di Stefano Moretti
L’era istituzionale prossima ventura sara’ caratterizzata da un premier di altissimo profilo e potrebbe per tanto essere foriera di importanti novita’ anche in materia di credito e riforma bancaria , stante il vissuto professionale di Draghi .iE’ noto che l’Italia si rappresenta come un sistema caratterizzato dalla rilevantissima presenza della piccola impresa che costituisce primario propulsore dell’economia territoriale.
Si tratta di un diffuso articolato microaziendale che presenta caratteristiche assai diverse a quello che ordinariamente si intende per impresa, ovvero attivita’ economica professionalmente organizzata al fine della produzione e scambio di beni e servizi, cui troppo sbrigativamente e genericamente si attribuisce medesimo nomen juris quando, al contrario, sarebbe piu’ opportuno definirlo quale sistema di unita’ economiche di base volte prevalentemente rivolto all’auto e piccola occupazione e caratterizzato da esigenze e preoccupazioni preminentemente sociali e non invece da strategie di mero profitto. La stessa Commissione Europea , con la raccomandazione 2003/361/CE , recepita nel 2005 dal legislatore italiano con DM 18.4. 2005, individua la categoria dimensionale nella quale rubricare la piccola impresa in quella del non superamento dei parametri seguenti ovvero un totale dell’attivo di euro 175.000,00, ricavi per euro 350.000,00, media annua dipendenti occupati n 5 e che non emetta titoli sui mercati regolamentati.
Il perimetro cosi’ fissato ricomprende gran parte dell’impresa umbra, confermandone il carattere economico primario di sussistenza e non di solo lucro. Se la premessa cosi’ esposta dovesse condividersi, ne discenderebbe necessariamente l’esigenza di una differenziazione degli strumenti finanziari di supporto e delle relative politiche di credito allineate e differenziate , non apparendo idonei i mezzi finora approntati, sostanzialmente costituiti da piccoli interventi parzialmente garantiti. Occorerebbe pensare invece ad una banca diversa perche’ diverso l’approccio aziendale, delle procedure e delle modalita’ di intervento e valutazione.
Limitando l’analisi all’ambito regionale, caratterizzato da una rete bancaria a carattere globalizzante, immaginare un ruolo piu’ profilato al territorio come sopra indicato per consentire il ricorso ex art 117 Costituzione del legislatore regionale in materia di Casse di Risparmio ed aziende di credito a carattere regionale, aprendo a piu’ incisive e performanti strategie del credito territoriale mirato alla piccola impresa ed alle sue esigenze particolari, fuori e svincolato dalle esasperazioni restrittive delle politiche interne bancarie in tema di concessione di finanziamenti essenziali alla vita produttiva di queste attivita’, fuori ed oltre i dettami ordinari del TUB pensati e costruiti per l’impresa ordinaria.
La sofferta vicenda della Banca popolare di Bari, dominus della CRO, istituto quest’ultimo riconducibile al legislatore regionale, appare oggi aperta a nuove e migliori architetture e potrebbe risolversi utilmente qualora l’istituto umbro fosse consentito con copertura legislativa adeguata a maggiore autonomia giuridica ed operativa finalizzata in via esclusiva all’effettiva costruzione di una banca di territorio, tale non solo nel nome ma nella capacita’ di individuare e gestire azioni concrete di supporto agile alla piccola impresa locale, in logica glocal, cioe’ nel rispetto dei dettami e delle regole bancarie generali ma caratterizzata d autonomia e peculiarieta’ d’intervento a sostegno dei microsistemi economici regionali.
La Cassa di Risparmio di Orvieto si pone come soggetto in grado formalmente e sostanzialmente di valutare un percorso cosi’ tracciato ma occorerebbe , per iniziarlo, ampia partecipazione al confronto con i protagonisti istituzionali, economi e sindacali dell’Umbria per non risolversi in meri enunciati di territorialita’ e prossimita’, nei fatti e nel concreto insistenti, sterili argomenti giustificativi del clamans di cambiare tutto per non cambiare niente.