di Claudio Bizzarri
Via Garibaldi, tratto di strada del centro storico non troppo lunga ma di certo frequentatissima … in lontananza una sagoma familiare, che non puoi non notare, non foss’altro per l’eleganza discreta e la mole imponente: l’”Avvocato”, era questo il mio epiteto mentre, lui, di risposta e col sorriso a mezz’aria, rispondeva “ecco il nostro archeologo”. Lasciando oggi vagare un po’ il cervello due sono le cose che mi hanno colpito profondamente del nostro rapporto da “strada”: la sua capacità di farmi sentire, alla mia età, un ragazzino, col quale andare a braccetto per qualche metro e discutere della sua città, sotto quella campana che solo lui sapeva creare e all’interno della quale solo lui poteva accoglierti, un privilegio.
Mentre la seconda cosa è che, proprio attraverso questa sottile finestra che lui poteva aprire o chiudere, mi ha concesso di andare indietro nel tempo, di “usare” i suoi ricordi per quello che ora è un sito archeologico in via Ripa Medici, ai più noto (ahimè) col nome di piramidi etrusche. In quei locali ipogei, nella prima metà del novecento, era attivo il mobilificio Venturi, attività di falegnameria nella quale un piccolo spazio nascosto era destinato proprio al giovane Valeriano ed ai suoi studi. Me ne aveva fatto una dettagliata descrizione e non era stato difficile trovare il terzo livello di questo straordinario complesso, nel quale lui si rifugiava a studiare e dove, ancor oggi grazie alla cura degli attuali proprietari, esistono scampoli della storia del mobilificio.
Valeriano aveva espresso più di una volta il desiderio di visitare la grotta, vuoi per la sua passione per la storia di Orvieto e vuoi per quella curiosità di rivedere luoghi a lui così intimamente concatenati. Per una serie di cose indipendenti dalla nostra volontà non riuscimmo mai a coronare questo sogno, e comunque oggi credo che in lui ci fosse un misto di desiderio e di tormento, come se le sue aspettative potessero andare in qualche modo deluse.
I ricordi qualche volta giocano brutti scherzi, deformando la realtà del vissuto. Dire che quella sagoma riconoscibile a prima vista ci mancherà è tautologico e forse falso, in quanto se Orvieto ha avuto una serie di personaggi la cui presenza ha assunto caratteristiche di genius loci, di certo Valeriano c’è: come disse Servio, infatti, nullus locus sine Genio …… ma di questo sarebbe stato bello discuterne proprio con Valeriano.