di Carlo Mazzoni
Non eri un cognato.
Eri un fratello.
Da più di 40 anni.
Sei sempre stato presente nella mia vita,
nella quotidianità, nei momenti felici e in quelli difficili che tutte le vite prevedono.
E tu ci sei sempre stato.
Ci eravamo sentiti per telefono pochi giorni fa,
quando finalmente dopo tanto, troppo tempo,
ho potuto parlare con te.
Ti sei emozionato, dopo il lungo isolamento, a sentire la mia voce.
Ma poi abbiamo parlato bene e a lungo.
Di tutto. In breve ma di tutto.
Poi ho saputo da Paola che hai dato il voto 10 alla mia telefonata, forse perché ho saputo toccare i tasti giusti.
Ne sono stato felice perchè tante volte, con le parole ma anche con i silenzi e i gesti, sei stato tu a toccare i tasti giusti con me. Consigliando quando c’era da consigliare…e tacendo quando c’era da tacere.
Ma te ne sei andato all’improvviso, proprio quando ti preparavi a tornare alla vita.
“Sarà una rinascita” ti ho detto.
“Ne parleremo presto”. Mi hai risposto.
Non è andata così.
E Orvieto perde molto.
Non solo un grande psichiatra.
Ma un uomo da sempre impegnato nel sociale e a suo tempo anche nella politica, ma solo quella con la P maiuscola, quella che non distinguevi dal sociale.
Sì, la politica l’hai vissuta molto tempo fa direttamente, poi seguendola sempre con passione, anche se ripetevi sempre che dopo Berlinguer, Pertini e Moro ormai esisteva solo il vuoto cosmico.
Amavi Orvieto della Cultura e della solidarietà,
eri orgogliosamente amico dell’ex Vescovo Scanavino che rimpiangevi e ogni tanto andavi a trovare.
Ma soprattutto hai sempre vissuto la tua professione come un’arma preziosa per aiutare gli ultimi.
E ti facevi venire idee in continuazione per inventarti cose nuove per Orvieto, spesso scontrandoti con burocrazie e ostilità, ma vivendole sempre con passione e anche come un arricchimento per te stesso.
Amavi la curiosità.
Più studiavi e più sentivi che c’era molto da approfondire.
Eri un laico con una spiritualità immensa.
Dopo Orvieto, amavi Assisi, in quanto culla della pace.
Sì, perchè tu eri PACIFISTA (“oggi sembra quasi essere un insulto” amaramente dicevi).
Ma eri pacifista di quelli veri.
Amavi la città di San Francesco.
E infatti Francesco hai chiamato tuo figlio.
E adesso non vedevi l’ora di guarire e tornare in tempo per andare a Bergamo a settembre al primo giorno di scuola del tuo nipotino.
Antonio, ci mancherai molto.
Ma forse continuerai a stare tra noi.
Anzi, devi farlo.
Per Paola, per Francesco.
Per tutti noi.
E a proposito della chiacchierata in sospeso promessa nell’ultima telefonata…è solo rimandata.
Quando sarà, ne avrò di cose da raccontarti.