di Gabriele Marcheggiani
TENAGLIE, primo giorno del Cammino dei Borghi Silenti.
I primi passi sono quelli più importanti, quelli che fanno uscire dal torpore fisico e mentale, la premessa necessaria per ogni cammino. Il primo borgo silente attraversato è proprio quello da cui si parte: Tenaglie è dolce come il miele, è una tisana che ristora e che cura. Dall’alto del suo colle, il piccolo borgo domina la valle del Tevere e la Tuscia intera, dai monti Cimini alle alture che annunciano il profilo inconfondibile dell’Amiata: restare indifferenti è quasi impossibile di fronte a questa porzione di mondo che nell’ora del tramonto, quando il sole va a posarsi dietro le colline del viterbese, regala al viandante attento uno spettacolo sempre nuovo.
C’è un momento preciso, un attimo esatto, in cui il sole prima di nascondersi sembra lasciare in dono un ultimo gioco di luce, una fiammata abbacinante che si riflette dentro il lago di Alviano: è l’estremo, quotidiano commiato della luce, prima che il cielo divenga appannaggio delle signore della notte. Il cammino volge però verso mezzogiorno, incuneandosi nella magnifica valle di Cocciano, un luogo incredibilmente intatto, chiuso ad ogni dove da una fitta rete di alture boscose: Cocciano è la campagna umbra come uno se la immagina, che rimanda a vecchie fotografie sui sussidiari delle elementari, intrisa di quella essenzialità quasi francescana, dove ogni elemento – il campo arato, la casa, l’aia, la strada sterrata, la fonte, il bosco, la montagna – sembra messo apposta per appagare la vista e lo spirito.
Prima di entrare a Guardea, il Cammino accosta un poco verso il castello del Poggio, una costruzione millenaria appartenuta a Lucrezia Borgia e nella quale, sembra, soggiornò anche l’imperatore Carlo V, quello sul cui impero non tramontava mai il sole; per un attimo il pellegrino tornerà a guardare la valle del Tevere che il castello domina dall’anno mille, fino all’ingresso nell’abitato di Guardea e la successiva salita verso piano Croci, da dove infine il sentiero si addentra nel cuore selvaggio dei monti Amerini.
Da questa piccola altura prativa, comincia ad apparire un altro mondo, più arcigno forse, il cui perimetro è tracciato dalla catena dell’appennino umbro – marchigiano e laziale. Da questa terrazza naturale affacciata ad est, si scorge in uno sguardo d’insieme tutta l’Umbria meridionale, con la conca ternana dominata dalle pendici del Terminillo ed i monti Martani dietro cui si nasconde, invisibile allo sguardo, Spoleto.
L’ingresso nel borgo di Santa Restituta è uno dei motivi per cui andrebbe intrapreso questo Cammino da chiunque, anche da chi non ha mai fatto due passi oltre il parco cittadino: questo borgo è quello che ha ispirato il nome del Cammino stesso, quello in cui un silenzio quasi claustrale fa entrare il pellegrino in una dimensione sempre meno terrena. E’ proprio tra le viuzze di questo borgo pressochè abbandonato, dove vivono ancora poche anime, abbarbicato su un altura circondata da boschi di querce e castagni, che il Cammino dei Borghi Silenti sembra intraprendere un percorso intimo, quasi spirituale: se è vero che la fatica del camminare è un po’ come la penitenza che fa espiare i peccati, il Cammino dei Borghi Silenti è qualcosa di più, un’intima preghiera, uno slancio verticale dell’anima per coloro che sapranno mettere in sintonia l’incedere dei passi con la ricerca di qualcosa oltre.
Poco sotto l’abitato di Santa Restituta, c’è la Tenuta dei Ciclamini, sede del CET, una sorta di università della musica fondata e diretta da Giulio Repetti in arte Mogol. Ed è proprio durante un colloquio con Mogol, che il celebre paroliere di Lucio Battisti ci suggerì il nome di questa tappa del cammino; ci disse che il nome “Valle incantata” è quello che a suo parere meglio si addice alla bellezza dei luoghi, un nome che nessuna amministrazione ha mai voluto usare per questo territorio che da Castel dell’Aquila, attraverso una fittissima e quasi disabitata foresta, conduce verso nord e gli abitati di Toscolano, Melezzole e Morre, tutti borghi silenti che il Cammino attraversa.
Una visita alla Tenuta dei Ciclamini è quasi un dovere per chi vorrà intraprendere il Cammino, di cui lo stesso Mogol si è detto entusiasta. I chilometri percorsi nella prima tappa si avvicinano alla seconda decina ma c’è ancora da scoprire e attraversare il borgo di Toscolano che l’incedere dei secoli non ha mai scalfito. Un pomeriggio dello scorso autunno, chiedendo informazioni ad una signora intenta a stendere il bucato, venimmo a scoprire che nel borgo risiedono stabilmente tredici persone e che solo in estate le case si popolano un poco di più: dove, se non lungo le strade e i sentieri del Cammino dei Borghi Silenti si può trovare ristoro dalle ferite di un mondo che si muove vorticosamente alla velocità del Web e si nutre delle peggiori notizie false?
Qui non si stacca la spina, lungo il Cammino, al contrario, ci si riconnette con ciò che è più essenziale, come un viaggio a ritroso alla ricerca delle radici autentiche, che non sono quelle idiote e scriteriate del sovranismo becero, bensì quelle fondamentali che affondano nel rapporto con il Creato e Madre Natura. Perchè il Cammino dei Borghi Silenti per certi versi è innanzitutto un Cammino francescano nel senso più autentico. Al termine della prima tappa, giunti nell’incanto del borgo di Melezzole, il pellegrino stanco avrà già compreso il valore inestimabile di quei primi passi mossi qualche ora prima a Tenaglie e molto dovrà ancora scoprire. Ma questa, se vorrete, è un’altra storia.
(Foto di Marco Fioroni)