di Massimo Gnagnarini
In maniera ricorrente e soprattutto in coincidenza con l’alternarsi delle forze politiche opposte alla guida della città, Orvieto viene percepita e raccontata come un luogo in lento scivolamento demografico ed economico. Il che è del tutto vero guardando ai dati statistici e ciò nonostante sia altrettanto vera, indubbia e immarcescibile la bellezza della nostra cittadina.
Lo spot televisivo promosso dalla Regione Umbria per rilanciare il turismo regionale , nel quale per una paio di secondi appare anche l’immagine di una vecchia cartolina del Duomo di Orvieto, è la conferma di questo nostro antico e straordinario patrimonio che da sempre abbiamo tradotto in un vantaggio competitivo conosciuto in buona parte dell’intero mondo ormai da secoli.
La stessa inerzia conservativa si muove sui social dove, ogni giorno, la bella Orvieto è celebrata con decine di foto di stendardi appesi, monumenti, suggestivi scorci di vicoli, architetture e bei tramonti.
Per contro ciò che resta di quello che fino a qualche anno fa era considerata l’opportunità culturale e operativa di certa “intellighenzia orvietana “ è dispersa e per lo più oscurata dal nuovo mantra nella ricerca del consenso ovvero dell’Uno vale Uno o dalle modalità d’interazione su fb nei nostri vari e rispettabili post su Sei di Orvieto se… , Love Orvieto, 50 Sfumature di Tufo, ecc…
C’è da chiedersi se questa partecipazione che si svolge per lo più in modalità spesso autoreferenziale possa effettivamente connettere il pensiero, o solo anche il semplice sentiment, popolare con le scelte e le azioni dei decisori cittadini. Personalmente credo di no. O almeno non più. Anzi il rischio che vedo è che i decisori stessi ne approfittino dando la priorità alla comunicazione politica piuttosto che all’azione politica e amministrativa.
Queste condizioni erano presenti prima, durante e dopo il lockdown che in questi mesi ha fermato la città e chiuso in casa gli orvietani, mentre l’epidemia con le sue conseguenze socioeconomiche rischia di diventare l’alibi perfetto per rimandare sine die ogni visione futura e ogni azione necessaria a rimuovere e comunque per contrastare questo amaro parallelismo civico che viviamo come orvietani tra la bellezza e il declino.
Ormai s’è capito, trascorso un anno, che non c’è nessun Progetto innovativo che, da sola, l’Amministrazione comunale sia in grado di mettere in campo e anche gli stimoli e le battaglie dell’opposizione, per quanto colte e raffinate siano quelle provenienti da alcune sue componenti, non appaiono sufficientemente coordinate e pervasive per indurre a un cambiamento.
Il cambiamento più importante non è l’opportunità offerta ai cittadini di sostituire o confermare un Sindaco ogni cinque anni ma è quello di saper raccogliere e gestire al meglio le risorse intellettuali e materiali disponibili adesso intorno a un più efficace modello partecipativo affinché si possa intravedere e far crescere la prospettiva di un nuovo sviluppo orvietano.