operato politico Simone de’ Prodenzani è stato uomo di penna, creando una forma letteraria e poetica adottata stabilmente nella letteratura italiana dalla fine degli anni Settanta del XX secolo.
Suo il merito di aver impreziosito la letteratura italiana attraverso l’impiego di nuove forme poetiche, ovvero della prima raccolta di novelle in ottave, della prima raccolta di corone di sonetti che formano un’unica opera e della singolarità che si incontra soltanto nella rimeria orvietana del dialogo dell’autore con il sonetto-messaggero.
Le sue rime affondano principalmente le radici nelle scritture sacre (Vecchio e Nuovo Testamento), nella Commedia dantesca e nel Decameron di Boccaccio, intrecciando poi una nozionistica che spaziava dalla musica alla danza, dai giochi alla caccia dall’arte culinaria alle funzioni religiose.
Le sue due opere capitali restano Il Saporetto, raccolta di sonetti sulla vita borghese dell’epoca, e Il Sollazzo, composto da 18 ballate di vita popolare, date alle stampe per la prima volta da Santorre Debenedetti nel 1915.
Simone de’ Prodenzani morì, con ogni probabilità di peste, a Orvieto nel 1438, dal momento che, ricoprendo quell’anno la carica di soprastante della Fabbrica di S. Maria della Stella, alla seduta del 29 settembre risulta assente perché infermo a causa della vecchiaia. Successivamente non se ne hanno più notizie. (3) (Valentino Saccà)
Fonte: 1-2-3)Treccani