Quasi tre miliardi. A tanto ammonta la perdita subita fino ad oggi dalle imprese umbre soggette a sospensione, che in quasi due mesi di emergenza da Covid-19 si stima abbiano dovuto rinunciare a circa l’8% del fatturato annuo. A rivelarlo è un’indagine che Cna Umbria ha commissionato al centro studi Sintesi, dalla quale emerge un quadro drammatico.
“Il fatturato annuo delle imprese umbre si attesta intorno ai 35 miliardi di euro – afferma il direttore di Cna Umbria, Roberto Giannangeli -, di cui la metà proviene da quell’insieme di imprese che dal mese di marzo è stato interessato dalla sospensione delle attività. Finora si stima una perdita media dell’8% di questo fatturato, con punte dell’11% nel settore delle costruzioni. Il settore manifatturiero, che svolge un ruolo determinate anche in relazione all’incidenza che ha sulle esportazioni umbre, fattura complessivamente 11,5 miliardi all’anno, di cui il 60% è attribuibile alle attività oggi sospese.
Nel 2019, infatti, l’export umbro ha totalizzato 4,2 miliardi di euro, di cui il 95% attribuibile al comparto manifatturiero (ca. 4 miliardi di euro), che oggi per oltre il 50% è soggetto a sospensione. Perciò il sistema moda, la costruzione di mezzi di trasporto – compresa la componentistica – e la metallurgia sono i settori più a rischio se non ritornano a produrre in breve tempo. È del tutto evidente che alla loro tenuta è legata anche la tenuta dell’Umbria.”
“Nell’indagine – precisa Alberto Cestari, ricercatore del centro studi Sintesi – non si è potuto tenere conto delle imprese che, dopo un periodo di sospensione, hanno potuto riaprire in quanto legate a settori strategici, ma i dati sono comunque pesanti.”
Numeri preoccupanti anche per tutti gli altri settori sospesi quasi completamente, “settori che – dichiara Giannangeli – forse non hanno la stessa influenza del manifatturiero sul fatturato complessivo delle imprese umbre, ma che hanno comunque una rilevanza strategica se valutati dal punto di vista occupazionale.”
Ad oggi le imprese sospese nella regione sono oltre 39mila: i settori più colpiti sono rappresentati da alberghi, ristoranti, commercio, servizi alla persona, imprese di costruzioni e imprese manifatturiere. Gli unici settori non interessati dalla sospensione sono l’agricoltura, l’agroalimentare ed i trasporti.
“Se andiamo a pesare il contributo in termini occupazionali delle imprese sospese, scopriamo che assorbono circa 142mila addetti, corrispondenti alla metà dei lavoratori del settore privato – prosegue il direttore di Cna Umbria -. Se le imprese non riapriranno al più presto, questi lavoratori che oggi rappresentano la gran parte di chi sta usufruendo degli ammortizzatori sociali, rischiano di perdere il proprio posto nei prossimi mesi. I dati della ricerca, perciò, non fanno altro che confermare quello che stiamo dicendo da settimane, e cioè che prima si avvia la fase due, quella della ripartenza, maggiori saranno per le aziende le probabilità di non chiudere definitivamente e per i lavoratori di non perdere il proprio posto di lavoro. Un’ultima riflessione riguarda la tassazione locale. Sebbene la ricerca non abbia riguardato espressamente questo tema, noi crediamo che di fronte a dati così drammatici sia inimmaginabile mantenere la tassazione ai livelli attuali. Occorrono interventi urgenti in tal senso, anche per evitare – conclude Giannangeli – che i bilanci 2020 degli enti locali risultino del tutto falsati.”
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