di Andrea Laprovitera #recensioniuscitedauncassetto
Le Notti Bianche è, senza alcun dubbio, uno dei capolavori assoluti del grande scrittore Russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij pubblicato, per la prima volta, nel 1848 sulla rivista letteraria “Annali Patrii”. Il libro si apre con una citazione del poeta e scrittore Ivan Turgenev
“…O era stato forse egli creato, per essere seppure un solo istante, al tuo cuore legato?”
che già mette in chiaro il tema di fondo del breve romanzo sentimentale. Strutturato in cinque snelli capitoli, di cui l’ultimo brevissimo per quanto intenso, vede come protagonisti assoluti un ragazzo, di cui non sappiamo e non conosceremo mai il nome (particolare che ricorre anche in un altro grandissimo capolavoro come “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov), e una giovane di nome Nasten’ka che s’incontrano, per caso, nelle notti bianche Pietroburghesi.
La breve storia infatti si sviluppa nell’arco di sole quattro notti e un mattino, capovolgendo così anche il concetto luce/vita-Ombra/morte (o fine in questo caso), sarà infatti proprio il sorgere del sole del quinto giorno a spazzare via i sogni e le illusioni notturne del protagonista. Ma come può sorgere il sole se, nel periodo suddetto che va dal 25 maggio al 16 luglio, avendo il culmine a giugno e per la precisione la notte tra il 20 e 21, il sole non tramonta? In realtà alba e notte esistono lo stesso anche se queste ultime durano pochissimo e sono caratterizzate da una sorprendente luminosità che permette ai cittadini e ai turisti di godersi la città anche in ore insolite.
E protagonista infatti del romanzo è anche, e forse soprattutto, la città di San Pietroburgo con i suoi angoli, le sue bellezze, i suoi giochi di luce (è il caso di dirlo), i lampioni, la Neva che l’attraversa dolcemente. Qui si svolge, o per meglio dire non si compie, la storia d’amore tra il protagonista (che è un sognatore) e Nasten’ka che sta aspettando il suo fidanzato e promesso sposo di ritorno da Mosca dopo un anno d’assenza. Il protagonista si avvicina alla ragazza, inizialmente per salvarla da un ubriaco che voleva molestarla, poi ne diventa amico ma, nel giro di pochissimo il suo sentimento si trasforma in qualcosa di diverso e a nulla vale la raccomandazione della stessa ragazza che lo avverte: “mi dovete promettere una cosa… non vi dovete innamorare di me. L’amicizia va bene, ma l’amore no” forse presagendo qualcosa. Inutile dire che si farà presto strada un forte sentimento d’amore nel protagonista destinato a svanire alla fine proprio come le notti pietroburghesi.
Il sogno per il “sognatore” svanisce proprio al mattino, con il risveglio che è come tornare alla dura realtà. Tuttavia, Dostoevskij, attraverso il protagonista, conclude la sua breve storia non con rabbia per quello che ha perso, ma con gratitudine per quello che (seppur per poco tempo) ha avuto. Non vi svelo lo sviluppo e soprattutto il finale e invito tutti a leggerlo, un grande classico sempre attuale. Per la cronaca cito anche la trasposizione cinematografica italiana del romanzo a opera di Luchino Visconti che nel 1957 ne trasse un film.
Andrea Laprovitera: Apprezzato autore di graphic novel di racconti e romanzi per numerose case editrici italiane e internazionali, è anche, come ama definirsi, un lettore “onnivoro” firma per LibroSì Lab le “recensioni uscite da un cassetto”.