ORVIETO – Definito dai più “il pittore di Orvieto”, Livio Orazio Valentini è stato in realtà un artista mobile, che ha riscontrato maggior successo fuori dalla sua città natale (anche in America), quindi è davvero riduttivo questo suo soprannome anche se egli ha sempre cercato di fare di Orvieto un centro artistico-culturale, dove reinterpretare e rileggere in chiave moderna l’arte del passato.
Pittore, scultore, ceramista, la sua attività artistica inizia nel 1945, dopo aver vissuto l’orrore del campo di concentramento di Buchenwald. Inizialmente pittore figurativo, subisce l’attrazione dell’Informale che rielabora con stilemi personali ed originali, dando vita a quello che alcuni critici hanno definito “Informale orvietano“.
La sua poetica non è stata indifferente a tematiche sociali e civili da cui sono scaturite opere come il Crocefisso (1962) in legno-ferro-ceramica e il grande dipinto L’Eccidio di Camorena.
Si avvicinò presto alle avanguardie futuriste degli anni 60 e il suo stile puntava a partire dall’arte del passato come matrice per poi poter sviluppare una poetica personale, poetica che si espresse in modo molto forte tra gli anni 70 e 80 con un lavoro di revisione del passato sia sulla cattedrale di Orvieto che sulle opere de Signorelli, le quali li ricordavano Piero della Francesca, uno dei suoi pittori preferiti.
Il suo lavoro si basava sulla valorizzazione di materiali legati alla produzione Umbra come la ceramica, proprio con la volontà di rilanciare artisticamente la sua città, che purtroppo non gli diede mai il credito meritato. In età già avanzata realizzò un’installazione in Piazza della Pace la quale sollevò all’epoca numerose polemiche e che lo fecero soffrire molto, perchè per lui rappresentava proprio un tutt’uno tra la sua
arte e Orvieto. Nonostante l’età seguì tutte le fasi di realizzazione dell’opera e fece costruire appositamente un forno per cuocere i pezzi poi da assemblare.
Negli anni 80 Valentini si reca negli Stati Uniti su invito del Professor Alan G
raham dell’Università di Athens (Georgia). Il confronto con le estetiche americane sembra risentire la grande opera pubblica realizzata sempre alla fine del 1982 in piazza Cahen a Orvieto, il monumento al 3° Reggimento Granatieri.
Tra i suoi lavori più noti ricordiamo il grande ciclo pittorico sul “Finimondo di Signorelli”, esposto tra il marzo e il maggio del 1986 nel Chiostro di S. Giovanni a Orvieto, come apertura delle celebrazioni per il VII Centenario della Cattedrale.
Quest’anno ricorre il centenario di Livio Orazio Valentini, occasione importante per omaggiarlo ricordando la sua opera e ri-scoprire la sua poetica. Per l’occasione l’Associazione a lui dedicata, gestita dalla figlia Silvia Valentini, si propone di realizzare il progetto Livio Orazio Valentini 100.
Le manifestazioni del Centenario, che prevedevano conferenze, giornate di studio e eventi, coinvolgendo le scuole e gli enti culturali del territorio e della regione, non si sono potute svolgere a causa dell’emergenza pandemica e di oggettive problematiche organizzative e pertanto necessitano di una rimodulazione. L’Associazione Livio Orazio Valentini, insieme agli altri enti promotori come Gal del Trasimeno-Orvietano e Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, intende in primo luogo mantenere salvo il lavoro fin qui svolto e soprattutto il supporto di enti, istituzioni, collezionisti ed amici che si sono adoperati in questi mesi difficili per la realizzazione degli eventi collegati al centenario della nascita dell’Artista.
Proprio nella giornata di martedì 29 dicembre è stata presentata in streaming da Guido Barlozzetti la monografia sull’artista: “Livio Orazio Valentini100. Opere 1945-2004: figurativo-informale-post-quaternario” (264 pagine con l’illustrazione a colori di circa 200 opere, fra dipinti, sculture, ceramiche, disegni e opere seriali). Il volume, firmato da Massimo Duranti e Andrea Baffoni, i critici che cureranno tutte le manifestazioni previste, contiene contributi critici anche di Alessandro Bosi, Alessandra Cannistrà, Jeremy N. Culler, Antonio Carlo Ponti ed Enrico Sciamanna, oltre ad ampi apparati biobibliografici. Progetto grafico e immagine coordinata sono dello studio Fabbri, la stampa a cura delle Grafiche Diemme di Bastia Umbra.
(Valentino Saccà)