di Francesca Mara Tosolini Santelli
Stamattina (martedì 3 novembre, ndr) sono andata a fare le analisi per la gravidanza. È la terza volta che vado e, due volte su tre, ho incappato in problemi tecnici del sistema di prenotazione. Ma andiamo per ordine.
Arrivo al centro prelievi della stazione, al Borgo, e trovo già diverse persone in fila, con il numeretto in mano. Mi avvicino alla porta aspettando che qualcuno si faccia vedere per dire che devo fare le analisi e sono incinta, quindi posso passare senza rimanere in attesa.
Arriva sulla soglia della porta il vigilantes di turno e io, chiedendo scusa (perché immagino che giornate debbano essere queste per chi lavora al pubblico), mi presento e chiedo di poter entrare: mi porge un numeretto ma io gli spiego che non devo fare la coda per il mio stato, lui mi dà comunque in mano il numeretto e mi dice di aspettare lì, con fare scocciato e indisponente, tanto che una signora che è fuori, vicina a me, fa notare che io sarei dovuta entrare e siccome tocca a lei subito dopo questa scenetta, è lei che avvisa l’infermiera che fa il triage che fuori c’è una donna incinta.
Nel frattempo, cresce il nervosismo sul pianerottolo di attesa, capisco che c’è qualche problema dalle facce e dai commenti delle persone. Il vigilantes di turno non aiuta, perché non dà alcuna informazione chiara e, soprattutto, non ha un atteggiamento ben disposto.
Decido di entrare comunque, mi faccio vedere dall’infermiera del triage e lei inizia a farmi le domande e a compilare il modulo, prima di prendermi la temperatura. A questo punto mi fanno entrare nella sala di attesa, dove ci sono solo sette sedie, distanziate tra loro e dove è necessario rimanere al proprio posto per evitare assembramenti. Peccato che prima, fuori dal pianerottolo, la gente sia una vicina all’altra, perché non c’è spazio sufficiente per stare a distanza di sicurezza.
Tra l’altro, non si sa bene nemmeno che fare all’arrivo, visto che il numeretto te lo dà il vigilantes se ti vede arrivare o se ti fai notare, perché c’è letteralmente un rotolo di numeri cartacei, come quelli per i banconi dei supermercati, per intenderci, che però è dentro, sopra la scrivania dell’infermiera del triage. Un eliminacode messo fuori dalla porta potrebbe essere utile, per dire.
Comunque, se riesci a passare il primo livello, sei dentro. A meno che le sette sedie non siano tutte occupate. In questo caso, dopo aver fatto il triage, ritorni fuori sul pianerottolo, in attesa che ti chiamino nuovamente, però quando rientri non lo rifai il triage, perché l’hai già fatto. Ma nel frattempo sei comunque tornato in mezzo a tutte le persone, vicine vicine, che sono in attesa. Comunque, io sono dentro. Faccio notare, ancora una volta, al vigilantes che io non ho il numero, perché incinta. Lui mi risponde “ce l’hai il numero, ce l’hai…”, e mi dà indicazione della sedia sulla quale sedere senza dirmi cosa devo fare.
Visto che aspetto e non accade nulla, nessuno mi chiama, chiedo alle altre persone sedute con me nella stanza, che mi spiegano che oggi molte delle prenotazioni effettuate nelle farmacie non riescono ad essere accolte dal sistema informatico, pertanto non è possibile stampare le etichette e quindi, se non si riesce a risolvere il problema, visto che il sistema è molto rigido, chi non riesce a fare le analisi oggi, giornata assegnata dalla prenotazione, deve effettuarne una nuova e perde anche i soldi del pagamento.
Perché, come ci spiega l’addetto al CUP, non conviene pagare prima, perché il sistema informatico ha subito un irrigidimento dopo il Covid, pertanto nel caso in cui si verifichino problemi non è più possibile fare rimborsi…ma anche se paghi la mattina stessa eh, prima di fare le analisi e poco prima che si verifichi il guasto. Geniale.
Chiedo, in questo caso, quando sarebbe possibile rifare le analisi e il primo giorno disponibile è il 9 novembre: peccato che io il 10 ho la visita di controllo e, come me, anche altre persone avevano diverse visite specialistiche, per le quali è necessario avere il risultato delle analisi. Ma che vuoi farci, non si può fare niente, perché il sistema è bloccato. Nel frattempo, le infermiere, che cercano di essere cordiali e gentili, continuano a provare a passare i codici delle ricette nel sistema, ma niente.
Perché è necessario aspettare il tecnico che cerchi di capire cosa sia successo: solo che, per un servizio che inizia alle 7,30, il tecnico è disponibile solo dalle 8,30. È ovvio no? Se ci sono problemi, come stamattina, chi li può risolvere inizia a rispondere al telefono (così ci hanno detto), solo un’ora dopo di quando inizia il servizio che ha problemi.
Nel momento in cui alcuni di noi cercano di spiegare che non è molto logico che chi non ha potuto fare le analisi per problemi non legati alla volontà individuale, ma per problemi legati al sistema, avrebbe diritto a farli almeno il giorno seguente, per non perdere quantomeno le prenotazioni delle visite per cui erano necessarie le analisi di oggi, ci viene risposto che, anche in questo caso, il sistema non può essere modificato.
Allora io mi chiedo: ma siamo macchine o siamo esseri umani? Il sistema non sarà modificabile, ma avete a che fare con delle persone, che hanno delle esigenze, magari c’è anche chi vive situazioni di disagio…capisco il contesto e le difficoltà, ma non c’è, purtroppo o per fortuna, solo il Covid.
Non può essere giustificato tutto con l’emergenza, perché se un sistema vacilla o, come nel caso di oggi, si blocca, solo per problemi tecnici, era già emergenza prima, senza un’aggravante drammatica come quella di una pandemia. E viene da chiedersi, anche: ma se non riusciamo a gestire un problema tecnico per delle analisi del sangue, come facciamo a contrastare una pandemia mondiale?
Passiamo poi alla questione vigilantes. Non parlo della categoria, per carità, non mi permetto. Parlo di persone. In un luogo come quello che può essere un ambulatorio sanitario, dove passano molti individui con problematiche tra le più svariate, soprattutto in un momento storico come quello attuale, dove siamo tutti più nervosi e impauriti…ma vogliamo metterci personale con qualche competenza nella relazione umana? È chiedere troppo? Un po’ di pazienza e educazione…un minimo di empatia. Saper parlare con le persone, accoglierle. I luoghi non sono tutti uguali e bisognerebbe tenerne conto.
Io, alla fine, le analisi le ho fatte, perché non so come il codice della mia prenotazione è passato. Ma ci saranno molte persone che oggi non hanno potuto, visto che il problema, come ci hanno detto, riguardava anche l’ospedale e via Postierla, e che magari hanno perso i soldi e la possibilità di vedere accolto un loro diritto, quello alla salute.