di Gabriele Marcheggiani
BASCHI, quarto giorno del Cammino dei Borghi Silenti – La sveglia suona presto anche stamattina, ultimo giorno di questo cammino breve ma intenso. Svegliarsi di buon’ora consente di assaporare ogni istante della giornata, senza sprecarne neanche un minuto. A Baschi il pellegrino resterà colpito dalla bellezza del centro storico, intatto e silente, nonostante l’autostrada del Sole e la ferrovia transitino a poche centinaia di metri di distanza.
Luogo antico e di frontiera, di diatribe familiari e guerre fratricide di cui furono protagonisti gli antichi signori del castello, Baschi domina dall’alto il corso del Tevere che pigro, uscito dal fiordo del Forello e dalla diga di Corbara, si avvia verso la campagna laziale e il termine del suo fluire.
Oggi il Cammino si conclude e nonostante ci siano ancora da affrontare un bel po’ di chilometri ed un discreto dislivello, già la nostalgia di questi luoghi comincia ad affiorare nell’animo del pellegrino: ogni luogo attraversato, ogni borgo silente, ogni scampolo di paesaggio osservato da questo sentiero, hanno lasciato un segno indelebile, un ricordo incancellabile che ciascuno porterà con sé per sempre. La grande scommessa di chi ha avuto l’ardire di pensare e tracciare il Cammino dei Borghi Silenti è quella di lasciare un segno, una traccia, in tutti coloro che si metteranno in marcia lungo i suoi 86 chilometri di percorso: per quanto si possa girare e visitare il mondo intero, luoghi così non si trovano in nessun altro posto. Per dirla con Fabrizio De Andrè, “non sei tu, è la terra che ti sceglie”.
E questa terra silente, coi suoi borghi antichi e la sua gente operosa, sceglierà tutti coloro che con la fatica dell’incedere dei passi avranno saputo guardare oltre, ben oltre gli infiniti orizzonti. Il paesaggio si fa dolce, mentre si sale verso i Poggi di Baschi si ha veramente la sensazione di essere nel posto giusto al momento giusto, perché non esiste un momento sbagliato per visitare queste terre, nessuna stagione sarà troppo fredda o troppo calda da respingere il viandante. Prima di scendere nel Vallone di San Lorenzo, camminando su un ampio dosso erboso, proprio di fronte la vista del camminatore appare l’inconfondibile sagoma di Palazzo Ancajani a Tenaglie, segno che l’anello dei Borghi Silenti sta per chiudersi. Prima di iniziare la discesa, proprio sotto la verticale della sommità del monte Melezzole – la terrazza degli infiniti orizzonti – appare alla vista Montecchio.
Circondata da piantagioni di ulivi che fanno da sentinella al suo bellissimo borgo, Montecchio pare un vascello che solca le sinuosità di colline sfavillanti di luce, simili alle increspature delle onde quando si alza la brezza leggera nei pomeriggi d’estate: il poeta non se la prenderà a male se rubando i suoi famosi versi, il viandante sentirà il bisogno di naufragare dolcemente in questo mare. Il Vallone di San Lorenzo è un altro dei luoghi incredibili di cui è composto questo Cammino; la necropoli umbro – etrusca, è la testimonianza plastica dello scorrere del tempo e del passaggio fugace dell’uomo e delle civiltà che hanno forgiato nella natura e nell’anima questa terra.
Panta rei, tutto scorre, solo restano questa natura incantata, le pietre dei sepolcri millenari, le mura inespugnabili dei borghi medioevali ed il silenzio severo e profondo, voce inconfondibile del divino. Ogni campagna di scavi è una scoperta nuova, segno che la necropoli di Montecchio continuerà a sorprendere un poco alla volta, elargendo con misurata generosità testimonianze di un passato lontanissimo in cui una civiltà fiorente abitava questi colli. Si torna a salire brevemente, passando dentro fossi oramai prosciugati e boschi sempre più fitti, perchè fino all’ultimo passo il Cammino dei Borghi Silenti mantiene intatta la sua selvaggia bellezza. Ad attraversare i vicoli di Montecchio, ultimo borgo silente, si corre un rischio non di poco conto: se camminando in punta di piedi vi riempirete della sua bellezza quieta, soffermandovi nelle viuzze lastricate ad ammirare i balconi fioriti, tra spicchi di cielo e gatti sornioni, potreste voler restare qui per sempre, come le pietre incastonate delle case di uno dei borghi più belli d’Italia.
Montecchio, come mi disse una volta un’amica, è la natura che si compiace di se stessa. Il rischio di non voler partire più è prepotentemente forte. Ed eccolo l’ultimo scampolo del Cammino, quello che riporta – dopo quattro giorni, tre notti, ottantasei chilometri, tremila metri di dislivello e oltre centoquarantacinquemila passi – nella silente Tenaglie.
E’ trascorso veloce il tempo ma nulla di questa esperienza potrà essere fugace. Il pellegrino, stanco ma felice di aver completato il percorso, riceverà in dono l’agognata pergamena, come avviene a Santiago de Compostela: nella città che affaccia quasi sull’Atlantico, è tradizione che il camminatore, terminato il cammino famoso, partecipi ad un rito religioso in segno di ringraziamento.
Qui a Tenaglie, non c’è alcun rito a cui partecipare se non quello, senza i soppalchi della religione, che prevede per l’ennesima volta uno sguardo profondo e commosso verso gli orizzonti che da questo lembo di terra sembrano non aver confini. Quegli stessi orizzonti che hanno solcato una traccia indelebile in ciascuno di noi che ci siamo lasciati coinvolgere dal Cammino dei Borghi Silenti. [suggeriti]
(Foto di Marco Ludovisi e Marco Fioroni)