di Gabriele Marcheggiani
ORVIETO – Dopo oltre due mesi dalla sera in cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, con un drammatco intervento in diretta TV, decise che tutta l’Italia sarebbe divenuta “zona rossa” con chiusura pressochè totale di ogni attività, questa mattina, lunedì 18 maggio, il Paese intero si avvia a entrare nel vivo della cosiddetta Fase 2. Chissà se un giorno ricorderemo questa data come la fine di un incubo che nel breve volgere di qualche settimana ha scaraventato lo Stivale in una dimensione dai tratti tragici, con un’emergenza mai vista a memoria d’uomo, per cui in molti hanno azzardato un paragone con i giorni bui della Seconda Guerra Mondiale; oppure chissà – Dio non voglia – se siamo ancora lontani dal poter cantare vittoria su questo morbo ancora sconosciuto che dal mercato di Wuahn si è diffuso in ogni angolo del pianeta.
Anche Orvieto è pronta a ripartire e già da qualche giorno la vita in città è sembrata tornare timidamente a ripopolare i vicoli del centro storico e delle frazioni. Fino a ieri sera, domenica 17 maggio, erano in molti i negozianti che stavano approntando i propri locali per renderli fruibili in base alle norme stringenti che sono state emanate da Roma e dalla regione Umbria: praticamente tutti gli esercizi commerciali e tutte le aziende potranno riaprire senza limitazioni se non quelle dettate dalle regole volte ad evitare assembramenti pericolosi, soprattutto in una città che ha pagato un pesante tributo al Covid-19.
Le incognite sul futuro restano tutte, nessuno sembra farsi illusioni che dal momento in cui le serrande verranno rialzate, la vità potrà ricominciare tale e uguale a prima, soprattutto per quanto riguarda gli incassi e il fatturato e di conseguenza il mantenimento dei posti di lavoro.
Chi è stato colpito particolarmente duro dal prolungato lockdown è stato il comparto delle estetiste e dei parrucchieri che fino a tre giorni fa non avevano ancora la certezza di poter riaprire il 18 maggio: anzi, al momento della comunicazione dell’avvio della fase 2, per loro era stata ventilata come probabile data di riapertura quella del 1 giugno, nella migliore delle ipotesi.
E’ proprio allora che Orvietosì aveva contattato due imprenditrici del settore per capire meglio quali fossero le loro criticità, espresse in maniera plateale con una lettera consegnata al sindaco Roberta Tardani e un flashmob di fronte al Comune. Erano giorni incerti, cupi, nei quali i drammatici dati della Protezione Civile scandivano le serate italiane con la triste conta dei morti e dei nuovi contagi; eppure, nonostante il momento, Michela Napoli, una giovane estetista di Ciconia, non dava spazio alla disperazione e forte del suo carattere caparbio dispensava un certo ottimismo: “Come istituto estetico sono pronta a riaprire anche domattina – disse – tutti i locali sono sanificati e questo avveniva già prima del virus. Per noi estetiste la pulizia e l’igiene sono sempre in testa ai doveri quotidiani, proprio per questo non capiamo per quale motivo una libreria possa riaprire prima di noi”.
Ora che le cose sono cambiate, con l’ultimo DPCM del 17 maggio che permette la riapertura anche di estetiste e parrucchieri, non viene meno quanto Michela disse, soprattutto il suo messaggio di speranza: “Io sono ottimista, sono ottimista e caparbia di natura e cerco di non abbattermi, il futuro non sarà rose e fiori, questo lo sappiamo tutti, ma sono convinta che qualcosa di buono questa esperienza ce la insegnerà, che piano piano riusciremo a cavarcela anche stavolta. Gli insegnamenti delle generazioni precedenti, quelle che hanno vissuto esperienze ben più drammatiche di questo virus, ci insegnano che alla fine la n otte finisce sempre e da qualche parte il sole tornerà a sorgere”.
In quei giorni carichi di angoscia, queste parole sembravano pura illusione ma Michela, con una voce chiara, squillante, trasmetteva ottimismo anche in chi l’ascoltava. Un po’ più preoccupata Angelica Rossi, titolare assieme alla madre di un’attività di coiffeur molto conosciuta a Ciconia: divenuta mamma da poco tempo, le sue parole lasciavano trasparire un crudo realismo ed un timore che le cose, contrariamente allo slogan scritto su migliaia di balconi italiani, non stessero andando proprio bene. “Devo essere sincera – disse – io non sono affatto tranquilla e per il futuro ho forti dubbi che si riuscirà ad uscire in breve tempo dalla crisi. La nostra attività è grande, abbiamo diverse dipendenti e anche diversi impegni presi per l’acquisto dei locali, se non ci daranno una mano, se la gente avrà timore a tornare dalla parrucchiera o ad acquistare beni non di primissima necessità, sono quasi certa che molte attività neanche ce la faranno a riaprire.
Per quanto mi riguarda potrei anche stare tranquilla, alla fine il mestiere ce l’ho e nel piccolo potrei riuscire tranquillamente a lavorare ma non ci dormo la notte se penso alle ragazze che lavorano con noi, al loro posto di lavoro che non si sa se potrà essere garantito in futuro”. Questa testimonianza è particolarmente toccante, Angelica sembra preoccuparsi più per il futuro delle persone che lavorano con lei che del proprio, una testimonianza che è segno di un certo modo di intendere l’impresa, tra responsabilità sociale e una profonda etica del lavoro.