Parte in questi giorni una campagna di affissioni in 9 comuni dell’Orvietano che prevede una serie di manifesti informativi a cura della Comunità Rurale Diffusa, una rete aperta di cittadini, agricoltori e allevatori che hanno annodato relazioni basate sulla fiducia e il reciproco aiuto, in sintonia con la natura. L’obiettivo della campagna è quello di richiamare l’attenzione della cittadinanza e delle istituzioni sui pericoli connessi a opere di forte impatto per l’ambiente e per l’economia locale, in particolare i sempre più diffusi impianti di noccioleti intensivi, che negli ultimi anni stanno trasformando il paesaggio e minacciando la salute pubblica.
In continuità con le azioni di sensibilizzazione portate avanti nell’ultimo anno dalla Comunità Rurale Diffusa, la campagna punta a fare luce sulle distorsioni e le incoerenze insite nei grandi progetti che sempre più spesso coinvolgono questo territorio, oggetto di speculazioni da parte di grandi aziende che perseguono interessi privati a danno della collettività e del bene comune.
“Questi impianti di noccioleti su vastissime estensioni minacciano la qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo per via dell’uso massiccio di fitofarmaci – sostengono dalla Comunità – sottraggono terreni agricoli impiegati a colture e pascolo, intaccano porzioni di territorio di inestimabile pregio naturalistico e ambientale, stravolgono il paesaggio, e, come ampiamente dimostrato, non sono sostenibili né remunerativi nel lungo periodo, nonostante vengano presentati come un’alternativa economicamente appetibile agli agricoltori.
Non sono però solo i noccioleti intensivi a insidiare questo territorio: è notizia recente il tentativo di realizzazione di un enorme impianto fotovoltaico sul Monte Peglia, in un’area sottoposta a numerosi vincoli; o ancora il progetto per la costruzione di due centrali geotermiche a Castel Giorgio e Torre Alfina; o il progetto preliminare del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi che individua in questa zona uno dei siti potenzialmente adatti al suo impianto. Ed è legittima la preoccupazione che il numero di questi progetti inquinanti e di forte impronta ambientale si moltiplichino con l’arrivo di consistenti fondi economici, grazie ai quali potrebbero essere realizzate grandi infrastrutture che andranno a incidere sul territorio e sulle vite delle persone, in una potente operazione di greenwashing che con i soldi del Next Generation EU foraggerà ancora un ben noto sistema distruttivo.
Vogliamo dire a gran voce che il “nocciolo del problema”, non sono gli alberi, né il fotovoltaico, ma è la speculazione a vantaggio di pochi e a danno del bene comune. Il problema è uno sviluppo senza limiti, che non è mai a misura d’uomo. È lo scippo di democrazia, per cui si prendono decisioni importanti senza tenere conto del parer di chi vive, lavora, si impegna e sogna in un territorio. Di chi ha costruito la sua vita proprio qui, e non altrove. È la logica per cui i grandi interessi sterili di pochi pesano più dei piccoli interessi virtuosi di molti. Il problema è un futuro che nasce già vecchio. Su queste terre nascono e coesistono moltissime realtà di contadini e allevatori che della tutela del territorio e delle sue risorse fanno esperienza ogni giorno, attraverso scelte autentiche e non asservite a interessi effimeri e meramente speculativi.
Riteniamo che sia necessaria una consultazione vera e trasparente della cittadinanza e alle istituzioni chiediamo di assumere impegni concreti per la salvaguardia e la valorizzazione del territorio. Per questo a livello comunale sollecitiamo misure stringenti volte a una graduale riduzione, fino al completo esaurimento, di uso di fitofarmaci in agricoltura, mentre a livello nazionale chiediamo che si giunga a regolamentare la permanenza in regime di agricoltura biologica per almeno 10 anni per quanti accedono a finanziamenti europei. Nella consapevolezza che la terra non può essere oggetto di mercificazione, e che da essa dipendono le esistenze di intere comunità”.