MONTECCHIO – “Dovresti vedere com’è Berlino d’inverno, giornate fredde e cielo grigio praticamente sempre”. La telefonata tra l’Umbria e la capitale tedesca non poteva non iniziare parlando del meteo, vista la stagione particolarmente fredda e ricca di precipitazione anche a queste latitudini. Dall’altro capo del telefono e d’Europa c’è Alessandro Ricci, 33 anni ancora da compiere e montecchiese doc, giornalista freelance che lavora a Berlino da qualche tempo con collaborazioni di prestigio tra cui il TG di Sky ed altre testate europee.
Alessandro, tanto per capirci, era a bordo dell’aereo che ha riportato a Mosca Aleksej Navalnyj, l’oppositore russo vittima qualche mese fa di un avvelenamento il cui mandante, secondo le dicerie occidentali, sarebbe stato niente meno che Vladimir Putin, il suo acerrimo nemico. “Ero due file dietro di lui”, ha scritto sul suo profilo facebook, raccontando anche le vicende seguite dopo l’atterraggio a Mosca, l’arresto di Navalnyj da parte della polizia russa che non è stata tenera con la stampa al seguito, tanto che il rientro a Berlino è avvenuto passando nientemeno che per Istanbul.
Alessandro ha seguito Navalnyj assieme ad altri giornalisti, finlandesi, norvegesi, tedeschi e americani, confezionando un servizio esclusivo per l’Italia. Non è stata la prima volta che Ricci si è trovato al centro della cronaca europea e mondiale. “La sera del referendum sulla Brexit ero a Londra per seguire i risultati e mi sono trovato incredibilmente al centro di quella cronaca visto che fui invitato ad un party dei brexiter, i promotori della consultazione per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, facendo anche la conoscenza di Nigel Farage, forse l’uomo simbolo di quella vicenda”.
Con una dimestichezza quasi da veterano dell’informazione e una competenza non comuni, Alessandro ha maturato la sua esperienza sul campo fin da quando ha deciso che questo lavoro, quello di giornalista, sarebbe stato la sua strada. Non in Italia però. Barcellona, Londra, Berlino, Parigi sono state solo alcune delle tappe della sua formazione fatta sul campo, nel cuore del complesso contesto internazionale, europeo in particolare. L’attualità drammatica legata al Covid gli permette di avere una visione ampia della più grave crisi planetaria dalla fine del secondo conflitto mondiale, riuscendo ad uscire dal tipico provincialismo italico concentrato sempre solo sul proprio ombelico. “In Italia non esiste l’informazione internazionale, tolta qualche rivista specializzata, la nostra stampa è concentrata su quel che accade da noi, soprattutto si scrive di politica senza che ci sia uno sguardo verso l’esterno, verso i grandi scenari mondiali, le trasformazioni in atto che ci coinvolgono ma di cui non conosciamo quasi nulla”. Niente di nuovo sotto il sole verrebbe da dire, in un Paese che ha dapprima idolatrato la globalizzazione senza capirne le dinamiche, per poi pagarne a caro prezzo le conseguenze economiche, sociali ed occupazionali.
“La classe politica italiana vista da fuori non esiste, non è all’altezza dei tempi”, prosegue nel suo ragionamento. “Qui in Germania si è alla fine di un’epoca, visto che entro fine anno Angela Merkel lascerà la Cancelleria: è un momento cruciale non solo per i tedeschi ma per tutta l’Europa, che andrà seguito con attenzione: insieme ad altri colleghi abbiamo ideato una newsletter che abbiamo chiamato Derrick, come il famoso commissario, per raccontare, anzi indagare dall’interno questo ricambio politico che sarà stampato sui libri di storia (https://derricknewsletter.substack.com)”.
Sulla gestione della pandemia però Ricci rivela che l’Italia vista da fuori non è affatto quel paese pasticcione e inaffidabile, termini nei quali gli italiani stessi sono i primi a riconoscersi: “In Germania la situazione è grave e sono stati costretti a prendere delle misure pesanti, più pesanti che in Italia ora. Questo anche perché all’inizio si è tentennato e sottovalutato il fenomeno ma quando i morti sono arrivati a toccare anche la cifra di 1200 in un giorno, i tedeschi hanno capito che occorreva stringere i cordoni. Su questo l’Italia è stata migliore, se si pensa che dopo quasi un anno di pandemia, in Germania l’obbligo di indossare la mascherina è arrivato solo qualche giorno fa!”, dice. E sui ristori e le indennizzazioni tedesche di cui in Italia si favoleggia?
“Lasciamo stare, finora solo l’8% delle imprese in Germania ha ricevuto qualcosa e se si fa bene il calcolo di cosa contengono questi indennizzi, si vede che le cifre non sono molto distanti da quelle contenute nei ristori”, conclude. Una cronaca sempre puntuale e un’analisi approfondita, frutto del lavoro sul campo, nei luoghi dove si decide il destino di un continente e si disegnano gli scenari futuri dell’Europa. Quell’Europa che Alessandro, radici e cuore saldi a Montecchio, ha deciso fosse il suo campo da gioco, lo spazio vitale dove saziare la sua grande curiosità. Tipica del personaggio che non ama prendersi troppo sul serio, la risposta su cosa voglia fare da grande: “Eh, questo ancora non lo so”. (Gabriele Marcheggiani)