Oltre che per la sua aggressività questo virus è spietato anche nel modo in cui strappa alla vita molte persone. Non toglie solo l’aria ma anche la possibilità di salutare per l’ultima volta i propri cari. Niente mani che si stringono nell’ultimo saluto, nessun abbraccio, nessuna promessa. Ai tempi del Coronavirus si muore da soli, in ospedale, in camere super sigillate alle quali solo i sanitari hanno accesso. E non importa essere anziani o giovani, credenti o meno.
Si abbandona questa vita in assoluta solitudine. Lo sanno bene i saitari, i medici gli infermieri che ogni giorno lottano contro questo killer invisibile cercando anche di non far sentire soli quelli che purtroppo, poi, molto spesso, ne rimangono vittime consapevoli.
“Faccio il rianimatore da anni, ma ora è diverso. Stanotte mi sono avvicinato a un anziano. Gli avevamo messo il casco per la respirazione. Lui si guardava intorno spaurito. Mi sono chinato e lui ha sussurrato Ma allora è vero? Sono grave? Ho incrociato quel suo sguardo da cane bastonato e ho capito che stavolta non avevo risposte”. La dottoressa Francesca Cortellaro: “Sai qual è la sensazione più drammatica? Vedere i pazienti morire da soli, ascoltarli mentre t’implorano di salutare figli e nipotini. I pazienti Covid-19 entrano soli, nessun parente lì può assistere e quando stanno per andarsene lo intuiscono. Sono lucidi, non vanno in narcolessia. È come se stessero annegando, ma con tutto il tempo di capirlo.
L’ultimo è stato stanotte. Lei era una nonnina, voleva vedere la nipote. Ho tirato fuori il telefonino e gliel’ho chiamata in video. Si sono salutate. Poco dopo se n’è andata. Ormai ho un lungo elenco di video-chiamate. La chiamo lista dell’addio. Spero ci diano dei mini iPad, ne basterebbero tre o quattro, per non farli morire da soli. Ora, se ci riuscite, lamentatevi ancora che a stare in casa vi annoiate”. Questo messaggio, a firma di Ettore Ferrini, è stato mandato al negozio Euronics di Porte d’Orvieto. Una richiesta semplice ma grande, accorata, sentita. Una richiesta che i dipendenti del negozio non hanno ignorato, anzi.
Mai come in questa tragica occasione il loro lavoro può trasformarsi da pur razionale ed utile servizio, in indispensabile opportunità di solidarietà e condivisione umane. E allora Dana, Davide, Enrico, Giorgia, Giulio, Leonardo, Mauro, Niccolò, Silvia e Stefania hanno deciso tutti insieme di donare qualche ora di retribuzione del loro lavoro per regalare due tablet a chi non deve rimanere da solo. “Commossi da questo gesto, anche noi proprietari ci aggiungiamo alla loro generosità per raddoppiare il risultato” hanno detto Catia, Lorenzo e Fabrizio Cortoni. I 5 tablet verranno forniti alla Struttura Complessa di Medicina Generale e d’Urgenza del Presidio Ospedaliero “Santa Maria della Stella” di Orvieto.
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