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Home Cultura

Il Monte del Cambiamento

Redazione by Redazione
2 Marzo 2021
in Cultura, Secondarie, Archivio notizie
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di Mirabilia Orvieto

Il Monte del Cambiamento

Raffaello Sanzio, La trasfigurazione del Tabor

Marco 9,2-10: la Trasfigurazione. Questo è il Vangelo della seconda settimana di quaresima.

Il misterioso avvenimento appare più comprensibile se si guarda a quanto era accaduto poco prima: un contrasto profondo di Pietro con Gesù che profetizza la sua morte. Ebbene, il discepolo non accetta quella parola, non accetta che il maestro debba passare per la grande esperienza del male e dell’odio. La prospettiva che la vita del Messia finisca velocemente nel nulla lo terrorizza, e Satana proprio questo desidera.

Ma sul Tabor, il monte dove Gesù conduce tre dei suoi discepoli, la voce del Padre squarcia il cielo e dice il suo amore straordinario per questo Figlio dell’uomo e Figlio di Dio: “Questi è il Figlio mio prediletto”, l’amato, e in lui Dio pone la sua benevolenza, il suo amore, il suo cuore. Esattamente la dichiarazione inversa detta da Satana a Gesù nel deserto. Come accade per ogni uomo, anche Cristo si trova sempre in mezzo al male e al bene, all’odio e a un grande amore, in mezzo a un’ombra che vorrebbe coprirlo, annullarlo, e ad una luce che vuole porlo invece al centro dell’esistenza.

Pietro, Giacomo e Giovanni nel Getsemani

Come tutti gli uomini, egli ha dovuto ‘barcamenarsi’ ma come Figlio di Dio ha agevolmente camminato in mezzo alla duplicità dell’esistenza. Infatti quando gli eventi della vita si scontrano con gli uomini e gli uomini con essi, è facile rimanere tramortiti, senza una risposta, convincendosi che tutto quello che si è creduto fino a quel momento sia stato solo una chimera. Nell’orto del Getzemani, Cristo fu assalito da un’angoscia profonda: “La mia anima è turbata fino alla morte”. In quel momento si stava domandando se quello che aveva fatto aveva un senso o se anche lui, come gran parte dell’umanità, era destinato ad attraversare il mondo senza incidere minimamente e senza che qualcuno si ricordi nemmeno del suo passaggio. All’apparente fallimento una voce dal cielo lo riconferma: “L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!”.

Così da una situazione di smarrimento, di non ritorno, Gesù torna glorificato perché ormai il Dio vivo è entrato nel dolore, nell’angoscia, nella sofferenza di ogni uomo. E’ proprio questo che il Figlio di Dio cerca di far comprendere sul Tabor a Pietro, soprannominato ‘testa dura’, e a Giacomo e Giovanni, chiamati ‘figli del tuono’, la cui ottusità e impetuosità impediva di cogliere ciò che solo i sensi dello spirito possono finalmente vedere e contemplare.

Pietro, Giacomo e Giovanni sul Monte Tabor

Con la trasfigurazione Cristo sta dicendo che qualsiasi cosa accadrà nella sua e nella loro vita, Dio sarà sempre il Dio ‘con noi’ che non abbandonerà lui e non abbandonerà loro. C’è tuttavia una condizione. Infatti Mosè ed Elia, apparsi accanto a Gesù mentre dialogano con lui, ad un certo punto della visione scompaiono perché è Cristo che d’ora in poi va ascoltato e cioè il Nuovo Testamento, non più il Vecchio, o meglio Mosè ed Elia vanno ascoltati attraverso Cristo. La realtà acquista allora una nuova forma, cioè si trasfigura, va oltre se stessa, si illumina ed è questo che i tre discepoli vedono nella persona di Gesù e nella sua parola: “Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo!”

Questa parola – dice Marco – va ascoltata nella sua profondità, dalla Genesi all’Apocalisse, e chi l’ascolta con intensità acquista una luminosità interiore che lo trasfigura, che lo trasforma con tutte le sue angosce, le sue fatiche, i suoi peccati, le sue ombre. Poco prima il Figlio dell’uomo stava nel deserto con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano, così ora i discepoli stanno con le loro preoccupazioni e smarrimenti e Gesù trasfigurato li serve.

Ecco il mistero del Tabor che è il segreto di quelli che sono sempre in ‘connesione’ con la parola di Dio e che la portano nel cuore perché la sentono un pezzo di loro e per questo la loro vita diventa, ogni giorno, un po’ più luminosa. Avere fede non significa fermarsi alla descrizione della vita, cioè sapere chi siamo e dove orientare l’esistenza; se si è credenti profondi, alla descrizione della nostra vita succede la maturazione e poi la trasformazione, il mutamento, il cambiamento per essere anche noi con Gesù dei risorti.

E se non si vede questa luminosità, questa trans-figurazione nei nostri volti, come possiamo convincere il mondo?

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