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Home Cultura

La trasgressione benefica

Redazione by Redazione
9 Febbraio 2021
in Cultura, Archivio notizie
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di Mirabilia Orvieto

La trasgressione benefica

“…la fece alzare prendendola per mano” (Marco 1, 31)

John Bridges, La guarigione della suocera di Pietro

Con il capitolo 1 del vangelo di Marco termine la missione di Gesù a Cafarnao. Dopo essere entrato nella sinagoga, teatro della violenta contestazione da parte di un sostenitore degli scribi, il maestro si recò nella casa di Simone e Andrea dove la suocera di Pietro giaceva a letto con la febbre… e “subito gli parlarono di lei”. Invece di discutere di quanto era appena accaduto, di come la gente fosse rimasta stupita dall’autorevolezza del suo insegnamento, tutta l’attenzione di Cristo si rivolge alla donna malata. In quel tempo la vita delle donne non aveva alcun valore, al pari della vita di un servo; per di più si trattava di una persona malata che per la Legge di Mosè era considerata impura. A peggiorare la situazione, il fatto che tutto stava accadendo di sabato, giorno in cui agli ebrei era proibito svolgere qualsiasi lavoro, compreso quello di far visita o curare gli ammalati.

Cristo però non mostra esitazione: “Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva”. Decide così di oltrepassare la legge mettendo al centro la vita di quella donna. Il miracolo della guarigione era la conseguenza del gesto umano di Gesù che ebbe il potere di risollevarla, di risorgerla spiritualmente e materialmente. Trasgredire la legge che vietava di toccare le persone impure significava rompere con la visione di un’umanità considerata indegna di fronte al Santo d’Israele.

Chi infatti si avvicinava ad un peccatore o ad un malato sarebbe stato anche lui contaminato nell’anima e nello spirito! Ma l’energia d’amore sprigionata dalla persona Gesù restituì in quel momento la salute alla donna malata, la quale rispose immediatamente mettendosi a servire chi quella vita gliel’aveva risanata.

D’ora in poi il problema della fede non sarebbe più stato quello di portare gli uomini a Dio dopo averli purificati dalle loro colpe e indegnità, ma di portare Dio a tutti gli uomini, qualunque fosse la loro condizione esistenziale, e per fare questo il vangelo indica la via maestra, quella di raggiungere le persone attraverso la tenerezza e la forza di una nuova umanità, la stessa che la suocera di Pietro aveva finalmente veduto, toccato, sperimentato.

Nella mano tesa di Gesù si era infatti materializzata tutta la ‘vicinanza’ di un Dio che si accosta ad ogni essere umano al di là di ogni merito: era questa la dottrina impensabile che non aveva bisogno di essere spiegata o interpretata perché tutti potevano comprenderla. E poco dopo “venuta la sera” in molti “gli portarono tutti i malati e gli indemoniati”.

Non basta. L’intero racconto di Marco sul soggiorno di Gesù a Cafarnao si distingue per il continuo susseguirsi del verbo ‘uscire’. C’è infatti lo spirito impuro che esce dal pio ebreo della sinagoga; c’è Cristo che esce dalla sinagoga per recarsi dalla suocera di Pietro; c’è la gente che esce dalle proprie case per portare i malati da Gesù; c’è Gesù che esce dalla città alle prime luci dell’alba per recarsi in luogo deserto a pregare; e infine c’è il discepolo Simone che esce alla ricerca di Cristo perché vorrebbe riportarlo a Cafarnao.

Insomma tutti ‘escono’ in qualche modo dalla loro situazione di partenza in cerca di una meta, il Regno di Dio, che tuttavia non sarà raggiunto se prima non si diventerà capaci di chinarsi ad aiutare anche uno solo di quelli che, lungo la via, aspettano con ansia di essere visitati e sanati.

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