Enrico Vaime, noto soprattutto in coppia con Italo Terzoli, resta tra le figure più autorevoli che hanno cavalcato l’età d’oro della televisione italiana. Dopo la sua dipartita, avvenuta il 28 marzo scorso, si può ammettere che con lui è defunta la classe e il tocco inconfondibile di una scrittura televisiva, intelligente e sagace, che ha fatto grande la televisione di Stato.

Laureatosi a Napoli, ha poi vissuto e lavorato a Roma, diventando persino cittadino onorario di Riccione, ma non dimentichiamo che Enrico Vaime è nato a Perugia, quindi la Regione Umbria dovrebbe ricordare con particolare affetto questo gigante della Rai, pioniere di un linguaggio televisivo non ancora inquinato dalla spazzatura mediatica e capace di una comunicazione sempre garbata, veicolando la cultura attraverso un mezzo (quello televisivo) che si è rivelato a posteriori uno dei media notevolmente in grado di ridurre la capacità di gusto e di giudizio.
Commedie teatrali (“I piedi al caldo” del 1963 è stato il suo esordio), programmi di varietà e cabaret (“Quelli della domenica” e “Canzonissima” su tutti), passando per la radio fino ai saggi di critica televisiva, sempre illuminanti e arguti, Vaime ha spaziato moltissimo esplorando ad ampio spettro il mondo della comunicazione e restituendo al pubblico un bagaglio di divertimento intelligente.

Ha scritto per Paolo Villaggio, Enrico Montesano, Lino Banfi, Renato Pozzetto, Ric e Gian, Lino Toffolo, collaborando persino con la coppia d’oro della commedia musicale della Rai anni 60, Garinei e Giovannini. Tra i suoi numerosi testi satirici spiccano “Tutti possono arricchire tranne i poveri” e “Le braghe del padrone“, entrambi trasportati sul grande schermo grazie al mattatore Enrico Montesano. Quelli di Vaime erano format che lasciavo libera la capacità di giudizio e non portavano al livellamento culturale in atto da circa 40 anni nel mondo della telecomunicazione italiana. I suoi testi sapevano tenere sveglio il senso critico in ognuno di noi e farci sentire più intelligenti dopo aver ascoltato un aforisma da lui composto.
(Valentino Saccà)








