di Dante Freddi
Ieri il coronavirus mi ha portato via un amico, Emidio Carloni.
Emidio era un imprenditore importante per il nostro territorio, ma la sua ritrosia a esporsi e la totale dedizione al lavoro ne faceva quasi uno sconosciuto.
Ho incontato Emidio ne 1987 e da allora ho collaborato con lui ininterrottamente per venticinque anni. Ci davamo ancora del lei, anche quando ci abbracciavamo con affetto o mangiavamo insieme o camminavamo o andavamo a funghi.
Di Emidio voglio ricordare soprattutto un aspetto, quello che conoscevano profondamente le persone che gli sono state vicino e hanno lavorato con lui: era una persona intelligente e buona. Negli anni ottanta lessi un libro scientifico di cui ricordo il titolo, “La mente nella scienza”. Vi trovai, tra le altre, una definizione dell’intelligenza che mi colpì: l’intelligenza come capacità di elaborare le informazioni acquisite per procedere nell’analisi, nella determinazione delle azioni, nella realizzazione dei progetti. Più o meno. Considero Emidio Carloni la persona perfetta per attagliarsi a questa definizione.
Diciottenne partì da Monteleone e andò a Roma a imparare il mestiere di muratore. Dormì più di un anno in un sottoscale. Ma imparò il mestiere e capì che c’era un gran da fare in quegli anni cinquanta, dove le leggi Fanfani e la speranza spingevano strepitosamente il settore immobiliare. Mancava il materiale, soprattutto in zone emarginate come la nostra. Cominciò allora a commerciate articoli edilizi.
Partiva con un’auto e poi con un camioncino e andava nel distretto di Sassuolo ad acquistare quello che trovava. La notte del viaggio la passava in auto tra mattonelle e rubinetti sui monti dell’Aretino. Andava alla Fiera di Milano e conosceva gente, ma soprattutto acquisiva informazioni per capire dove andava il mondo nel settore che aveva scelto. Si portava dietro pagnottella da casa e dormiva in qualche pensioncina.
Si stavano costruendo allora case popolari ovunque e venivano dotate in cucina di sottolavelli. Gli venne l’idea di costruirli in lamiera e avviò questa attività. Ma era difficile industrializzare il processo e quindi passò al legno e in pochi anni ne fabbricò migliaia sotto il marchio Mobilcentro. Era diventata un’azienda che alla fiera di Milano ci andava come espositore. Parallelamente si ampliava l’attività commerciale di Edilsanitari Carloni, quella che tutti conoscono, anche se ormai non più preminente. Negli anni ottanta l’attività di produzione dei sottolavelli trovò una forte concorrenza e i margini si assottigliavano. Guardandosi intorno scoprì uno spazio incontaminato in cui si poteva inserire adeguando sistema produttivo, materiali, operai. Gli alberghi e le comunità in Italia non avevano il bagno in camera e quindi lui offrì pacchetti di bagni prefabbricati e un sistema idraulico che ne consentiva l’inserimento anche lontano dallo scarico. Fu un successo, che si ampliò con nuove materie e con il progetto di restauro alberghiero attraverso un bagno prefabbricato e materiali preziosi. Negli alberghi era diventato obbligatorio, nei primi anni novanta, che una camera su venti venisse adeguata alla fruizione dei disabili. Emidio acquistava i prodotti per adeguare i bagni che installava e verificò che lì c’era un affare a cui poteva partecipare, perché quegli ausili li poteva fabbricare anche lui. E nacque il settore di bagno per disabili e poi bagno sicuro che ora trascina il successo di Ponte Giulio, con una Ponte Giulio anche in USA.
A fine Novanta il web diventava un ambiente da scoprire e Carloni, pur non avendo computer personale lo aveva capito e comunque voleva conoscere bene quanto si andava muovendo. Mi inviò due anni a un corso specifico della Bocconi e ne tornai con grande entusiasmo. Da quell’esperienza per me nacque orvietosi.it e il seme che lanciai in Ponte Giulio, in quell’ambiente prolifico e maturo, innescò il processo digitale di tutta l’azienda, dall’amministrazione alla gestione commerciale alla comunicazione. Emidio sapeva che bisognava farlo, non voleva entrare e non sapeva, ma era convinto che il figlio Enrico e un gruppo efficiente di collaboratori poteva guidare verso l’innovazione.
Aveva visto lungo, aveva letto al realtà con l’occhio entusiasta e vivace di chi cerca e ha sempre trovato una strada per alimentare la sua azienda e le centinaia di famiglie che in questi anni hanno lavorato con lui.
Grazie Emidio, amico mio, persona intelligente e buona. Ti voglio bene. [suggeriti]