Le donne che si trovano a vivere situazioni di violenza possono contattare il Centro Antiviolenza di Orvieto, anche in periodo di emergenza CoVid 19, tramite i numeri di emergenza nazionale 1522, quello regionale 800 861126 e l’h24 del Centro chiamando il 0763.300944.
Il Centro antiviolenza “L’Albero di Antonia” ha fin da subito adottato le disposizioni emanate dal Governo per contenere la diffusione del CoVid 19, al fine di evitare ogni tipo di spostamento da parte delle donne, talvolta accompagnate dai figli minori, non dettato da una situazione di emergenza conclamata. Il Centro garantisce infatti colloqui telefonici per valutare con le signore l’urgenza dei nuovi casi, mentre i casi attivi prima delle disposizioni ministeriali sono monitorati dalle operatrici del Centro, caso per caso.Il Centro si è riorganizzato per mantenere attivi i servizi essenziali, così come hanno fatto i Centri della rete D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza.
L’associazione nazionale, che rappresenta oltre 80 Centri in Italia,nei giorni scorsi ha scritto alla ministra per le Pari Opportunità e della Famiglia Elena Bonetti perchiedereuna sinergia nazionalee perinformare le donne che vogliono sottrarsi alla violenza che i centri antiviolenza sono attivi, così come le case rifugio e moltissimi altri presidi sociali collettivi, a cominciare dalle strutture che accolgono donne richiedenti asilo e rifugiate.Il D.i.Re. per dotarsi della strumentazione per far fronte all’emergenza, a partire dalle mascherine, ha chiesto aiuto a UNHCR e nella lettera alla ministra evidenzia le difficoltà del periodo, considerato che non sono stati fino ad oggi previsti meccanismi di finanziamento specifici per l’emergenza, in particolare per individuare strutture ad hoc nelle quali accogliere le donne per la necessaria quarantena qualora fosse necessario un inserimento in casa rifugio.
L’associazione nazionale conclude la lettera alla ministra Bonetti chiedendo continuità dei finanziamenti per i Centri e le Case rifugio, considerando che gli stanziamenti 2019 e 2020 non sono arrivati, e ulteriori misure economiche straordinarie di sostegno per le organizzazioni del terzo settore ed i centri antiviolenza perché la violenza non si fermaneanche ai tempi del coronavirus. Anzi, l’isolamento e la convivenza forzata acuiscono la violenza domestica. Per le donne il pericolo maggiore si annida tra le mura domestiche in quanto l’autore della violenza è, nella maggior parte dei casi, il partner (56%), l’ex-partner (21%) o altro familiare (10%), come confermato ancora una volta dagli ultimi dati diffusi da D.i.Re. Nelle case dove c’è violenza intrafamiliare il periodo attuale è esplosivo perché aumentano le frustrazioni, le incertezze lavorative e i timori per il contagio, soprattutto per un uomo violento, ed aumentano i carichi familiari, assistenziali ed emotivi per una donna, mentre per i figli che non possono allontanarsiaumentano tensioni e violenza assistita o diretta.
Ma le donne, ancora più controllate in casa, non riescono a chiedere aiuto e per questo motivo c’è stato un calo drastico delle chiamate al Telefono di emergenza nazionale, così come al telefono regionale e al Centro L’Albero di Antonia, nonché diminuite sono le denunce alle Forze dell’Ordine.
Nell’intervista a Repubblica del 21 marzo la ministra Bonetti precisa che le donne che si stanno recando in una struttura antiviolenza saranno dispensate dallo scrivere sull’autocertificazione il luogo e dal dare indicazioni più precise rispetto allo stato di necessità per cui hanno lasciato l’abitazione. Nella stessa intervista viene annunciata la campagna d’informazione ‘Libera, puoi” che sarà rilanciata anche in televisione,un’app telefonica,lo sblocco dei fondi 2019 e 2020, bandi e misure straordinarie per il dopo emergenza.
Nonostante gli annunci della ministra, questo si conferma un periodo difficile anche per i Centri antiviolenza della zona, in considerazione della chiusura del Centro Erinna di Viterbo dopo venti anni di attività. Una grave mancanza per il territorio e una perdita di sostegno per le donne, secondo l’opinione delle operatrici de L’Albero di Antonia che molte volte hanno condiviso progetti ed iniziative comuni. L’appello alle donne è chiamate noi ci siamo!
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