di Pasquale Di Paola
Sport preferito dal popolo italiano in questi ultimi tempi è dibattere sulla riapertura delle scuole a settembre. Unica regione ad aver approntato regole certe per l’avvio del prossimo Anno Scolastico è il Veneto, che ha messo nero su bianco alcune semplici regole, ispirate a quelle dei Paesi del Nord e Centro Europa per garantire la sicurezza di alunni e personale della scuola.
Ingressi scaglionati a gruppetti di alunni e varchi monitorati all’ingresso e all’uscita delle lezioni; l’obbligo di indossare la mascherina fino all’arrivo al banco e negli spostamenti, ma non durante le lezioni; due metri quadri di spazio tra i banchi come distanziamento; distanza dall’insegnante di almeno due metri; ricreazione in loco, per evitare assembramenti; trasporti con mascherina per evitare l’alternanza dei posti a sedere.
Nel resto del Belpaese ciascuno dice la sua, tutti si interrogano sull’argomento, in riferimento a costi, tempi e soluzioni da approntare per permettere una apertura quasi normale delle scuole. Nei vari paesi europei gli istituti scolatici hanno già adottato regole precise per far rispettare l’obbligo del distanziamento e le classi sono state riorganizzate con orari ed entrate flessibili, utilizzando anche spazi alternativi o all’aperto e organizzando le attività in piccoli gruppi di alunni. Nei Paesi europei mediamente ogni classe è stata divisa in gruppi di massimo dieci alunni, e laddove non sono stati trovati i locali necessari sono stati dimezzati gli orari scolastici per permettere i doppi turni, garantendo cosi una didattica in presenza.
Da noi, invece, il pensiero dominante è ricorrere all’uso del metro o studiare fantasiose e kafkiane disposizioni dei banchi per permettere una riapertura delle scuole con classi con gli stessi numeri di alunni della scuola pre-Covid. Cercando di salvaguardare il vecchio status quo delle classi e dei docenti, quasi che il Covid-19 non fosse esistito o non esista più, perdendo di vista l’unico vero punto focale: come organizzarsi per garantire realmente una didattica in sicurezza a tutti i frequentanti della scuola, alunni, docenti e personale Ata.
Eppure il nostro Paese è quello in Europa con la classe docente piu anziana: oltre metà dei docenti del Belpaese è over cinquanta; e quasi il 20% è over 60, fascia al primo posto nei gusti prediletti dal Covid-19. Quindi, statistica alla mano, il corpo docente nostrano è quello più a rischio rispetto agli altri Paesi. Ciò dovrebbe spingere a una maggiore cautela e a una più attenta analisi di rischi e misure preventive. Invece nel Belpaese l’attività principale è diventata l’uso del metro o la spasmodica ricerca di improponibili disposizioni dei banchi.
Chi parla di un metro di distanza tra i singoli banchi, chi di un metro di distanza tra ogni testa o ogni gomito. Chi afferma di poter mettere venti alunni in classe perché l’aula è alta cinque o sei metri, e quindi si elaborano pirandelliani calcoli, calcolatrice alla mano, tra metri cubi di quell aula e numero alunni da potervi inserire. Quasi che ogni alunno, una volta in classe, miracolosamente possa poi sopraelevarsi sui compagni con la sua sedia magica. Tutti sfuggono o provano a sfuggire la effettiva, cruda realtà. Che questo terribile virus, dalle conseguenze nefaste non del tutto conosciute, ancora c’è,e ci farà compagnia anche a settembre.
E l’allarme e la convivenza con il Covid saranno molto più complicati da gestire con l’arrivo dell’autunno e con gli immancabili periodici virus influenzali d annata. Nessuno ha coscienza che per garantire sicurezza e reale prevenzione non serve il metro ma massimo rispetto della distanza sociale e massima pulizia quotidiana degli ambienti e degli oggetti e, essenzialmente, servono alla scuola nuovi spazi e nuove visioni di gruppo classe. E serve personale Ata, tanto personale Ata, per pulire e sanificare gli ambienti e gli spazi.
Personale Ata che gli sciagurati tagli degli ultimi decenni hanno ridotto all’osso, e di questa visione miope e sciagurata a settembre la scuola ne pagherà le conseguenze. E, al netto delle tante, inutili chiacchere e improvvisate soluzioni, serviranno, come in tutti gli altri Paesi europei che già da marzo si sono mossi con massicci investimenti in tal senso, anche tanti, tantissimi docenti in più. Da noi si sta facendo fatica anche a rimpiazzare i molti docenti uscenti,andati in pensione in massa approfittando della opportunità offerta dalla apprezzata “quota cento”.
Insomma più che impazzire nell’uso del metro o della calcolatrice per recuperare una manciata di spazio nelle classi, alla scuola italiana servono soldi, tanti soldi, per gestire i gruppi di alunni a numero ridotto che inevitabilmette si dovranno formare nel prossimo Anno Scolastico. E permettere così al personale e alunni di vivere in tranquillità e sicurezza. Ma tutti sfuggono queste valutazioni, sprecando tempo ed energie nell’inseguire ossessivamente metri, disposizione dei banchi e centimetri. E settembre, velocemente, si avvicina…