di Roberto Antonio Basili
Come si tengono insieme il virus, il tango argentino e le maschere protettive di un tappezziere in Orvieto, cose in apparenza così diverse? Semplice, tutte e tre si legano, si stringono. Il virus si lega alla cellula ospite per sopravvivere e moltiplicarsi; il tanghero stringe la donna nella sensualità del tango, qui è l’uomo che comanda, a conforto del mio maschilismo residuale; le mascherine di Andrea si legano a protezione del volto.
Questo virus dimostra però anche la capacità di stringere, di strizzare i neuroni – cellule nervose alle quali è affidata, tra l’altro, la capacità di ragionare.
Parafrasando Blaise Pascal, dovremmo convenire che in situazioni d’emergenza, e questa del virus lo è, debba prevalere la Freddezza della Ragione e non le emozioni del cuore.
Il virus e il tango argentino
Dal pomeriggio di ieri e fino a tarda sera, la comunità dei tangheri e le redazioni dei giornali orvietani sono state alle prese con un articolo apparso su http://www.frosinonetoday.it/cronaca/cassino, per cui un tanghero di Cassino, poi deceduto il 15 marzo, sarebbe stato contagiato al “festival-focolaio” di Orvieto. Ma è andata proprio così come ricostruisce l’ottima Angela Nicoletti, che firma l’articolo? Forse Sì, ma forse anche No! Il festival si svolge dal 21 al 23 febbraio – eravamo già in piena epidemia, soprattutto al nord – e vede la partecipazione di 200 tangheri provenienti da ogni parte d’Italia; il primo e unico tanghero orvietano risulta positivo il 7 marzo, ben 14 giorni dopo il festival.
Prima considerazione: vero è che in Medicina, così come in amore, Sempre e Mai sono parole prive di senso, ma i tempi di contagio e di manifestazione dei sintomi, come suggeriti dalla Scienza, sembrano quantomeno forzati, così come mi sembra “forzata” la ricostruzione suggerita dalla collega di Frosinonetoday.
Seconda considerazione: come è vero che una rondine non fa primavera, né un solo pezzo di legno riscalda, così un caso positivo non fa focolaio.
Da ultimo: mi risulta che, pochi giorni dalla fine del festival, una coppia di tangheri romani abbia comunicato all’organizzazione del festival di essersi scoperti positivi; da lì, ritengo, siano scattate le comunicazioni di rito e i tangheri si siano messi prontamente in autoisolamento.
Le mascherine di Andrea Carli
Andrea Carli è la terza generazione di apprezzati tappezzieri in Orvieto. Preso atto che le mascherine sono difficili da reperire sul mercato, Andrea si arma di creatività e comincia a confezionarle per la sua famiglia e pochi amici e conoscenti “senza nulla a pretendere”, per dirla con Totò. Da lì a pochi giorni la notizia si diffonde e il nostro artigiano è subissato dalle richieste, sembrerebbe anche da personale sanitario e non del nostro ospedale. Queste mascherine sono realizzate in TNT (tessuto non tessuto) e garantiscono una certa protezione.
“Le mascherine due veli in tessuto non tessuto non sono dispositivi di protezione individuale (DPI), ma possono essere impiegate per le esigenze di enti ed amministrazioni nell’ambito locale, ad esclusione del personale ospedaliero” – chiarisce in una nota il Dipartimento della Protezione Civile.
Ne ho provata una davanti allo specchio, e non per narcisismo. Dopo un’espirazione forzata senza mascherina, lo specchio si è appannato, come è naturale che sia; con mascherina, non c’è stato alcun appannamento: quindi una certa protezione la garantisce.
Orvieto è città “alta e strana” e accanto agli apprezzamenti serpeggia qualche malignità. L’invidia, dopo secoli, riesce ancora a dividerci tra guelfi e ghibellini! Noi, per quel che conta, apprezziamo l’iniziativa, suggeriamo di pretendere almeno il costo di produzione, e volentieri diciamo un convito “Chapeau” al nostro tappezziere!