E’ indirizzata ai parlamentari umbri la la lettera aperta a firma del presidente della Camera di Commercio di Terni, Giuseppe Flamini sulla riforma delle Camere di Commercio. Di seguito il testo della missiva:
Gentilissimo/a,
a distanza di diversi giorni dalla pubblicazione della notizia che la Corte Costituzionale non ha trovato vizi nella legge di riordino delle Camere di Commercio devo osservare, con amarezza e preoccupazione, che nessuno ha ancora fatto mente locale e che, se non si interviene rapidamente, il territorio rischia di perdere un altro ente di fondamentale importanza.
La vicenda è nota: nel 2015, con la legge Madia, fu lanciata una proposta che prevedeva tra l’altro la fusione delle Camere di Commercio di Perugia e Terni. Visto il peso specifico dei territori (numero di imprese e, ovviamente, abitanti), da questa manovra la nostra provincia rischierebbe di avere pochissimi rappresentanti nel consiglio e nella giunta della nuova Camera.
L’avvio di tale processo di riordino è avvenuto in un momento in cui si pensava ad una nuova geografia amministrativa del Paese, ma i tempi sono cambiati. Oggi, al di fuori di ogni logica, una Camera unica Perugia-Terni si dovrebbe confrontare con due Province, due Prefetture, due Tribunali.
Occorre anche comprendere quale sarebbe l’effettivo vantaggio di una fusione, considerato che alcune previsioni del riordino e le norme precedenti e successive di contenimento della spesa hanno già enormemente ridotto i costi dell’Ente. Al di là di quanto viene decantato a livello nazionale o locale da qualche Presidente camerale, gli accorpamenti realizzati ad oggi non funzionano, né politicamente né organizzativamente.
Sei anni dopo questa decisione, un territorio afflitto da crisi insormontabili potrebbe subire anche questo; l’esito dell’aggregazione fra territori dimensionalmente e socio-economicamente diversi è facilmente immaginabile: per Terni si tratterebbe di andare in minoranza schiacciante senza voce in capitolo, senza poter incidere in nulla sul piano economico, promozionale, operativo.
La sede principale sarebbe a Perugia e a Terni rimarrebbe una sede operativa con un ruolo assolutamente marginale. Dopo Banca d’Italia, Arpa, Provveditorato, Inail, l’elenco degli enti persi o accorpati con realtà più grandi si allungherebbe.
La pronuncia della Corte Costituzionale è obiettivamente è un duro colpo ma la partita non è chiusa, perché comunque è pendente il ricorso al Tar del Lazio che si pronuncerà nei prossimi mesi; il tempo per intervenire ci sarebbe. Servirebbe un’azione forte, coesa di tutta la provincia, nella consapevolezza che perdere la Camera di Commercio significherebbe perdere un ultimo presidio di autonomia delle imprese e delle realtà associative del territorio.
Io credo che non vi sia adeguata consapevolezza: eppure, anche nell’emergenza Covid, le aziende sanno bene cosa ha significato avere un supporto concreto di un ente camerale vicino a loro per sostenerle. Credo che tu per primo, come nostro rappresentante in parlamento, dovresti prendere coscienza che – a meno di colpi di scena – il rischio di perdere anche la Camera di Commercio è enorme e fare pressione perché questa riforma venga fermata o venga cambiata. Quello che chiediamo a te ed alla politica è di proporre una modifica del testo vigente che renda “volontari” e “non obbligatori” gli accorpamenti, superando il numero massimo di 60 Camere, indicato con immotivato senso nella legge Madia. Grazie dell’ascolto e dell’aiuto che potrai darci.
Il presidente
Giuseppe Flamini