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Home Eventi

Il ricordo della Fidapa di Elena Lucrezia Cornaro

Redazione 2 by Redazione 2
23 Giugno 2020
in Eventi, Cultura, Archivio notizie
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ORVIETO – FIDAPA BPW Italy è una associazione di donne per le donne, o meglio ancora, per tutti coloro che credono profondamente nella parità di genere e che sia doveroso “promuovere, coordinare e sostenere” le Donne che lavorano nel campo delle Arti, delle Professioni e degli Affari.
La storia di FIDAPA è lunga, da quando Lena Madesin Phillips diede vita nel 1930 al primo nucleo di questa Federazione; da quel momento le fidapine non hanno mai smesso di interessarsi al tema dall’affermazione femminile nel mondo del lavoro e della cultura, un mondo fortemente connotato da una perseverante presenza maschile che ha dominato i vertici dell’imprenditoria, della politica e dell’economia, perfino nell’uso del lessico applicato a questi ambiti, fino a pochi anni fa, tutti rigorosamente al maschile (la battaglia per introdurre “Ministra” o “Sindaca” è molto recente).
Pertanto fanno parte del dna della FIDAPA temi come la parità economica con gli uomini, l’affermazione del ruolo della donna, la rivendicazione delle libertà fondamentali. In considerazione di questo lungo e rilevante percorso, fatto di numerose, pacifiche ma determinanti lotte di tante sorelle che, in nome di uno spirito di “sorellanza”, si sono adoperate affinché le donne potessero liberamente seguire le proprie inclinazioni e interessi, scegliere gli studi (anche quelli tradizionalmente riservati agli uomini), o più semplicemente rivendicare il diritto all’istruzione femminile (ancora oggi in alcuni luoghi negato), la FIDAPA BPW Italy vuole rilanciare una straordinaria figura femminile, quella di Elena Lucrezia Cornaro, un personaggio che ha un insolito primato, quello di essere stata la prima donna al mondo ad aver conseguito il dottorato in filosofia nel 1678.
La storia di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, nota anche più semplicemente come Elena Lucrezia Corner è molto significativa e sebbene per i suoi contemporanei la visione illuminata del padre, che caparbiamente volle per la figlia una istruzione superiore, non venne seguita come esempio (infatti sarebbero passati altri 54 anni prima di vedere un’altra donna raggiungere l’ambìto traguardo della laurea) oggi questa figura di intellettuale deve uscire dalla polvere delle biblioteche e dalla nebbia della memoria storica, affinché possa realizzarsi ciò che alla sua epoca non accadde, ossia la piena affermazione del diritto allo studio delle donne.
Aveva 32 anni Elena, quando ottenne la laura in filosofia, dopo un travagliato percorso e dure lotte combattute contro atavici pregiudizi.
Animata da un vivo sentimento religioso a 19 anni prese i voti come oblata benedettina, studiò le lingue classiche, la filosofia e la teologia, ma non riuscì a laurearsi in teologia per il secco rifiuto da parte del cardinale Gregorio Barbarigo, cancelliere dello Studio di Padova, per il quale era inconcepibile che una donna potesse conseguire questo risultato. Elena fu costretta a ripiegare verso la filosofia conseguendo la laurea il 25 giugno 1678.
È interessante ripercorrere brevemente questa vicenda. Quando il padre Giovan Battista intuì le precoci doti intellettuali di Elena, le affiancò i migliori precettori. Oltre al latino, al greco, studiò l’ebraico e lo spagnolo, fu accolta nell’Accademia dei Ricoverati di Padova, degli Infecondi di Roma, degli Intronati di Siena. La sua fama travalicò le Alpi ottenendo riconoscimenti e plausi dal mondo accademico europeo.
Dopo una disputa filosofica in greco e latino, Giovan Battista chiese ai dottori dello Studio di Padova il riconoscimento della laurea in teologia, suscitando la riprovazione del cardinale Barbarigo, il quale considerò “ridicola” una simile richiesta. Giovan Battista ed Elena non si arresero e nel 1678 giunse il prestigioso riconoscimento: la laurea presso il Collegio dei Medici e dei Filosofi dello Studio di Padova, sebbene impossibilitata, in quanto donna, all’esercizio dell’insegnamento.
La sua profonda vocazione religiosa si ritrova nelle sue opere, molte sono andate perdute per volontà della stessa Cornaro che, prima di morire, dispose che i suoi scritti venissero distrutti. Della sua produzione rimangono discorsi di argomento morale e religioso e alcune poesie, impietosamente bollate da Benedetto Croce come “letteratura ascetica e rimeria spirituale di nullo o scarsissimo valore”. Non è opportuno né rilevante entrare nel merito della questione, perché l’interesse per la Cornaro va ben oltre la mera disquisizione di critica letteraria, in quanto è la vicenda umana ad essere emblematica, nella dura lotta per l’affermazione del diritto allo studio, nel suo peregrinare prima di essere accolta nell’ateneo padovano e nelle scrupolose inquisitorie indagini a cui fu sottoposta.
Considerata più un fenomeno da esibire che una vera intellettuale, non si trovò mai nella condizione di competere alla pari con gli uomini. La sua erudizione venne costantemente messa in discussione e lei, in quanto donna, fu sempre accolta con diffidenza e costretta a dimostrare le proprie capacità. Questa continua sensazione di vivere sotto la lente d’ingrandimento, le frequenti dissertazioni e la consapevolezza di essere apprezzata non per il reale valore, ma per la semplice apparenza, quel suo essere donna che nel diciassettesimo secolo pesava come un macigno, la costrinse in un continuo stato di tensione psicologica.
Lo studio matto e disperatissimo (per dirla come Leopardi), la sua fragile costituzione, le pratiche ascetiche a cui si sottoponeva per alimentare la sua fede, minarono il suo fisico fino alla morte che sopraggiunse nel 1684 a soli 38 anni, giovane vittima, genio precoce sacrificata sull’altare dei pregiudizi e del maschilismo imperante dell’epoca. Virginia Woolf nel suo “Una stanza tutta per sé” ripercorre il faticoso rapporto tra le donne e la cultura. Immaginando la triste vicenda della brillante quanto sfortunata “sorella di Shakespeare”, la Woolf ritrae con occhi disincantati la titanica lotta intrapresa dalle donne per affrancarsi dai pregiudizi di genere, lotta impari destinata inevitabilmente alla sconfitta. Anche alla Cornaro come alla fantomatica sorella di Shakespeare, i preconcetti e i luoghi comuni sulle donne hanno negato uno spazio, “una stanza tutta per sé”, dove esprimersi in totale libertà, e vivere pienamente le proprie ambizioni artistiche.
È emblematica la richiesta che Elena fece in punto di morte di bruciare i suoi manoscritti. È l’espressione di un disagio, la stigmatizzazione per una eccezionalità vissuta con difficoltà e imbarazzo, tanto da pretendere che fosse cancellata dal “fuoco purificatore”. Quante eccellenze si sono perdute solo perché nate in epoche sbagliate e in corpi sbagliati? Non c’è risposta a questa domanda, possiamo solamente ricordare quelle creature che, in virtù della loro condizione femminile, hanno pagato un prezzo altissimo, sacrificate in nome delle superstiziose preclusioni di epoche in cui la mentalità maschile era dominante.
Da qui nasce l’iniziativa di FIDAPA di ricordare Elena Lucrezia Corner, fragile quanto geniale intellettuale che lottò duramente per dimostrare le proprie attitudini. Il 25 giugno vogliamo richiamare alla memoria quel prodigioso ingresso nello Studio padovano di questa donna, un piccolo passo che all’epoca non produsse frutti, ma che oggi può essere un monito per tutte le donne, un invito alla perseveranza e alla tenacia, a non lasciarsi mai condizionare dalla ottusa protervia di alcuni individui. FIDAPA propone che il 25 giugno diventi “Il giorno di Elena Cornaro”, pioniera del diritto di tutte le Donne all’Istruzione Accademica.

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