Articolo di #LilliKnowsItBetter (alias Liliana Onori @cipensailcielo)
Tutto inizia con le morti di quattro adolescenti giapponesi avvenute tutte nello stesso momento, nella stessa città e per la stessa identica causa, e cioè un inspiegabile attacco cardiaco. Asakawa, lo zio di una di loro e giornalista del Daily News di Tokio, inizia ad indagare sui misteriosi dettagli di questi improvvisi decessi e le sue ricerche lo portano subito a scoprire che, una settimana prima, i quattro ragazzi erano stati insieme in un cottage fuori città e, una volta sul luogo, scopre anche che avevano visto una videocassetta le cui immagini, secondo una leggenda metropolitana, avrebbero avuto il potere di uccidere chi le guardava dopo soli sette giorni. Suggestionato dalle raccapriccianti ed enigmatiche scene del VHS, Asakawa non perde tempo e, con l’aiuto del suo riprovevole amico Ryuji, si mette subito alla ricerca degli indizi necessari per risalire al creatore della videocassetta e alla maledizione cui è legata. I due finiranno per disseppellire i segreti di una famiglia che dovevano restare nascosti ma che i poteri soprannaturali della giovane Sadako, barbaramente uccisa, hanno fatto conoscere imprimendo una storia maledetta sul nastro di una semplice videocassetta che deve essere divulgata da chiunque ne entri in possesso per far conoscere a quante più persone possibile la sua sorte e per potersi salvare così dalla sua maledizione. Asakawa scoprirà che alcune delle immagini presenti sul VHS erano state vissute personalmente dalla stessa Sadako, soprattutto quella principale, un anello di luce che altro non era se non l’apertura del pozzo in cui era stata gettata e in cui era rimasta in agonia per una intera settimana.
Ho acquistato il libro Ring, del giapponese Koji Suzuki, su suggerimento della mia amica Elisa che lo aveva letto e lo aveva trovato molto bello. Io avevo visto il film di Gore Verbinski appena uscito al cinema circa vent’anni fa e ne ero rimasta talmente entusiasta da riguardarlo tutte le volte che potevo (lo faccio ancora oggi, almeno un paio di volte l’anno), quindi mi aspettavo che il libro fosse all’altezza della pellicola, se non addirittura migliore come spesso capita, ma sono rimasta un po’ delusa, non solo perché la storia è differente in molti punti, ma perché proprio non è riuscito a tenermi incollata alle pagine come invece il film aveva fatto coi miei occhi sullo schermo.
Il film ha pressappoco la stessa trama solo che invece di uno zio ci sta una mamma e invece che in Giappone è ambientato a Seattle, in America. Certi elementi restano invariati come le morti misteriose, il cottage, la videocassetta maledetta, i malvagi poteri telepatici della bambina, Samara Morgan, il pozzo e l’anello di luce della sua via di uscita, da cui il titolo The Ring, appunto. Nonostante la delusione, devo dire che alcune frasi presenti nel libro mi hanno dato parecchio da pensare, una in particolare, con cui il protagonista dice che non tutto quello che succede ha sempre una spiegazione scientifica, ma che è comunque qualcosa di reale che va affrontato e trattato come tale, anche se non se ne comprendono le cause e gli effetti.
Queste parole mi hanno fatto tanto pensare, non so perché. Forse perché mi hanno fatto tornare in mente che non sempre ho saputo affrontare le cose che mi sono capitate nel modo giusto. Nel modo in cui meritavano, soprattutto. E allora ho pensato che certe volte alcune cose si sanno ma non le si capiscono, mentre altre volte non le si capiscono finché non ci si accorge di averle in realtà sempre inconsciamente sapute.
Ora, non so dire bene come da un racconto horror io sia arrivata a fare questi ragionamenti, eppure è andata così. Forse, è solo la situazione che mi ha portato a farli.
In queste settimane, come credo un po’ tutti, mi sono ritrovata spesso a pensare al passato e a fare i conti con me stessa. Ho provato un forte senso di nostalgia e di rimpianto per i posti che non ho visto, per le cose che non ho ancora fatto ma soprattutto per le parole che non ho mai detto. E mi è capitato di immaginare come sarei potuta essere oggi o come sarebbe stata la mia vita se invece avessi avuto il coraggio di dirle alcune di quelle parole. Purtroppo, o forse per fortuna, nessuno può sapere come sarebbero andate certe cose se le avessimo affrontate in modo diverso e il passato non torna mai indietro per farsi correggere, però questi giorni ci stanno dando l’opportunità di capire quali sono davvero le cose importanti e le persone che per noi contano sul serio, più di tutte le altre. Rifacendomi ad un recente meme, ho finto di essere di nuovo negli anni ’90 quando non esistevano wifi o giga illimitati ma solo cellulari con piani tariffari che includevano non più di 50 sms al mese, per cui non si poteva sprecarli ma inviarli soltanto a chi davvero si voleva dire qualcosa e devo ammettere che questo ricordo mi ha fatto rendere conto che oggi, a distanza di tanti anni, so senza dubbio alcuno a chi li avrei inviati.
♥Penso che tutti abbiamo qualcosa in sospeso, qualcosa che sentiamo di non aver portato a compimento. E anche qualcuno, in fondo, ci è rimasto in sospeso. Qualcuno a cui non abbiamo detto quello che provavamo, per paura, per orgoglio, per l’incertezza delle conseguenze. E tra tutte quelle parole ci sono i grazie che non abbiamo riconosciuto, le scuse che non abbiamo chiesto, i perdoni che non abbiamo concesso, tutte le spalle che abbiamo voltato quando ci veniva chiesto di restare, i silenzi di quando ci veniva chiesto di confidarci, gli abbracci che non abbiamo chiesto né restituito e l’amore non confessato, nemmeno quando ci veniva implorata anche solo una parola. Tutto questo adesso pesa come un cappotto bagnato.
Jim Morrison una volta ha scritto che avrebbe dato indietro tutti i suoi giorni per un unico ieri, e ammetto che mi è capitato spesso di pensare a questa frase, ultimamente. Soprattutto, ho pensato a quello che mi aspetterà una volta che tutto questo sarà finito. Questa distanza che ci sta tenendo lontano da tutti non durerà per sempre eppure mi ha dato la misura di molti sentimenti che provavo perché, come dicevo prima, a volte capita di saperle certe cose ma di capirle solo dopo, quando magari è tardi. Forse per alcune cose lo è e non potrò recuperare, ma magari per altre no. E allora chiederò scusa a chi ho ferito, perdonerò chi ormai ha pagato la sua colpa, confesserò l’amore quando sentirò di provarlo invece di fingere per paura che non sia così e non me ne andrò più quando mi verrà chiesto di restare. Soprattutto, abbraccerò fino a sentire male alle braccia quelle persone che mi sono accorta di amare, perché purtroppo me ne sono accorta solo adesso.
La canzone a cui più ho pensato di più in questi giorni è NOI NO, di Claudio Baglioni, per alcune strofe in particolare, che recitano all’incirca così: «Come sarà un giorno prendere la strada e andare via, incontro alla realtà, farsi travolgere da un vento di follia? Come sarà stringere le mani con tutta l’energia? Come sarà sputare il nocciolo con l’ingenuità di un cuore incredulo?». E allora me lo chiedo anche io… Come sarà non avere più paura ma dirsele e basta quelle parole? Voglio scoprire che cosa si prova a farsi travolgere da quel vento e sputare via il nocciolo che mi ha ammutolita finora.
Spesso si dice che un treno perso è soltanto una buona ragione per prenderne un altro, ma non so quanto sia vero, o almeno risolutivo e consolatorio, anche perché non ci saranno per sempre infiniti treni, né infiniti domani, non possiamo contare su questo tipo di eternità, quindi forse è arrivato il tempo di dircele certe cose, adesso che le sappiamo, adesso che le capiamo. Adesso che tutto è chiaro, limpido, e che quello che prima sembrava difficile o addirittura impossibile, ora non lo sembra più così tanto.
Il passato, in fondo, per un periodo di tempo è stato un futuro e se abbiamo sbagliato a lasciarci scappare le occasioni per essere felici, forse oggi dovremmo provare a recuperare o almeno a imparare dagli errori commessi, così che il passato di domani non sia più solo un treno perso per sempre.
Io credo fortemente che ci siano cose che, se destinate ad essere, resistono al tempo. E credo anche che tutto quello che c’è nel nostro cuore prima o poi ce la fa a trovare la sua strada per il destinatario che lo aspetta.
Quando tutto questo sarà finito e passato, io so da chi dovrò andare… So quello che dovrò dire…
#LillyKnowsItBetter è la rubrica ideata e curata da Liliana Onori, l’autrice di Come il sole di Mezzanotte, Ci pensa il cielo e Ritornare a casa (ed. LibroSì). In collaborazione con LibroSì Lab, Liliana ci racconta dal suo particolarissimo punto di vista di bibliotecaria e soprattutto di abile narratrice di storie, cosa ne pensa di libri, fiction, personaggi e molto altro. Seguila anche sul suo canale Instagram: @cipensailcielo