Riceviamo dall’Associazione Praesidium e pubblichiamo:
Sembra, da indiscrezioni giornalistiche, che questi giorni siano quelli conclusivi per decidere il futuro della Cassa di Risparmio di Orvieto. Sembra che tutto ciò avvenga senza che sia accompagnato da una riflessione che consideri tutte le alternative possibili e gli scenari che eventualmente si determinerebbero.
Forse questa informazione insufficiente è determinata dal segreto con cui si stanno svolgendo le trattative e dalla mancanza di conoscenza dei dati economici di dettaglio, che vengono tuttora mantenuti riservati.
Si ricorda che la vendita della Cassa di Risparmio di Orvieto era stata inserita nel piano industriale della Popolare di Bari per la necessità della banca di recuperare una liquidità che le permettesse di guadagnare tempo. Oggi questa vendita, vista la necessità di patrimonio che la Banca Popolare di Bari ha per completare la pulizia dei crediti deteriorati e per ripristinare il capitale di funzionamento, (si parla di 1 miliardo e 400 milioni di euro) i circa 55 milioni che deriverebbero dalla vendita di CRO rischiano di costituire una goccia nel mare.
Sicuramente i commissari che hanno preso in mano la situazione stanno approntando il nuovo piano industriale che, azzerando la situazione pregressa, progetti il futuro del nuovo gruppo. Chi prenderà in mano la situazione mettendoci i soldi necessari saranno il Fondo italiano per la tutela dei depositi (Fitd) e il Mediocredito Centrale, il primo emanazione dei principali istituti di credito e l’altro del ministero del tesoro.
Le motivazioni per cui intervengono sono per il primo minimizzare i costi indotti dalla situazione della Popolare di Bari, per il secondo sistemiche legate alle problematiche del Mezzogiorno. È certo comunque che i due attori sono fortemente inseriti nel mondo bancario di cui hanno forte competenza.
In tale scenario la domanda che ci si può porre è:
cosa sarebbe meglio per la Cassa di Risparmio di Orvieto e il suo territorio?
– rimanere in un gruppo che avrebbe forti capacità operative e una missione di aiuto e sviluppo del sistema economico imprenditoriale?
– procedere con la vendita a un gruppo internazionale di private equity?
Il sistema politico/imprenditoriale locale e regionale dovrebbe porsi il problema. Ricordiamo che il Consiglio regionale aveva deliberato all’unanimità l’incarico alla giunta di attivare una commissione d’indagine che oggi potrebbe essere quanto mai opportuna, viste anche le competenze in materia che la Costituzione dà alla stessa Regione sulle banche di interesse locale.
La Regione Umbria ha certamente forti problemi di crescita e competitività, deve recuperare ricchezza, ha per molti versi gli stessi interessi delle regioni del sud e la banca orvietana, anche per quest’area geografica, il Sud del Centro, è uno strumento indispensabile per progettare lo sviluppo.
Non conosciamo il piano industriale della società francese di private equity interessata a CRO, ma possiamo rilevare dalle poche informazioni circolate che manca un consolidamento della componente bancaria tradizionale.
In tutti e due i casi sarebbe comunque necessario per la Cassa di Risparmio di Orvieto, che si presenta all’appuntamento con un patrimonio sufficiente e una buona situazione dei crediti problematici, ma con una produttività insufficiente legata a una struttura di costi troppo alta rispetto ai margini che genera, affrontare un piano di ristrutturazione sicuramente impegnativo. In tale contesto riteniamo fondamentale il compito della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, socio di minoranza qualificata della stessa banca. Crediamo anche che la Fondazione debba pubblicare i bilanci, poiché il nostro territorio ha la maturità per distinguere gli anni finanziariamente complicati. Inoltre la mancanza di informazione genera disinformazione. Sarebbe anche utile che si aprisse alle forze sociali e professionali del territorio. Ci auguriamo che queste considerazioni possano generare un dibattito che sarebbe a tutto vantaggio del territorio.