di Mirabilia Orvieto
“Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare” (Matteo 13,1). Inizia così il vangelo di domenica. Vedendo che molta gente si era radunata attorno a lui, il Maestro salì su una barca per proclamare la parabola delle parabole. Annunciare qualcosa è come salpare su una nave per attraversare il mare e approdare altrove. Dove? Su un campo di grano. Gesù racconta di un uomo che sparge sulla terra molto seme.
Egli non bada a spese, non ha paura di sprecare, non si chiede se e quanto raccoglierà. La gente aveva lasciato le proprie faccende quotidiane e si era avvicinata a lui con delle domande che volevano subito delle risposte. Ma al discorso di Cristo tutti rimangono perplessi. Il seme, la strada, i rovi, gli uccelli, i sassi… cosa vuol dire? Nel vangelo le parabole sono come delle fiabe, racconti apparentemente semplici ma che hanno bisogno di essere ascoltati con attenzione e compresi.
Il seminatore
L’uomo esce dunque a seminare; una parte del seme cade sulla strada dove arrivano gli uccelli e se la mangiano; un’altra sul terreno sassoso, ma la pianta che nasce non ha radici profonde e quindi si secca ai raggi del sole; un’altra parte riesce a crescere, ma dopo un po’ viene soffocata dai rovi. Infine una parte del seme cade sul terreno buono e dà molto frutto, così abbondante da ricompensare l’uomo per tutta la sua fatica. Qual’è dunque il significato della parabola?
Il seminatore è Dio, il seme è la parola del vangelo, il terreno è il cuore degli uomini. La prima cosa importante è il significato del seme: esso racchiude un’energia che si sviluppa dovunque e comunque! Anche quello che cade sulla strada non è andato sprecato perché nutre gli uccelli del cielo. La forza del seme è la stessa energia sprigionata della parola di Cristo, una parola di ‘senso’ che dà benessere, progresso, salute, vita. A differenza delle parole di cui gli uomini si servono per comunicare o intrattenere, la parola del Regno, così la chiama il Vangelo, ha la capacità di penetrare il cuore e riempirlo. Ovviamente la potenzialità del seme da sola non basta, perché la sua produttività dipende dal tipo di terreno che lo accoglie.
La semina, Van Gogh
Infatti, nel caso del seme sulla strada, la parola non viene accolta perché non viene compresa, non viene fatta propria, cioè non attecchisce e quindi si perde subito; altre volte è accolta con gioia, ma si secca immediatamente sotto il sole cocente delle difficoltà e delle preoccupazioni della vita; altre volte invece la parola è accolta e mette radici nel cuore dell’uomo, ma l’attaccamento alle ricchezze e sicurezze della vita sono come dei rovi che la soffocano. Infine c’è la parola che trova posto nel cuore di quegli uomini che la accolgono e la comprendono, e sono questi il buon terreno. Questo seme è la risposta al loro desiderio infinito di vita e di felicità! Esso ha infatti la capacità di produrre qualcosa di veramente grande, di straordinario, e per farlo capire l’evangelista usa delle misure: “Colui che ascolta la parola e la comprende dà frutto e produce il cento, sessanta e trenta per uno”.
Che significa? Tutti sapevano che da un singolo chicco di grano poteva nascere una spiga di sette, otto grani e, solo eccezionalmente, di trenta. Ebbene la forza di questo seme è così potente che può produrre spighe enormi, fuori misura… di trenta, sessanta o addirittura di cento grani. In pratica quando il terreno del cuore è quello giusto, la parola creatrice sprigiona tutta la sua potenzialità in una maniera che l’uomo non può neanche immaginare.
Campo di grano, Van Gogh
Essere o diventare buon terreno significa imparare a capire il mistero di Dio, il suo linguaggio, i suoi significati, le sue immagini, le sue parole, altrimenti “Viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore”. La Parola di Dio, secondo il linguaggio ebraico, punta a quella facoltà che è insieme fisica, psichica e spirituale, e che risiede proprio nel cuore dell’uomo!
In un ascoltatore distratto o ‘smemorato’ il seme della Parola non ha tempo e spazio di mettere radici, cioè di raggiungere le dimensioni più profonde dell’anima. Per essere feconda la parola del Regno deve invece entrare dall’orecchio e giungere al cuore, passando per l’intelligenza ma senza arrestarsi in essa. Qui il seme rischia di venire sopraffatto dalle spine della ragione che può trarre in inganno tutti, sia coloro che cedono al fascino della conoscenza intellettuale sia quelli che, al contrario, ne sono irretiti perché credono che tutto quello che viene dalla conoscenza è quasi sempre un peccato e che il demonio si annida nella mente dell’uomo.
La fede non nasce né dalla presunzione dei ragionamenti teologici, né dalla sciocca convinzione che per credere non serve capire nulla, ma dall’intelligenza del cuore che è la capacità interiore di penetrare, comprendere e portare questa Parola alla destinazione che le è propria, cioè ‘farla fruttificare’ nella vita degli uomini.
Il problema non sta dunque nello sforzo di produrre il frutto (quanti libri di teologia andrebbero in tal senso buttati via!), ma nel preparare con cura e sapienza il proprio terreno. Ogni cosa è chiamata a fare il suo mestiere… il seme fa il seme e il terreno fa il terreno. Solo così la Parola produce cibo e vita in abbondanza, perché viene “ascoltata” e “custodita” in un cuore “buono e perfetto” (Luca 8,15).
Il cristianesimo non spinge l’uomo a preoccuparsi di cosa deve fare fuori di sé, nella religiosa osservanza di leggi e precetti, ma a guardarsi dentro. Ma la folla, che aveva udito queste cose, non riusciva a comprendere e, rimanendo seduta sulla riva del lago, non salì sulla barca con Lui per attraversare il mare.
Il mietitore, Van Gogh