Ad Orvieto le numerose polemiche sulla discarica e sull’accoglienza dei rifiuti da altre parti della Regione nel cosiddetto soccorso dovuto al blocco delle altre aree destinate al conferimento sono senza dubbio giustificate: la attuale impiantistica per il trattamento dei rifiuti differenziati e la loro trasformazione in materia prima seconda ovvero il loro riciclo, che ad esempio in Regione per la plastica equivale solo alla quinta parte del materiale differenziato, appaiono largamente insufficienti e lo stesso piano regionale andrebbe attualizzato.
Quello che però lascia perplessi è rappresentato dalla evidente assenza di una visione strategica e della concreta attenzione alle infrastrutture locali. Il nostro comune infatti tra poco si dovrà far carico del “primo calanco” della discarica di Le Crete che nella sua gestione post mortem era in carico alla sao Acea proprio fino al 2020, dalla prossima estate la gestione dei percolati, dei gas è più in generale degli aspetti sanitari, igienici e di stabilità strutturale saranno a carico dei cittadini orvietani.
Si tratta di alcuni milioni di euro, da tre a cinque, per ogni quinquennio di consiliatura comunale che saranno sottratti al bilancio cittadino a fronte di un servizio che la comunità obiettivamente non vedrà è che non porterà cambiamenti migliorativi dalla gestione ordinaria fin qui effettuata. In termini di bilancio presumibilmente e nel rispetto del dettato normativo una parte di questi soldi verrà iscritta sotto la voce ambiente dalla quale si ricava anche il valore da attribuire in bolletta per i cittadini. E sarà un valore indipendente dalla quantità di rifiuti prodotti. In mancanza della presa in carico di tali impegni quela stessa area a ridosso del fiume Paglia e dell’abitato rischia in poco tempo di diventare una vera e propria bomba ecologica e di aggiungersi alle quasi 150 aree SIR da bonificare presenti in regione Umbria.
Dopo la grande marcia di SaveOrvieto fummo tra i pochi a chiedere che il “butto”, il primo calanco della discarica di le crete di Orvieto, andasse invece inserito nella programmazione dell’impiantistica di seconda generazione da prevedere su le crete per rendere realmente operativa e di valore la nostra capacità di differenziare i rifiuti. La stessa Acea avanzò una risposta con una proposta riportata dalla stampa che indicava possibili nuovi impianti di riciclo che non prevedessero l’incenerimento e che avrebbero anche potuto generare occupazione per oltre 40 maestranze. E da queste criticità ed opportunità occorre ripartire, senza perdere di vista la scadenza del contratto di gestione post mortem della discarica e la sua eventuale bonifica, argomento quest’ultimo che sembra invece sparito dai radar.
In questi anni di diffusione di una nuova sensibilità ambientale c’è il concreto rischio che invece la questione Le Crete diventi ostaggio di opposte tifoserie, l’unico modo di evitarlo è mettere in chiaro con la massima trasparenza i passi che si vogliono fare e cercare la massima condivisione piuttosto che finire vittime della sterile contrapposizione tra i blitz politici, le proteste nelle piazze e, senza dubbio, anche le contrapposizioni legali, in attesa delle prevedibili emergenze.
Di peggio c’è solo il fingere che non stia succedendo nulla.
Occorre dunque che i cittadini, l’informazione ed i comitati spingano la politica a prendere le decisioni giuste, ad avviare i processi per migliorare la qualità del recupero e del riciclo, e prevenire il riempimento di discariche come la nostra che, anche molti anni dopo la chiusura, continuano a dover essere gestite con costi importanti per evitare che diventino fonti gravi di inquinamento e problemi per ecosistema e territorio. Ed il tempo è ormai agli sgoccioli.
Silvio Torre, Comitato ECOrvietano