BASCHI – La storia di Lino Arcangeli è un sasso lanciato nello stagno della paura, un raggio di sole che buca le fitte nubi di questo tempo infame. Classe 1928, novantatre anni il prossimo aprile, ha battuto il Covid dopo un mese e mezzo di lotta senza quartiere con il virus, comprese tre settimane di degenza ospedaliera a Terni.
Nell’era del cinismo senza quartiere nei confronti degli anziani, il cui destino secondo qualche mente sopraffina avrebbe dovuto essere barattato in cambio di una maggiore libertà di movimento per i più giovani e di qualche punto di PIL, Lino rappresenta la roccia che resiste alle intemperie, lo scoglio che fa argine ai tumulti delle tempeste.
“Non è stato per niente facile, ci sono stati tanti momenti di sofferenza”, accenna con un filo di voce, seduto sul divano della casa del figlio a Civitella. Racconta con parole soppesate il suo “incontro” con il Covid alla fine di novembre e i suoi giorni in ospedale, la febbre sopraggiunta all’improvviso, il tampone, giorni di ansia e preoccupazione fino al ricovero nel capoluogo a metà dicembre. Fortunatamente le sue condizioni sono state sempre soddisfacenti, nei limiti della malattia che l’aveva aggredito, senza complicazioni che ne richiedessero il ricovero in terapia intensiva. Non sono stati giorni facili, come ricorda lui e la lontananza prolungata dalla sua casa e dai suoi affetti si è fatta sentire. Pur debilitato dalla convalescenza che non sarà breve, Lino Arcangeli conserva una lucidità invidiabile, mista ad un pizzico di fatalismo, innato in coloro che nella propria vita hanno passato momenti anche peggiori di questo. Vedovo dal 2017, tre figli e svariati nipoti, la vita non gli ha risparmiato quasi nulla: nato a Massa Martana, si è traferito prima a Todi per poi raggiungere uno zio sacerdote, parroco a Civitella, nel lontano 1958.
“Da allora gli Arcangeli si sono stabiliti a Civitella e sono cresciuti tanto”, dice accennando un sorriso. Gli anni della guerra, le fatiche di chi ha lavorato la terra tutta una vita, qualche problema di salute in passato, Lino ha conosciuto gioie, poche, e fatiche, tante, figlio di un’epoca che mieteva vittime ma forgiava nell’acciaio chi sopravviveva. A rischio di cadere nella retorica, la sua battaglia vittoriosa contro il virus è anche un messaggio di resilienza e di resistenza, di speranza e di serenità, occhi spalancati nel buio fitto di una notte che sembra lungi dal terminare, occhi alla ricerca spasmodica del primo chiarore che precede l’inevitabile alba di un tempo nuovo. Abitava da solo Lino prima del Covid e tornerà ad abitare per conto suo non appena si sarà ristabilito: “Non vedo l’ora, voglio tornare a casa mia appena possibile”.
I suoi occhi vispi sembra non vedano l’ora di tornare ad ammirare quel panorama unico che dalla sua casa, proprio a ridosso della bella terrazza di Civitella, si apre verso il lago di Corbara e le colline intorno, uno spettacolo naturale che è la miglior medicina per il corpo e per lo spirito. (Gabriele Marcheggiani)
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