di Franco Raimondo Barbabella
Mario Torelli è una di quelle persone che passano lasciando il loro segno. Lo ha lasciato nella mente di molti di diverse generazioni. Lo ha lasciato in molti luoghi. Lo ha lasciato nel suo settore di studi, l’archeologia. Lo ha lasciato nell’università, nella cultura italiana e in quella internazionale.
Mario Torelli è stato un grande studioso, un grande uomo capace di proiettare lo sguardo in vasti orizzonti, per me un autentico amico. È stato soprattutto un grande amico di Orvieto, di quelli che danno senza nemmeno pensare di dover ricevere qualcosa.
Ci conoscemmo negli anni ottanta nel periodo in cui prendeva forma il Progetto Orvieto. Eravamo, io, Adriano e altri, agli inizi della nostra elaborazione, con l’entusiasmo di quei tempi e di quegli anni, e cercavamo il confronto con chi per competenza, sensibilità e visione, poteva aiutarci a definire una strategia di governo capace di tradurre in atti il potenziale di sviluppo di quell’unicum che è il complesso centro storico-rupe-territorio. Trovammo in Mario Torelli uno dei punti di appoggio culturalmente più solidi, seri e intelligenti.
Avevamo fatto già un percorso. Io in particolare mi ero occupato attivamente della Variante al PRG Satolli-Benevolo, che introduceva nella vicenda urbanistica orvietana novità rilevanti, ma soprattutto indicava nell’approccio globale centro storico-territorio il metodo principe per un passaggio duraturo dalla gestione della sopravvivenza al coraggio della politica progettuale fondata sulle risorse culturali e ambientali.
Nel quadro di questa impostazione venne naturale per Mario suggerire di inserire nella progettualità complessiva (quella che avevamo deciso di chiamare “Progetto Orvieto”) l’idea di Parco Archeologico Ambientale comprendente le pendici della rupe (anche oltre quella che la Variante Satolli-Benevolo aveva classificato come Zona A). Veniva così di nuovo ripresa l’idea di necropoli anulare di Mario Bizzarri e trasformata in risorsa progettuale di straordinaria potenzialità.
Mario trovava in quell’idea di un unicum storico-ambientale che si riprogetta per proiettarsi nella modernità conservando ed esaltando le sue caratteristiche di bene culturale vivo e produttivo, uno straordinario esempio di valore internazionale. Immaginava la creazione di un consorzio interuniversitario internazionale per la progettazione e la gestione di esso con campagne di scavo pluriennali, con camminamenti, strutture di accoglienza e documentazione.
Il Fanum Voltumnae andava individuato (e fu posto il problema anche in pratica) ma non era l’unica preoccupazione. Si trattava di un progetto complessivo di valorizzazione, un’occasione da trasformare in modello di intervento corretto e produttivo. L’elemento distintivo era quell’unicum rupe-pendici. Lo documentammo anche con una specifica pubblicazione. Peccato che poi tutto questo sia stato dimenticato e che il Parco si sia ridotto ad una stentata gestione delle necropoli esistenti e dei camminamenti faticosamente realizzati allora in funzione del controllo e della manutenzione del masso. Fu un suo cruccio costante.
Peccato che di Mario Torelli ci si sia ricordati solo per invitarlo a quell’incontro in ricordo del caro Adriano Casasole condotto con l’esclusione mia e di Giancarlo Baffo, cosa che Mario notò e non mancò poi di dircelo, ribadendo anche la sua ferma condanna per una politica che aveva messo da parte una progettualità così ricca di futuro. Dopo qualche tempo di notizie indirette avevamo ripreso i contatti tre anni fa. Ci eravamo rivisti a Perugia, con il piacere dei vecchi amici che finalmente si riabbracciano, in occasione di un incontro organizzato dal Prof. Antonio Sgamellotti, al quale va la mia imperitura gratitudine per aver reso possibile quell’abbraccio.
Avevamo allora stabilito di organizzare insieme un convegno ad Orvieto per riprendere e rilanciare quell’idea di Parco come risorsa di valore internazionale non si capisce perché messa da parte (o magari si capisce in una città come questa). Non abbiamo fatto in tempo. In suo nome sarebbe bello e utile dedicarci la giusta attenzione e riscoprire una grande idea, una di quelle che sono davvero il futuro per una realtà ricca di storia e di attrattività ambientale come la nostra.Ciao carissimo Mario, io per quanto è nelle mie possibilità mi batterò perché la città ti manifesti in morte la gratitudine che non è stata in grado di darti in vita.