L’esito delle elezioni in Emilia Romagna, anche per il significato – improprio solo fino ad un certo punto – che gli ha conferito la politica nazionale, ha assunto il valore di dato che orienta il dibattito generale. Anche perché l’analisi del voto per segmenti sociali e in termini di flussi elettorali fa emergere alcuni fenomeni che indicano anche prospettive.
Tre soprattutto: il successo personale di Bonaccini, che prende più delle sue liste, attrae il non voto e le sardine, sposta i voti grillini e in parte anche i liberal berlusconiani; l’ampiezza dello schieramento di forze che si sono mobilitate perché il modello emiliano non fosse travolto dall’onda salviniana; la concentrazione del successo del centrosinistra nelle aree urbane e tra i ceti più colti e affermati socialmente, e di quello del centrodestra, in particolare fdi, nelle zone rurali e periferiche e nella popolazione più anziana.
Bonaccini ha buone ragioni per essere orgoglioso di questo risultato, che è innanzitutto premio al buongoverno che lui ha saputo non solo interpretare ma anche imporre come terreno di confronto contro il tentativo di “nazionalizzare” la competizione. Ed è riuscito così anche a far emergere la centralità dell’idea di territorio con tutte le sue peculiarità, che affondano le radici nella complessità e profondità della storia, e che non si possono né interpretare indossando felpe e magliette o assaggiando formaggi e piadine, né tantomeno sradicare semplicemente con un’operazione politica grimaldello.
Naturalmente, passato il momento della festa, Bonaccini ha anche non pochi motivi di riflessione sui limiti emersi e sulla particolarità delle condizioni che lo hanno portato al successo. Tra l’altro il centrodestra è al 43%, ciò che può contrastare l’azione di governo ma può anche stimolarla ad essere all’altezza della sfida.
E Bonaccini ha le condizioni per esserlo. Comunque il positivo c’è ed è di spessore, soprattutto non è solo un valore per l’Emilia. Però non può valere il detto “passata la festa, gabbato lo santo”. Se il significato del voto emiliano è buongoverno, personale politico sperimentato e di qualità, identità territoriale come armonia delle diversità, alleanza vasta e plurale unita da tensione ideale europeista e riformatrice su un serio programma di progettualità possibile, allora è a questo che bisognerà guardare sia per una battaglia politica nazionale che per riprendere le fila di un discorso di governo alternativo alla destra nelle regioni. Anche in Umbria.
E allora, mentre a livello nazionale non si capisce come tutto il dibattito a sinistra dovrebbe ridursi al problema di che cosa deve essere il PD per contrapporsi alla Lega in uno schema bipolare, essendo le questioni ben più di una e le articolazioni politiche ben più di due, così a livello regionale umbro non si capisce che senso possa avere da una parte ignorare il dibattito, come se ciò che è successo non ci riguardasse, e dall’altra, quando ci si occupa di questioni politiche serie, si ripercorrano strade e metodi di sempre come se nulla mai dovesse cambiare.
Ci riferiamo da ultimo, ma solo da ultimo, alla discussione sulle candidature per le suppletive del prossimo 8 marzo, la cui logica è che ognuno a sinistra vuole mettere la propria bandierina, incoraggiato da un PD che tutto sembra interessato a fare tranne che a iniziare un ragionamento di riforma strutturale delle logiche di governo e di progetto politico di coalizione larga.
L’Emilia sembra già lontana e da archiviare. Bisognerà dunque proporre qualcosa che al contrario apra una prospettiva di coalizione plurale capace di stare insieme in termini di seria e coerente progettualità riformatrice. Umbria dei Territori ha detto “Rovesciare la piramide”. Bisognerà riprendere il discorso e alla svelta. Bisognerà fare in modo che non solo il pd, ma in primo luogo il pd, si decida a saltare giù dalla piramide e a fare un bel bagno di realtà ricominciando dalle parti basse di essa, appunto dai territori, dove langue la politica ma dove ci sono le risorse per riprendere un cammino con la necessaria energia proiettata al rinnovamento di contenuti e metodi di governo.
Franco Raimondo Barbabella per Gruppo promotore di “Alleanza Civica ‘Umbria dei Territori’”