Contatti fisici azzerati o ridotti al minimo, ma iperattivi i telefoni dei dirigenti regionali e territoriali di Confcommercio Umbria, presidente regionale Giorgio Mencaroni in testa, che in questi giorni sono impegnati perennemente su un doppio fronte: l’ascolto degli umori, delle esigenze e dell’angoscia dei colleghi; il confronto con le istituzioni locali e regionali per tutelare le categorie economiche – turismo e commercio – che più di ogni altra sono colpite dagli effetti dell’emergenza coronavirus.
Gli ultimi dati forniti dall’Ufficio Studi di Confcommercio nazionale sono i numeri di una tragedia economica: solo nel turismo da marzo a maggio si calcola la perdita di 45 milioni di presenze e di 11 miliardi di spesa. La ristorazione, sempre a livello nazionale, ha perso negli ultimi 15 giorni 3 miliardi di ricavi; 4 milioni di commercianti, artigiani, lavoratori autonomi non iscritti alle casse di assistenza e previdenza private a marzo perderanno 9 miliardi di fatturato a causa della cessazione dell’attività.
Rigorosamente “da remoto” Confcommercio Umbria ha riunito, lo scorso venerdì 20 marzo, la propria giunta, per fare il punto di una situazione che evolve continuamente, ma che di certo ha messo in ginocchio due settori strategici per l’economia regionale e migliaia di imprenditori, che temono fortemente di non farcela.
Un confronto lungo e accorato – con tante emergenze sul tavolo – al termine del quale sono emerse – tra le tante – due priorità: assicurare alle imprese liquidità e alleggerirle del peso dei tributi locali.
“Le nostre imprese – ha sottolineato il presidente di Confcommercio Umbria Giorgio Mencaroni – hanno necessità di ossigeno finanziario, per compensare lo stop totale degli incassi, che rischia realisticamente di protrarsi per mesi, almeno per il turismo, mentre nel contempo le spese corrono ugualmente. Piuttosto che dare quattro spiccioli “a pioggia”, allora, bisogna che la Regione concentri le risorse disponibili – peraltro assai limitate – per abbattere in toto i costi degli interessi e delle garanzie – attraverso ad esempio l’intervento della finanziaria Gepafin – così da ottenere un effetto moltiplicatore di queste risorse e favorire la concessione alle imprese di liquidità immediata per gestire questi mesi di totale emergenza. Bisogna anche assicurare, tramite accordi con le banche, che questi interventi non abbassino il rating delle imprese, penalizzandole ulteriormente”.
C’è un altro “fronte” sul quale Confcommercio Umbria torna all’attacco, dopo averlo fatto già nei giorni scorsi: se a livello nazionale serve una moratoria sulle scadenze fiscali ben più ampia e inclusiva, in parallelo viene rilanciata la richiesta ai Comuni di differire almeno fino al 30 settembre 2020 il pagamento delle tasse locali: Tari, Imu, Cosap e Imposta sulla pubblicità. A cui si aggiunge una istanza in più, come ha aggiunto Mencaroni: “Per la Tari – che per alcune tipologie di imprese, come le strutture ricettive, le concessionarie, i rivenditori di mobili etc., ha un peso altissimo, ma che per tutti è un onere gravoso – dobbiamo addirittura discutere di una riduzione proporzionata ai mesi di chiusura. Perché le imprese debbono pagare rifiuti che non producono, dato che sono chiuse? Su questo teniamo vivo il confronto anche a livello territoriale. A questo proposito ci conforta il fatto che anche Anci Umbria, con il suo presidente sindaco di Narni De Rebotti, abbia fatto propria la richiesta alla Regione Umbria – di cui va riconosciuta la primogenitura al Comune di Assisi e immediatamente sostenuta da Federalberghi Umbria e Confcommercio Umbria – di smobilizzare gli accantonamenti dei fondi per i crediti di dubbia esigibilità dei Comuni, così da compensare la decontribuzione a favore di famiglie e imprese. Così come ci conforta il fatto che Comuni importanti come Foligno e Spoleto abbiano fatto slittare le scadenze di alcuni tributi, anche se non nei termini auspicati. E’ un segnale che le amministrazioni stanno capendo la situazione di eccezionale emergenza delle imprese, ma non sono misure sufficienti, occorre uno sforzo in più, altrimenti migliaia di imprese non riapriranno, decine di migliaia di famiglie saranno messe in ginocchio definitivamente e il tessuto economico umbro subirà un impoverimento drammatico”.