“Dopo quelle del turismo e del trasporto persone, sono le imprese del benessere a subire un colpo durissimo a causa dell’emergenza coronavirus. Chiediamo anche per loro chiarezza sulle regole e l’attivazione di tutte le misure di protezione allo studio per le categorie più colpite”. Sono oltre 2000 in Umbria, tra parrucchieri, estetiste e tatuatori, le imprese coinvolte. Uno dei pochi settori cresciuto costantemente negli ultimi anni, sia per numero di attività che in termini di occupazione.
“La crisi deriva soprattutto dalla contraddittorietà delle norme contenute nell’ultimo decreto entrato in vigore lunedì scorso. Infatti – prosegue Giannangeli – se da un lato il provvedimento consente lo spostamento delle persone solo per motivi di comprovata necessità, limitandoli essenzialmente al lavoro, alle visite mediche e all’approvvigionamento di farmaci e generi alimentari, dall’altro dà la possibilità agli operatori del settore benessere di proseguire l’attività purché adottino le precauzioni legate all’igiene degli ambienti – peraltro già obbligatoria per legge per queste attività – e lavorino su appuntamento.
Le Faq del Mise hanno chiarito che il requisito della distanza minima di un metro, che per questo tipo di prestazioni è praticamente impossibile rispettare, può essere risolta tramite l’utilizzo di mascherine e guanti di protezione. Il problema è che i clienti non ci sono, gli appuntamenti già presi vengono disdetti. La categoria è divisa sull’atteggiamento da tenere: la maggioranza dei titolari ha optato per la chiusura, ma ci sono tanti, soprattutto tra quelli più giovani che magari hanno fatto investimenti e attivato mutui e finanziamenti, che stanno cercando di proseguire.
Probabilmente la soluzione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini è quella di disporre la chiusura obbligatoria di tutti gli esercizi. Ma una misura di questo tipo deve essere obbligatoriamente accompagnata dall’inserimento di questa categoria di imprese tra quelle maggiormente colpite e che quindi potranno usufruire per legge della sospensione dei mutui e della dilazione di tutte le scadenze fiscali, contributive e tributarie. Inoltre bisogna considerare che una parte di questi operatori esercita autonomamente: anche per questi va previsto l’indennizzo che dovrà essere riconosciuto per le partite Iva”.
E se la gran parte di queste misure deriva da provvedimenti nazionali, anche le Regioni hanno un ruolo nel cercare di fare chiarezza. “Facciamo presente che altre Regioni si sono già espresse in merito ai problemi e ai quesiti avanzati dalle imprese del settore: ad esempio la Campania ha deciso per la chiusura di tutte le attività, mentre l’Emilia Romagna ne ha regolamentato le aperture.
n Umbria invece stiamo fermi, mentre alcuni Comuni cominciano a muoversi autonomamente, come dimostra la decisione del sindaco di Gualdo Tadino, che ha imposto la serrata a questi esercizi. Inoltre non passa giorno senza che emergano casistiche particolari, anche in altri settori, che vanno risolte attraverso un tavolo di coordinamento regionale tra Istituzioni, Asl e imprese. È il momento di fare un po’ di chiarezza, perché nulla alimenta il panico come il clima di confusione. E oggi abbiamo bisogno di tutto, tranne che di altro panico” – conclude il direttore di Cna Umbria.