di Franco Raimondo Barbabella
Quello che era nell’aria e si temeva si sta avverando. Si prepara la nuova emarginazione di Orvieto. E come altre volte parte dalla sanità. Più precisamente dall’Ospedale. Ecco perché. Alcune settimane fa, già prima della pandemia, il sindaco di Narni Rebotti aveva lanciato l’idea di creare l’area sanitaria vasta della Conca ternana parlando dell’ospedale di Terni come Terni 1 e di Narni e Amelia come Terni 2.
Mi sembrò un’idea intelligente perché spiazzava la tendenza che stava venendo avanti di concentrare tutto su Perugia: il neocentralismo della nuova amministrazione regionale veniva contrastato con un proposta non di ripiego ma di potenziamene, razionalizzazione e sviluppo.
Colsi il senso della cosa e pubblicai subito, il 23 gennaio scorso, una lettera aperta ai sindaci dell’Orvietano, il cui passaggio centrale di seguito riproduco:
“Se Narni dice “Terni 2”, ed è logico, diventa anche logico che noi per il nostro ospedale diciamo “Terni 3”, ossia poniamo il problema di considerare l’Azienda ospedaliera di Terni organizzata su tre plessi: Terni, Narni-Amelia e Orvieto, ciò che non solo contrasta l’accennata tendenza al centralismo ma trasforma il sistema sanitario in un servizio coordinato a scala territoriale di alto livello e in propulsore di sviluppo.
Tre plessi, le cui funzioni diverse potrebbero essere ben concepite come sistema: Terni sede di già riconosciute e nuove eccellenze, oltre che di servizi di spedalità generale; Narni-Amelia centro di eccellenza di riabilitazione per l’Italia centrale e funzione filtro della spedalità generale; Orvieto sede di DEU di secondo livello con i servizi coerenti con la funzione di centro qualificato per l’emergenza-urgenza, con le specialità del caso avendo l’occhio rivolto alla funzione interregionale del territorio orvietano”. Non ebbi risposta. Poi è venuta la pandemia del coronavirus.
Se qualcuno pensava che le cose sarebbero rimaste senza movimento si sbagliava di grosso. Infatti è di questo giorni la notizia dell’accordo tra USL Umbria 2 e Azienda ospedaliera di Terni per la riorganizzazione funzionale della chirurgia oncologica nel quadro di una differenziazione e coordinamento di compiti tra gli ospedali di Terni, Narni e Amelia: “trasferire nel presidio di Narni gli interventi di medio bassa specialità propri di una struttura ospedaliera ‘di comunità’ per liberare così spazi e sedute operatorie di alta complessità nel polo chirurgico della ricerca e dell’alta specializzazione dell’Azienda Ospedaliera di Terni”. Cioè prende corpo l’idea di Rebotti lanciata a gennaio.
E Orvieto? Non pervenuto. Non esiste. Non solo abbiamo un ospedale di fatto chiuso da settimane per le sue funzioni essenziali, talché se se ne ha bisogno si è trasferiti a Terni o Narni o altrove, ma si assiste del tutto indifferenti al processo di riorganizzazione strisciante dell’assistenza sanitaria ospedaliera della provincia e non solo (per Spoleto sono stati stanziati 13 miliardi) senza muovere un dito. Non si tratta certo di andare contro ciò che fanno giustamente Terni e Narni, ma di ragionare con quelle realtà al fine di concordare un sistema a scala provinciale, e dare così anche ad Orvieto la funzione che è possibile e giusto che svolga nel quadro di una sanità umbra che voglia anche essere parte di un progetto di rilancio e sviluppo.
Presenterò quanto prima al Sindaco di Orvieto una interrogazione urgente per sapere se e che cosa intende fare. E rimarcherò che un atteggiamento attendista e senza progettualità territoriale di ampio respiro rischia di tagliarci fuori ancora una volta dalla riorganizzazione sanitaria, che si trascina dietro anche quella economica e dei servizi, che si svilupperà a partire dalle prossime settimane. Non è saggio attendere che Perugia ci dica ciò che dobbiamo fare. Lo abbiamo già visto. Lo abbiamo già patito.