di Pasquale Di Paola
Nel nostro beneamato Paese è successo che la più vecchia classe docente d’Europa, che è all’ultimo posto per dimestichezza e comprensione di hardware e relativi software, dall’oggi al domani per decreto (pasticciato e dai tratti confusi e contrastanti) è stato imposto di operare attraverso la Didattica a distanza. Tra Id, password, account, giga, connettività e ulteriori, a volte incomprensibili, termini, i docenti sono stati proiettati in un mondo dove per la maggior parte di essi il linguaggio utilizzato è comprensibile tanto quanto l’ostrogoto.
La reazione e le conseguenze dall’inizio hanno comportato sgradevoli conseguenze per i docenti e per gli alunni: occhi arrosssti per le lunghe ore trascorse davanti al monitor, depressione, accessi di nausea, crisi di panico, senso di smarrimento, svilimento e un gran senso di frustazione, impotenza e nevrosi.
Nel nostro Paese la figura del docente e’inquadrata come colui/colei (le donne rappresentano l’83% dell’intero corpo docente) che lavora tre ore al giorno, pur percependo uno stipendio intero e sicuro, e che fruisce di tre mesi di vacanza all’anno con l’aggiunta di un mese a Natale e due settimane a Pasqua. Sempre per questa prevenuta larga parte di opinione pubblica adesso che siamo in presenza di istruzione con modalità Dad la “pacchia” per i docenti sarebbe aumentata visto che non occorre nemmeno fare la fatica di recarsi a lavoro ma si può insegnare comodamente da casa.
Trascurando l’aspetto che la scuola rappresenta la soluzione a costo zero e mai il problema, salvo poi rendersi conto che le malattie professionali che determinano l’inidoneità all’insegnamento sono psichiatriche nell’80% dei casi e nei Paesi UE, fanno registrare il più alto tasso di suicidio tra tutte le categorie professionali. I tempi facili delle baby-pensioni sono finiti nel 1992 ma nessuno sembra essersene accorto, come nessuno ha interamente valutato le conseguenze delle riforme previdenziali “al buio”, cioè senza aver considerato le condizioni di salute né le malattie professionali degli insegnanti.
La DAD è un cambiamento non voluto, bensì subito senza un minimo di formazione e, di conseguenza, non metabolizzato. L’insegnante deve mettersi in mostra,in vetrina. Esposto non solo agli occhi dei suoi alunni ma anche agli occhi dei genitori (gli stessi che sono infarciti di stereotipi sugli insegnanti) e costretto a rivisitare le lezioni preparando nuove diapositive, raddoppiando il proprio tempo da dedicare nella preparazione delle lezioni.
Per i docenti, inoltre, i giudizi dell’utenza non sono più diretti ma filtrati da anonimi monitor che filtrano le reazioni distorcendone la realtà. Cosa che renderà difficoltoso e complesso il processo di valutazione dello studente. A tutto ciò si somma l’inedita competitività coi colleghi ,visto che come in ogni categoria anche tra i docenti non mancano le aspiranti prime donne,che per mettersi in mostra ogni giorno si inventano la conoscenza di nuove piattaforme e di nuove tecniche di insegnamento a distanza.
Stendiamo un velo pietoso sulla carenza di hardware ,che coinvolge oltre un milione e mezzo di studenti, e da non sottovalutare le molte criticita’legate a connessioni non sempre stabili e performanti. Da tenere poi in considerazione,cosa che sovente viene trascurata, l’evidente questione riguardante la violazione della privacy, soprattutto se la casa dello studente è piccola e la famiglia è numerosa.
Il quadro già lacrimevole peggiora ulteriormente quando ci si trova davanti a casi di disabilità e di alunni con affiancati docenti di sostegno. Perché gli alunni diversamente abili per loro natura sono piu’sensibili e meno preparati a cambiamenti cosi traumatici. Insomma con la Dad stiamo assistendo a un’implosione della scuola, trattata come una Cenerentola, con risposte a questa emergenza sanitaria ricche di soluzioni asdolutamente non efficaci e pico produttive di cultura e reale formazione pedagocica. Stendiamo un altro velo pietoso sulle soluzioni che si prospettano per l’avvio del nuovo anno scolastico. Con classi divise a metà, a settimane alterne, metà classe in presenza e metà a casa a seguire passivamente le lezioni davanti al pc.
E con i genitori che si pongono il problema non di quanto sia incisiva e valida una simile proposta didattica, ma di dove parcheggiare i propri figli.